58
MARCO RICCI
(Belluno, 1676 - Venezia, 1730)
Nevicata
Olio su tela, cm 54X73
L'opera presenta una ragguardevole qualità pittorica e partecipa alla tradizione illustrativa settecentesca che si dimostra aperta e sensibile al mondo della natura nelle sue diverse realtà atmosferiche. Nipote di Sebastiano Ricci, con il quale collaborò, Marco fu uno dei più importanti protagonisti del paesismo veneto, a sua volta formatosi sui modelli non solo della propria tradizione familiare e culturale, ma altresì sugli esempi nordici di Johann Anton Eismann e specialmente di Pieter Mulier detto il Tempesta, ma altrettanto decisiva alla sua evoluzione artistica fu la poetica di Alessandro Magnasco, dal quale acquisì la pennellata rapida e sciolta. L'immagine descrive una veduta invernale, con un lago ghiacciato, montagne imbiancate, rustiche case avvolte dal gelo e figure velocemente tratteggiate a macchie di colore; caratteristiche che trovano analogia con le tempere già appartenenti alla collezione di George Proctor a Langlay Park a Norfolk (1742) che databili tra il secondo e il terzo decennio offrono un utile riscontro cronologico alla tela in esame. La presenza della torre cilindrica e dell'uomo che esce dall'acqua sono altresì aspetti coincidenti e trovano un ulteriore riferimento a un disegno conservato a Windsor. Un successivo utile confronto si ha nel 'Paesaggio invernale a Ponte nelle Alpi' (Scarpa, p. 134, n. 96), a sua volta prossimo a 'Inverno' già di Collezione Dal Zotto (Scarpa, fig. 44.cat. 93), in cui la tematica invernale diviene il pretesto per sperimentare un uso del colore in chiave atmosferica (fig. 1).

Bibliografia di riferimento:
A. Scarpa Sonino, Marco Ricci, Milano, 1991, fig. 212, cat. T14; fig. 213, cat.T113, fig. 214, cat.96
Marco Ricci e il Paesaggio Veneto del Settecento, a cura di Dario Succi e Annalia Delneri, Milano, 1993, nn. 20, 21
ESTIMATE € 12.000 - 14.000
72
ANDREA VACCARO
(Napoli, 1604 - 1670)
San Sebastiano
Olio su tela, cm 81,5X65
Bibliografia:Giovanna Festa, in Il Seicento Sacro, catalogo della mostra a cura di Gianni Citro, Policastro 2012, pp. 44 - 45.
Opera che coniuga il caravaggismo partenopeo con la cultura emiliana e in modo particolare con gli aulici esempi reniani che l'artista acquisisce ed elabora attorno al quinto decennio, in sintonia con Massimo Stanzione e Bernardo Cavallino. Il dipinto raffigura il santo secondo la consueta tradizione iconografica, ma offre una mitigata rappresentazione del martirio eludendone gli aspetti drammatici. Il giovane, colto in primo piano, risalta sul fondale scuro grazie a una regia luministica che ne evidenzia la bellezza apollinea, le tonalità sono fredde, dal sapore porcellanato ma atte a modellare l'anatomia costruita con marcati passaggi d'ombra, creando un costrasto con la languidità scenica della posa. A confronto possiamo citare i dipinti di medesimo soggetto appartenenti alla Collezione Salomon di Milano e di collezione privata genovese, entrambi pubblicati da Nicola Spinosa nel catalogo della mostra 'Civiltà del Seicento a Napoli' (Napoli, 1984, vol. I, pag. 180 e vol. I, n. 2.268) che, databili allo scadere del quarto decennio, offrono un adeguato paramentro cronologico per collocare la tela in esame a un momento di poco succesivo.
ESTIMATE € 11.000 - 13.000
179
GASPARD DE WITTE
(Anversa, 1620 - 1681)
Paesaggio
Olio su tela, cm 162X231
Firmato in basso a destra: WIT F...
'Fu in Italia per gran tempo Gasparo de Wit, il quale in grandi e in piccoli paesi e in rovine, a olio e a tempera, diede gran segni del suo valore, con che abbellì i Gabinetti di molti principi e Signori, poi se ne passò in Francia , e finalmente in Anversa sua patria, dove viveva l'anno 1662. Fu ritratto al naturale da Antonio Goubau, ed il ritratto fu da Riccardo Collino intagliato'. Queste sono le scarne notizie sul pittore fornite dal Baldinucci, certamente formatosi presso la bottega paterna e che le fonti documentarie lo indicano presente a Roma dal 1646 al 1648 prima del suo trasferimento in Francia e il definitivo rientro a Anversa avvenuto nel 1651 quando è registrato presso la Gilda cittadina (Cfr. F. Baldinucci, Notizie de' professori del Disegno dal Cimabue in qua. Secolo V, dal 1610 al 1670, Firenze 1681, p. 377). Il fatto che sia stato raffigurato dal Goubau supporta l'ipotesi di una collaborazione tra i due artisti e il suo ruolo di paesaggista. La tela in esame non pone problematiche attributive grazie alla firma e rappresenta un inedito documento sulla sua attività matura, plausibilmente attorno ai primi anni del sesto decennio, in analogia con il
Paesaggio italianizzante con pastori presso una fontana, datato 1654 ed esitato presso la Christie's di Milano il 26 giugno 2009 lotto n. 38.

Bibliografia di riferimento:
L. Salerno, Pittori di paesaggio del Seicento a Roma, II, Roma 1977 - 1980, pp. 618 - 619.
ESTIMATE € 10.000 - 15.000
28
JEAN BAPTISTE PILLEMENT
(Lione, 1727 - 1808)
Paesaggio fluviale con figure
Firmato in basso a sinistra
Olio su tela, cm 74,5X103
La vernice particolarmente ossidata non limita la possibilità di valutare la buona conservazione e l'alta qualità del dipinto, mentre lo stile conduce all'attribuzione comprovata dalla firma posta in basso a destra. Si presume che l'esecuzione si collochi alla piena maturità dell'artista, tra l'ottavo e il nono decennio, quindi subito dopo il documentato viaggio in Italia e la sua produzione paesistica diviene di straordinaria raffinatezza. Le opere di questi anni sono ammirevoli per la sorprendente interpretazione atmosferica e non fu un caso che la carriera e la fama di Pillement si possono considerare cosmopolite. Il pittore condusse la singolare esistenza dell'uomo illuminista, dell'artista europeo, viaggiando da Parigi al Portogallo, passando a Londra per poi raggiungere Vienna, Varsavia, San Pietroburgo e compiere il viaggio in Italia secondo le tappe obbligate del Grand Tour, visitando Torino, Milano, Venezia e Roma. La versatilità è stato un altro aspetto importante e le sue creazioni fornirono disegni e idee per produrre arazzi, decorazioni ceramiche, carte da parati e incisioni. Tornando alla nostra opera cogliamo da parte del pittore il superamento del gusto vernettiano valorizzando gli aspetti culturali che risentono in maniera marcata delle teorie enciclopediche elaborate soprattutto da Montesquieu, secondo le quali il clima, l'aspetto del cielo e il territorio determinano il carattere e la storia dei popoli e questo presupposto influì indubbiamente sull'impeccabile elaborazione formale della sua produzione.

Bibliografia di riferimento:
P. Mitchell, 'Jean Pillement revalued', in 'Apollo',117, 1983, pp. 46-49
ESTIMATE € 10.000 - 15.000
31
GIOVANNI BATTISTA MERANO
(Genova, 1632 - Piacenza, 1698)
L'angelo custode
Olio su tela, cm 227X157
Provenienza: Genova, Collezione Consonno, 1673 (?)
Bibliografia: V. Belloni, 'Penne, pennelli e quadrerie', Genova 1973, p. 59 cat. 31 - 32
D. Sanguineti,'Ebbe il nostro Valerio Quattro Discepoli..' , in 'Valerio Castello 1624 - 1659: genio moderno', catalogo della mostra a cura di M.Cataldi Gallo, L.Leoncini, C.Manzitti, D.Sanguineti, Milano 2008, p. 126, fig. 50
M. Newcome, G. Cirillo, 'Giovanni Battista Merano', Torino 2010, pp. 44 - 45, n. 4

Attribuita da Camillo Manzitti e in seguito pubblicata da Mary Newcome e Daniele Sanguineti, la tela durante il tardo XVII secolo apparteneva verosimilmente alla Collezione Consonno di Genova, il cui inventario registra un quadro di analoghe dimensioni: di palmi 9 e 7 con figura dell'angelo custode, che si dice di merano (Belloni, 1973). L'opera esprime la prima 'idea' o versione rispetto a quella destinata al Convento di Marcasso in Corsica (Sanguineti, p. 125) e il modello illustrativo deriva dalle simili conposizioni di Bartolomeo Biscaino, qua rinnovate attraverso un linguaggio di marcato tono barocco desunto dal Castiglione e dal cortonismo romano. E'importante in questa sede evidenziare che nonostante alcune cadute di colore (non corrispondenti ai brani pittorici principali ossia quelli figurati) il tessuto pittorico è in buone condizioni di conservazione mostrando gustosi spessori della pasta pittorica e i passaggi a velatura. Ciò consente il pieno godimento estetico dell'immagine, della sua alta qualità e del preziosismo dei pigmenti, come si evince osservando non solo la smagliante veste vermiglia e il mantello blu indossati dall'angelo, ma altresì gli incarnati e il biancore opalescente delle ali. Altrettanto meritevole d'attenzione è la toccante espressione del bimbo, il cui sguardo sorpreso è descritto dall'artista con magistrale bravura e introspezione psicologica, alla stregua di un ritratto colto dal vero. Queste considerazioni ci consentono di giudicare il dipinto tra le migliori interpretazioni dell'artista e un tassello importante per comprendere l'evoluzione del barocco ligustico alla metà del secolo di cui il Merano fu certo protagonista.
ESTIMATE € 10.000 - 15.000
87
GIACOMO RECCO
(Napoli, 1603 - ante 1653)
Vaso con fiori
Olio su tela, cm 75X62
Il dipinto è stato ricondotto al corpus di Giacomo Recco da Nicola Spinosa e raffigura un elegante vaso fiorito decorato in azzurro su sfondo bianco poggiato su un piano di roccia. L'esuberante bouquet dai vivaci colori in cui prevalgono diverse tipologie di tulipani si staglia su un fondale scuro secondo una modalità scenica tipicamente caravaggesca. Giacomo Recco fratello di Giovan Battista e padre di Giuseppe è uno dei principali protagonisti della 'natura in posa' napoletana di primo Seicento. La sua specializzazione non era solo incentrata a creare eleganti vasi fioriti, ma altresì gustosi interni di cucina e strabilianti rappresentazioni ittiche da cui prese l'avvio il magistero di Paolo Porpora. Resta tuttavia certa la prerogativa del pittore insieme a Luca Forte di dar inizio alla natura morta napoletana e in particolare l'invenzione di iconiche composizioni floreali sulla scia di Tommaso Salini e in analogia con il romano Mario Nuzzi.

L'opera è corredata da una scheda critica di Nicola Spinosa.

Bibliografia di riferimento:
A. Tecce, in La natura morta a Napoli, in La natura morta in Italia, a cura di Federico Zeri e Francesco Porzio, Milano 1989, vol. II, pp. 880 - 885

A.Tecce, in Ritorno al Barocco, da Caravaggio a Vanvitelli, catalogo della mostra a cura di N. Spinosa, Napoli 2009, pp. 356 - 357

N.Spinosa, Pittura del seicento a Napoli da Mattia Preti a Luca Giordano. Natura in posa, Napoli 2011, pp. 274 - 275
ESTIMATE € 10.000 - 15.000
97
PITTORE ATTIVO A ROMA NEL XVII SECOLO
Capriccio architettonico con figure
Olio su tela, cm 67X135
Siglato: W..
Raffigurante un'architettura ideale inserita in spazi armoniosi e ordinati che riflettono una concezione utopistica di chiara memoria codazziana, la tela si attribuisce a un artista attivo a Roma durante i decenni che precedono la metà del XVII Secolo. La luminosità delicata e l'intento prettamente scenografico rammentano altresì le composizioni di Alessandro Salucci ma interpretate con minor impatto sentimentale riflettendo un lessico stilistico riconoscibile nelle opere di Filippo Gagliardi (Roma?, circa 1606 - 1659). L'artista, noto con il soprannome di 'Filippo delle prospettive', è da considerarsi un quadraturista raffinato e versatile, la cui produzione oltre a esprimere l'influenza di Viviano Codazzi sembra adattarsi alle creazioni di Agostino Tassi, proponendo un lessico personale, riconoscibile e di qualità. Le sue creazioni architettoniche manifestano sapienti sequenze prospettiche, ben cadenzate grazie a precise ombre riportate e dando vita a una valenza ornamentale che sembra precedere le innovative fantasie architettoniche settecentesche.

Bibliografia di riferimento:
D. Ryeley Marshall, Viviano and Niccolò Codazzi and the Baroque Architectural Fantasy, Milano-Roma, 1993, 519 - 555.
ESTIMATE € 10.000 - 15.000
170
ELENA RECCO
(Attiva a Napoli tra il XVII e il XVIII secolo)
Natura morta con pesci e crostacei
Olio su tela, cm 113X165
Le dimensioni, la luminosità e la vivace costruzione scenica designano la qualità della natura morta in esame e conducono la ricerca attributiva all'ambito della prolifica e longeva bottega dei Recco. I caratteri di stile suggeriscono il nome di Elena, figlia di Giuseppe e il cui ruolo nel panorama artistico partenopeo all'inizio del settecento segna l'avvenuta propensione rococò a discapito del rigore naturalistico barocco, propensione che percepiamo altresì in Francesco Della Questa (? 1639 ca. Napoli 1723), anch'esso artefice di non pochi 'trionfi' ittici, in cui le diverse specie marine riverse su uno scoglio influenzarono certamente la visione fastosamente decorativa della pittrice. Pesci di diverse forme e colori, crostacei e coralli, descritti con esperto realismo che si stagliano teatralmente su un fondale scuro che contrasta con l'azzurro intenso del cielo, a dimostrazione della qualità artistica di Elena che alla sua epoca fu ricevuta dalla corte spagnola di Carlo II con 'tutti quelli onori che può desiderare qualsiasi qualificato personaggio' (B. De Dominici, 1971, III, p. 297).

Bibliografia di riferimento:
B. de'' Dominici, Vite de'' pittori, scultori, ed architetti napoletani, III, Napoli 1742-44, pag. 297.
L. Salerno, La natura morta italiana, 1560 - 1805, Roma 1984, p. 243, fig. 63.1
R. Middione, in La Natura morta in Italia, a cura di Francesco Porzio e Federico Zeri, II, Milano 1989, p. 912, fig. 1101 - 1102.
ESTIMATE € 10.000 - 15.000
171
GIAN DOMENICO LOMBARDI
(Lucca, 1682 - 1751)
Giovane coppia con vecchia che conta danaro
Olio su tela, cm 100X130
Bibliografia:
A.Crispo, Itinerari di Giovan Domenico Lombardi tra Lucca, Roma e il settentrione, in 'Nuovi Studi', VIII, 10 (2003), 2004, pp. 207 - 221, fig. 218.

Artista di spicco del primo settecento lucchese, Gian Domenico Lombardi è stato solo recentemente studiato e il profilarsi della sua produzione evidenzia una cultura proteiforme, influenzata dall'arte lombarda, emiliana e romana. Le sue creazioni presentano la peculiare capacità d'esprimersi attraverso i linguaggi del tardo barocco, del classicismo capitolino e della coeva eloquenza toscana, riuscendo altresì a pronunciare diversi registri narrativi, intervallando il genere 'basso' e bambocciante con la pittura di storia e il ritratto, come evidenziano le tele conservate al Museo di Roma già riferite al Ghezzi. Altrettanto evidenti sono le suggestioni desunte dal Paolini, percepibili osservando il Vecchio che suona il violone e due giovani cantanti della collezione Giulio Alfonsi di Vicenza (Cfr. A. Crispo, fig. 207). Questa influenza ha indubbiamente reso sensibile il Lombardi nei confronti della pittura a carattere pitocchesco di radice nord italiana e lo si evince osservando la tela in esame che par riassumere al meglio la tradizione delle 'pitture ridicole' tanto da indurre Francesco Porzio a considerare il nostro autore l'unico significativo rappresentante d'impronta comico - popolare in Toscana. I volti del tutto privi di idealizzazione, marcati da una sottolineatura mimica di stampo caricaturale, la vena sottilmente ironica che intride le raffigurazioni insieme a energici contrasti chiaroscurali che conferiscono risalto ai volumi rilevano il naturalismo intellettuale dell'artista, non ignaro della tradizione teatrale e burlesca, la medesima che in quegli anni esprimono a esempio Giacomo Ceruti e Gaspare Traversi. Il tema raffigurato è anch'esso esemplare, alludendo all'avarizia, alle tre età dell'uomo e a sottili sottintesi erotici carnevaleschi con una precisa dinamica gestuale che trascende il semplice ammonimento morale. La vecchia che conta i soldi da raffigurazione dell'avarizia diviene mezzana e la pipa del giovane è allusione sessuale rivolta alla parte femminile che di soppiatto ruba alcune monete, innescando i molteplici livelli di lettura iconologica dell'immagine.

Bibliografia di riferimento:
S. Meloni Trkulja, Apertura su G.D. L., in Studi di storia dell'arte in onore di M. Gregori, Cinisello Balsamo 1994, pp. 328 - 333
F. Moro, Viaggio nel 600 toscano: dipinti e disegni inediti, Mantova 2006, pp. 163 - 168
F. Porzio, Pitture ridicole. Scene di genere e tradizione popolare, Milano 2008, p. 113, n. 2.
ESTIMATE € 10.000 - 15.000
46
PITTORE DEL XV SECOLO
Croce dipinta
Tempera su tavola, cm 59X42
Questa elegante croce dipinta su fondo oro è partecipe di quegli ultimi raggi della pittura tardogotica durante il XV secolo e in questa sede accogliamo il suggerimento di Filippo Todini che ne riconosce l'esecuzione a un artista meridionale. Effettivamente è curiosa l'affinità strutturale della nostra croce con quella attribuita da Roberto Longhi a Pietro Rozzolone e conservata nella Chiesa Madre di Piazza Armerina, partecipe di quel 'gotico naturalizzato' che risente al contempo della modernità intrapresa da Antonello da Messina e da quel rinascimento mediterraneo che, ad esempio, dai porti liguri e campani diffondeva le novità del De Bardi e i preziosismi nordici. Un procedimento che vediamo attuarsi anche nel processo produttivo di Cristoforo Scacco, i cui apostoli che ornano la predella del polittico nella Chiesa di San Pietro in Fondi trovano interessanti analogie di gusto e disegno ma più che altro di rinnovata luminosità.

Bibliografia di riferimento:
R. Longhi, 'Frammento siciliano', in 'Fatti di Masolino e di Masaccio e altri studi sul quattrocento', Firenze 1975, pp. 143 - 205, fig. 183
S. Bottari, 'La pittura del quattrocento in Sicilia', Firenze 1954 fig. 137
ESTIMATE € 8.000 - 10.000
73
PITTORE NAPOLETANO DEL XVII SECOLO
Madonna con il Bimbo
Olio su tela, cm 73X63
Il dipinto esprime inequivocabili stilemi napoletani e l'analisi dello stile suggerisce una datazione alla prima metà del XVII secolo. La vernice particolarmente ossidata non agevola la lettura della stesura che tuttavia si intuisce di alta qualità e altrettanto apprezzabile è il disegno. L'unica documentazione in nostro possesso è l'archiviazione dell'immagine presso l'archivio di Federico Zeri (Numero scheda: 50530, Serie Pittura italiana, Numero busta: 0510 Intestazione busta Pittura italiana sec. XVII. Napoli 2, Numero fascicolo: 5, Intestazione fascicolo: Massimo Stanzione 1), dove è assegnata da parte dello studioso al pittore Massimo Stanzione (Orta di Atella, 1585 - Napoli, 1656). All'artista risponde la precisione del disegno, le mani affusolate, i profili dei volti e la tipologia illustrativa, in cui si avverte oltre al caravaggismo desunto da Battistello Caracciolo, suo maestro, quella delicata suggestione di matrice romana probabilmente acquisita sugli esempi di Artemisia Gentileschi e la modulazione sul naturalismo d'origine emiliana, indizi che fanno propendere la datazione alla maturità. A questo proposito il confronto con il profilo dell'apostolo in basso a destra dell'Ascensione della Vergine del Museo d'Arte di Raleigh nel North Carolina offre uno spunto attributivo e cronologico interessante, senza dimenticare la sua oscillazione di riferimento tra il Maestro e l'allievo Pacecco, come avviene nella simile 'Madonna con il Bimbo' della chiesa napoletana di Santa Marta, oggi espunta dal catalogo derosiano da Pacelli dopo una prima inclusione da parte di Spinosa, oscillazioni che riconfermano l'intuizione di Zeri che bene risponde all'indubbia qualità e importanza della nostra opera.

Bibliografia di riferimento:
S. Schütze, T. C. Willette, Massimo Stanzione, Milano 1992
ESTIMATE € 8.000 - 12.000
161
DANIEL VAN HEIL
(Brussels, 1604 - 1662)
Paesaggio con figure
Firmato in basso al centro: Daniel van Heil Bruxellensis
Olio su tela, cm 153X172
Con Lodewyk de Vadder e Jacques d'Arthois, Daniel van Heil fu uno dei principali interpreti del paesismo fiammingo durante il XVII Secolo. Maestro nella Gilda Bruxelles dal 1627 si specializzò in tre diversi tipi di paesaggi: quelli raffiguranti incendi, rovine, e scenari invernali, eseguiti quasi sempre su piccole tavole. È quindi sorprendente la scoperta di questa tela d'ampie dimensioni, a carattere prettamente estivo e bucolico. Il luogo descritto è probabilmente una località al margine della foresta di Soignes, meta privilegiata dall'artista per le sue opere colte dal vero, da cui traeva altresì ispirazione e spunti. La scenografia rileva gli aspetti di stile peculiari al pittore, capace d'evocare con felice e armoniosa sensibilità il paesaggio, con l'uso di raffinate gamme cromatiche, che s'impreziosiscono negli azzurri intensi del cielo, dove risalta la ricerca luministica atta a descrivere l'atmosfera con delicate variazioni tonali che modellano le nuvole e si riverberano sul terreno. Il contrasto luce - ombra, oltre a contraddistinguere un'influenza del classicismo d'influenza rubensiana è altresì artificio atto a scandire prospetticamente la visuale, consentendoci di spingere il nostro sguardo sino all'orizzonte con un susseguirsi di quinte in perfetta euritmia e concretezza. Per quanto riguarda la datazione, si suggerisce collocazione cronologica attorno alla metà del secolo, quando l'aderenza stilistica con gli stilemi prettamente nordici si allenta abbracciando la cultura italianizzante in auge.
ESTIMATE € 8.000 - 12.000