172
ABRAHAM LOUIS RUDOLPHE DUCROS
(Maudon, 1748 - Losanna, 1810)
Nisida da Posillipo
Tecnica mista su carta incollata su tela, cm 85X120
Bibliografia:
N. Spinosa, L. Di Mauro, Vedute napoletane del Settecento, Napoli 1989, n. 188, tav. 126
P. Bédarida, in All'ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all'Ottocento, catalogo della mostra a cura di N. Spinosa, Napoli 1990, p. 380, fig. p. 216
R. Muzii, in Campi Flegrei. Mito, storia realtà, catalogo della mostra a cura di Nicola Spinosa, Napoli 2006, pp. 192 - 193, n. 71.

Penso sia indispensabile iniziare la scheda del dipinto partendo dai suoi aspetti costruttivi. Ducros, escludendo la semplice produzione ad acquerello, concepisce opere strutturalmente complesse, dando origine a un'alchimia della 'tecnica mista' su sezioni di carta a loro volta applicate su tela, dando forma a immagini paesistiche utilizzando magistralmente diversi medium, giocando con velature a olio sovrapposte atte ad arricchire i contrasti, vivacizzare i colori, gestire il chiarore dell'aria e la sua profondità scenica. Queste considerazioni sottolineano non solo un sorprendente talento, ma rilevano la straordinaria conservazione del quadro in esame e la sua unicità. Ducros può essere criticabile da un restauratore per la sua eterogenea manualità, ma è indubitabile la chiarezza d'intenti che percepiamo osservando le sue opere e uno storico dell'arte non ha spazi per poter esprimere un solo giudizio negativo. Un altro aspetto da considerare è che la maggior parte delle sue creazione assumono tonalità terree, anche a causa dell'ossidazione delle vernici e degli oli impiegati nella stesura, è quindi sorprendete constatare nel nostro caso un tessuto pittorico dall'inusuale luminosità a discapito delle altre opere a noi note. Infine dobbiamo tener conto dell'uso del lapislazzulo per descrivere la superficie del mare, pigmento prezioso e impiegato dall'artista in prestigiose occasioni e qui necessario per descrivere al meglio la profondità dell'acqua accarezzata dall'ombra del promontorio e il suo rischiararsi verso l'orizzonte. Il panorama è di toccante bellezza, con la tufacea roccia che si affaccia sulla cala di Trentaremi e in lontananza la costa flegrea, l'isola di Nisida, mentre i primi piani sono dedicati alla descrizione dei giovani pescatori. La datazione dell'opera si colloca al secondo soggiorno napoletano tra il 1793 e il 1798, al tempo di analoghi esempi con la Grotta di Posillipo da Palazzo Donn'Anna del Museo di San Martino o la Veduta di Villa Acton presso Castellammare del 1794. Sono anni in cui il pittore ha per principali clienti sir William Hamilton e il ministro John Francis Edward Acton che acquisterà le vedute dei cantieri navali di Castellammare di Stabia e diverse marine che si distaccano rispetto al tipico vedutismo dell'epoca per l'originalità dei punti di vista. Spesso l'artista indaga i luoghi in cui la costa è più solitaria e selvaggia emanando una sensibilità preromantica attraverso una lucidità descrittiva di gusto illuminista, ma concepita con un respiro e un'amabilità ben diversa rispetto all'algido paesismo di Jacob Philip Hackert (Prenzlau, 1737 - SanPietro di Careggi, 1807).

Bibliografia di riferimento:
W. Percival Prescot, Riflessioni sulla tecnica di Ducros, in Ducros 1748 - 1810. Paesaggi d'Italia all'epoca di Goethe, catalogo della mostra a cura di Pierre Chessex, Roma 1987, pp. 48 - 49.
ESTIMATE € 70.000 - 80.000
85
GIUSEPPE RECCO
(Napoli, 1634 - Alicante, 1695 )
Natura morta di fiori con figura femminile e paggio
Siglato e datato 1686
Olio su tela, cm 150X150
Bibliografia: N. Spinosa, Pittura del seicento a Napoli da Mattia Preti a Luca Giordano. Natura in posa, Napoli 2011, pp. 288 - 289, n. 334
La data 1686 attesta che il dipinto è una delle ultime creazioni napoletane dell'artista prima del trasferimento in Spagna su invito di Carlo II d'Asburgo. La scena presenta una suntuosa presenza di elementi floreali e frutti, testimoniando la piena adesione alla moderna enfasi barocca intrapresa dall'artista a partire dal settimo decennio. Questa nuova spazialità offre l'occasione di creare contesti narrativi più complessi e ariosi dove inserire brani figurativi a grande formato. A questo proposito sono infatti note le collaborazioni con Luca Giordano e Francesco Solimena, ma in questo caso, come suggerisce Nicola Spinosa, il pittore sembra avvalersi della mano di Angelo Solimena, cosicché l'opera testimonia un nuovo e importantissimo tassello alla conoscenza dei frequenti ma ancor nebulosi rapporti tra i pittori di figura e di natura morta durante il tardo Seicento. E' comunque significativo che questa 'apertura' nei confronti di nuove scenografie preceda una produzione di opere figurative realizzate in Spagna intorno al 1695, come la 'Morte di San Giuseppe' e l''Assunzione di Maria', appartenenti alla Collezione Arenaza di Malaga, ma provenienti dalla Nunziatura Apostolica dove secondo Pérez Sánchez (1965, p. 426) si conserverebbero altri suoi dipinti a tema religioso. Tuttavia questa apertura barocca si deve certamente all'influenza del Giordano, anche se l'artista pare respingere l'addolcimento del tonalismo, lo sgranarsi dorato delle superfici, il giuoco della vibrazione cromatica dell'insieme, così distante dagli eroici modelli di tanti illustri predecessori (Causa), ma lo vediamo comunque cedere alle vistose innovazioni, come se consapevole della carriera e del mutare dei tempi, richiedesse un ulteriore passo avanti e la necessità di misurarsi con se stesso e la modernità.
Bibliografia di riferimento:
N. Spinosa, La natura morta a Napoli, in La natura morta in Italia, a cura di Federico Zeri e Francesco Porzio, Milano 1989, vol. II, pp. 852 - 963

R. Middione, Giuseppe Recco, in La natura morta a Napoli, in La natura morta in Italia, a cura di Federico Zeri e Francesco Porzio, Milano 1989, vol. II, pp. 903 - 911
D. M. Pagano, in Ritorno al Barocco, da Caravaggio a Vanvitelli, catalogo della mostra a cura di Nicola Spinosa, Napoli 2009, pp. 398 - 407, con bibliografia precedente
ESTIMATE € 45.000 - 55.000
45
PITTORE LOMBARDO DEL XV SECOLO
Compianto di Cristo
Maria Vergine, Santa Marta e flagellanti
Tempera su tavola, cm 70,3X20,9 (2)
I caratteri di stile e scrittura delle ante in esame, la cui originaria funzione si presume fosse destinata a ornare la chiusura di un tabernacolo, suggeriscono l'attribuzione a un artista di cultura lombarda attivo tra il sesto e il settimo decennio del XV secolo. Le scene raffigurate descrivono il compianto sul Cristo morto e la Vergine con Santa Anna e un gruppo di flagellanti che si stagliano su di uno sfondo blu stellato. Quest'ultimo particolare ci consente il confronto con gli sfondi del prezioso trittico in vetro lavorato a graffito sopra una foglia d'oro incollata sottovetro, firmato e datato nel 1460 da Jacopino Cietario, oggi custodito a Palazzo Madama a Torino, ma proveniente dalle raccolte del Principe Trivulzio. A questo proposito è interessante constatare che anche gli affreschi perduti del presbiterio di San Vincenzo in Prato a Milano, opera degli Zavattari, presentavano uno sfondo stellato (anni 1463 - 1465), così pure la volta della cappella ducale del Castello Sforzesco del 1473. A inquadrare tuttavia con maggior precisione la nostra opera sono i confronti proposti da Mauro Natale con gli affreschi raffiguranti le scene della Passione di Cristo provenienti dal Tramezzo di Santa Chiara a Milano oggi conservati al Monte di Pietà e altrettanto stringenti sono i riferimenti stilistici con il Maestro dei Giochi Borromeo identificato con Giovanni Zenoni da Vaprio. Detto ciò, le inflessioni pavesi 'sembrano' predominanti come evidenziano Roberta Delmoro e Andrea De Marchi, che rilevano nel volto della Madonna i tratti riconducibili alle decorazioni da soffitto dell'Ospedale di San Matteo a Pavia databili al 1455 circa e al più tardo Leonardo Vidolenghi (Notizie dal 1446 al 1501), a noi noto in modo particolare grazie alla pala firmata e datata 1466 raffigurante la Madonna in trono con i Santi Giovanni Battista, Erasmo, Chiara e Francesco conservata al Museo di Palazzo Bianco a Genova (G. Algeri, A. De Floriani, La pittura in Liguria. Il Quattrocento, Genova 1992, 256- 259, fig. 242). La centralità della cultura pavese spiega altresì quegli aspetti più marcatamente rinascimentali che riscontriamo nei volti della Vergine e di San Giovanni, che a loro volta riconducono al Maestro dei Giochi Borromeo e in maniera timida esprimono quei rinnovamenti in chiave moderna espressi da Donato de Bardi (Pavia ... - Genova, 1450 circa).

Ringraziamo Roberta Delmoro per l'aiuto fornito alla compilazione della scheda.
ESTIMATE € 30.000 - 35.000
84
DOMENICO GARGIULO detto MICCO SPADARO
(Napoli, 1609 o 1610 - 1675)
VIVIANO CODAZZI
(Bergamo, 1603 circa - Roma, 1670)
La strage degli innocenti
Olio su tela, cm 75X101
Provenienza:Milano, Sotheby's, 9 giugno 2009, lotto n. 67
Domenico Gargiulo non fu solo un illustratore rapido e brillante di cronache quotidiane o di eventi storici rappresentati con tenore aneddotico e provinciale. Lo scorrere della sua produzione rivela un artista a tutto tondo, certamente a suo agio come narratore ma indubbiamente capace di grandi affreschi scenici, dimostrandosi altresì un paesaggista di razza e in grado di gestire diversi registri lessicali pur mantenendo fede alla propria stilistica, unica e riconoscibile. La tela qui presentata è un esempio affascinante di questa sprezzatura e il ductus suggerisce una prova pittorica affrontata con spirito libero come in un bozzetto. Il fondale architettonico di chiara matrice codazziana è una nobile quinta teatrale e lungo la sua fuga prospettica partendo dal primo piano si svolge la descrizione del dramma evangelico che procede filmico evocando prima di tutto gli aspetti salienti dell'azione. Il carattere non finito diviene allora parte integrante del ritmo narrativo, sintetizzandone non solo l'aspetto emotivo, ma la sua efficacia barocca, la medesima che riscontriamo nelle migliori creazioni dell'artista. Nel nostro caso l'intervento di Codazzi non è predominante, i brani figurati non sono affatto semplici comparse o accessori alla magnificenza architettonica, ma veri e propri attori che catturano l'attenzione dell'osservatore che a fatica riesce a tener ferme le sequenze gestuali che scorrono.
Bibliografia di riferimento:G. Sestieri, G. Daprà, Domenico Gargiulo. Detto Micco Spadaro, paesaggista e 'cronista napoletano', Milano, Roma 1994
Micco Spadaro. Napoli ai tempi di Masaniello, catalogo della mostra a cura di B. Daprà, Napoli 2002.
ESTIMATE € 30.000 - 40.000
163
ANIELLO FALCONE
(Napoli, 1607 - 1656)
ANDREA DA LIONE
(Napoli, 1596 - 1675)
Battaglia tra cavallerie turche e cristiane
Battaglia in campo aperto
Olio su tela, cm 45X75 (2)
'Cominciò a poco a poco ad operare nella propria casa ed a dipingere varie cose a' particolari, così di sante Immagini, come di battaglie in piccolo...' con queste parole il De' Dominici introduce la biografia di Aniello Falcone nella Vita de' pittori, scultori ed architetti napoletani (1742 - 45), rimarcandone la precoce propensione a dipingere scene belliche. La fortuna commerciale dell'artista dopo l'apprendistato con Giuseppe Ribera inizia con la committenza di Filippo IV di Spagna, per il quale eseguì la straordinaria serie raffiguranti storie romane oggi conservate al Museo del Prado, mentre si deve al Saxl la magistrale lettura critica sull'importante rinnovamento in chiave barocca di questo specifico genere pittorico svolto dal pittore. Al Falcone dobbiamo il merito di aver emancipato il 'quadro di battaglia' dai presupposti celebrativi di gusto cinquecentesco, creando eleganti complementi d'arredo. Il naturalismo delle scene è altresì modulato dal raffinato pittoricismo che caratterizza l'arte partenopea durante il quarto decennio, che impreziosisce la tavolozza schiarendo con una luminosità diffusa e argentea la superficie. La ponderata costruzione delle immagini e la loro eleganza costituiscono un modello imprescindibile per la generazione successiva e in modo particolare per gli allievi e i collaboratori del maestro, tra i quali spiccano Andrea di Lione, Carlo Coppola e Marzio Masturzio, ma fu indubbiamente il primo a esprimere una similitudine stilistica difficile da dirimere dal punto di vista attributivo, in modo particolare quando l'opera è frutto di una collaborazione, in cui il distinguo tra maestro e allievo si smarrisce tra le pieghe di una qualità ineccepibile. Tuttavia, come riscontriamo nelle opere qui presentate, è sempre possibile scindere le due mani a discapito delle simmetrie stilistiche, che in Andrea De Lione assumono morbidezze disegnative e di stesura che attestano la contiguità con il classicismo romano, che il nostro assimila precocemente per il tramite di Nicolas Poussin.

Bibliografia di riferimento:
F.Saxl, The battle scene without a hero, Aniello Falcone and his patrons, in 'Journal of the Warburg and Courtland Institutes', III, p. 70 - 87, 1939 - 40.
A.Alabisio, 'Sante immagini e battaglie in piccolo'. Tre dipinti inediti di Aniello Falcone, in Scritti di Storia dell'arte in onore di Raffaello Causa, 1988, pp. 189 - 194.
G.Sestieri, I Pittori di battaglie, Roma 1996, p. 321, figg. 28 - 29
Andrea De Lione. La pittura come racconto, catalogo della mostra a cura di Umberto Giacometti, Ivano Porcini, Giuseppe Porzio, Napoli 2008.
ESTIMATE € 25.000 - 35.000
47
PITTORE DEL XV SECOLO
Madonna in trono e Santi
Cuspide con crocifissione
Olio su tavola, cm 46x35 + Cuspide cm 13x35
La tavola raffigura la Madonna in trono tra alcuni santi. Per lo stile, questa tempera si attesta quale prodotto della cultura pittorica toscana durante i primi decenni del XV secolo. La tradizionale attribuzione a Pseudo Ambrogio di Baldese - oggi riconosciuto in Lippo d'Andrea (Firenze, 1377-1457ca.) - come confermato dai recenti studi di Linda Pisani (Pittura tardogotica a Firenze negli anni trenta del Quattrocento: il caso dello Pseudo-Ambrogio di Baldese, in 'Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz', XXXXV, 2001, pp. 1-36) e Sonia Chiodo (Lippo d'Andrea: problemi di iconografia e stile, in 'Arte Cristiana', XL, 2002, pp. 1-16). Altaroli di questo genere sono ricorrenti nella produzione di questo maestro (si veda ad esempio la 'Madonna col Bambino e santi' n. 77 della Galleria Nazionale dell'Umbria a Perugia); quanto allo stile, è inevitabilmente segnato dalla lezione tardotrececentesca di Agnolo Gaddi e, con esiti paralleli, a Bicci di Lorenzo.
ESTIMATE € 20.000 - 30.000
168
FRANCESCO DE MURA
(Napoli, 1696 - 1792)
Immacolata Concezione
Olio su tela, cm 92,5X47
Bibliografia di riferimento: N. Spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Barocco al Rococò, Napoli 1986 (2a ediz. 1993), vol. I, tav. 62, p. 161 n. 262.

Francesco De Mura, allievo favorito di Francesco Solimena e principale interprete del Rococò partenopeo durante il regno di Carlo di Borbone, aggraziato idealisticamente, privo di tensione drammatica in linea con la cultura del suo tempo, in questo caso espressivo di una curiosa gara tra le arti evocando una scultura dipinta. Il classicismo emanato dalla composizione e conseguente al suo alunnato solimenesco svolto dal 1708 al 1730, che lo conduce a realizzare immagini con un sapiente chiaroscuro, fissandole in atteggiamenti solenni che ne valorizzano la severa e monumentale spiritualità non priva d'elegante leggiadria, grazie al disegno e a cromie capaci d'evocare vitalità e movimento alla figura anche nel suo apparire come una preziosa porcellana di Capodimonte. La datazione si attesta ai primi anni del sesto decennio, al tempo degli affreschi eseguiti sulla volta della Nunziatella (1751). Le similitudini con la coeva produzione in porcellana è stata recentemente avvalorata dal confronto con la statuina di identico soggetto modellata da Giuseppe Gricci tra il 1744 e il 1745 conservata al museo di Capodimonte che influenzò la stesura demuriana a effetti cromatici sempre più freddi e traslucidi (Cfr. K. Fiorentino, in Ritorno al barocco, da Caravaggio a Vanvitelli, Napoli 2009, p. 309, n. 1.171).
ESTIMATE € 20.000 - 30.000
86
ANDREA DE LIONE
(Napoli, 1596 - 1685)
Viaggio di Giacobbe con guerriero, pastori e armenti
Olio su tela, cm 59,7X75,9
Bibliografia:N.Spinosa, Pittura del Seicento a Napoli da Caravaggio a Massimo Stanzione, Napoli 2010, p. 216, n. 99
L'opera qui presentata è stata riconosciuta al catalogo di Andrea De Lione da Nicola Spinosa. Allievo di Belisario Corenzio e poi di Aniello Falcone insieme a Salvator Rosa e Micco Spadaro, l'artista si pone tra le principali figure del Barocco napoletano. Altrettanto fondamentale per la sua evoluzione stilistica fu la collaborazione con il genovese Giovanni Benedetto Castiglione detto il Grechetto, documentato a Napoli nel 1635 e con il quale l'artista instaurerà un proficuo sodalizio e, in certi casi, una vera e propria simbiosi pittorica. Forse è grazie alla fusione tra queste esperienze che nasce la nostra composizione, nel quale il tema sacro diviene pretesto per rappresentare una complessa natura morta e al contempo una narrazione biblica espressa con la sensibilità cromatica neoveneta e pussiniana d'ascendenza romana alla stregua di un episodio bellico. Al genovese va ricondotta l'atmosfera preziosa e delicata in cui sono campiti e messi insieme i colori, inseguendo un gusto raffinato e vivace, mentre a Poussin si deve l'impostazione classica e severamente di profilo dei volti, oltre all'impaginazione e al paesaggio idealizzato del fondo. Sul tema del viaggio di Giacobbe, il De Lione si cimenta più volte, a partire dal celebre dipinto conservato al Kunsthistoriches di Vienna, a lungo ritenuto del Castiglione fino a quando il Longhi non scoprì la sigla ADL su di una giara posta al centro della composizione. Queste coordinate di stile ci consentono di collocare cronologicamente la tela tra il 1635 e il 1640, in analogia con la 'Battaglia' del Louvre, 'Gli elefanti al Circo' del Prado, il 'Baccanale' già Matthiessen e il dipinto pubblicato da Brejon de Lavergnée nel 1984 raffigurante i 'Pirati' conservato al Maurithsuis Museum all'Aja.
Bibliografia di riferimento: A. Brejon de Lavergnée, Nouvelles toiles d'Andrea di Lione. Essai de catalogue, in Scritti di Storia dell'arte in onore di Federico Zeri, Milano 1984, II, p. 667, fig. 651
ESTIMATE € 17.000 - 20.000
74
ANTON MARIA VASSALLO
(Genova, 1617/18 - Milano, 1660)
Ritratto di gentiluomo della famiglia Raggi
Olio su tela, cm 180X130
Nella biografia che lo storiografo Raffaello Soprani dedicò ad Anton Maria Vassallo si legge: 'Molti, e numerosi sono li ritratti al naturale fatti dal nostro Vassallo, ne quali tutti, si portò perfettamente, havendoli espressi, & effigiati al vivo con soddisfazione universale nella qual faccenda hebbe felicità grande, e fù molto accreditato' (Soprani 1674, p. 228). A lungo confuso con quello di altri pittori, il corpus ritrattistico del Vassallo ha recentemente preso forma, a partire dalla monografia del 1999 (A. Orlando, Anton Maria Vassallo, Genova 1999; A. Orlando, Pittura fiammingo-genovese..., Torino 2012, pp. 160-167).
Come in altri casi resi noti, questo inedito che viene ad aggiungersi al novero delle prove ritrattistiche del Vassallo, mostra quanto il pittore sia fortemente debitore nei confronti dei modelli di Rubens e Van Dyck, innanzi tutto dal punto di vista dell'impostazione scenica. I due maestri fiamminghi avevano trasformato i più convenzionali e freddi ritratti cosiddetti 'internazionali' in pagine di naturalismo in cui l'effigiato si mostra nelle sue pieghe più nascoste e intime, delle espressioni e dei suoi sentimenti.
Il Vassallo sposa il credo naturalista e si afferma sulla piazza genovese come pittore ricercato dall'aristocrazia quando sia l'uno sia l'altro maestro nordico avevano lasciato la Superba. Il Vassallo, cioè, è senza dubbio tra i più accreditati ritrattisti a Genova nel secondo quarto del XVII secolo, insieme a Luciano Borzone e a Jan Roos, genovese il primo e fiammingo il secondo.
Vediamo qui un gentiluomo posare in piedi nell'atto di indicare con la sinistra qualcosa che gli sta accanto o semplicemente per attrarre l'attenzione del riguardante. Forse vuole fare notare quello scorcio di paesaggio in cui il Vassallo traccia con pennellate veloci e sommarie, come è proprio del suo stile verace, delle colline con alcuni edifici, piccole casette e casolari: forse un borgo sulle alture liguri di proprietà dell'effigiato o che ne indica l'origine. Qualcosa di analogo accade per il 'Ritratto del Cardinale Lorenzo Raggi' di collezione privata che mostra un inserto con la veduta della Lanterna di Genova con le galee della flotta pontificia (di cui si scorgono le insegne chiaramente su una delle navi): un inserto di 'genovesità' per richiamare il legame con la propria città per il cardinale residente a Roma e forse anche con il suo altolocato zio Tommaso, fratello di Ottaviano, che nel 1643 divenne commissario delle galee, cioè ammiraglio della flotta del Pontefice (cfr. A. Orlando, Dipinti genovesi dal Cinquecento al Settecento. Ritrovamenti dal collezionismo privato, Torino 210, pp. 192-193).
L'inedito assume particolare importanza collezionistica, non solo come aggiunta al corpus ritrattistico del pittore, ma per la presenza di uno stemma che si scorge sulla base della colonna di sinistra e che è riconoscibile. Si tratta dell'arma Raggi, caratterizzata da un leone coronato rampante e da una banda. La famiglia genovese è nota per avere costituito una vera e propria galleria di ritratti, di cui se ne conoscono oggi una quindicina. Hanno vario formato, tra i mezzi busti e la figura intera e vedono coinvolti diversi artisti: da Van Dyck a Bernardo Strozzi, da Luciano Borzone a Jan Roos, al Vassallo (cfr. P. Boccardo e A. Orlando in L'Età di Rubens, catalogo della mostra di Genova 2004). Questo inedito, pur non essendoci a oggi elementi per individuarne l'esatta identità, rappresenta dunque un nuovo tassello per la ricostruzione di uno degli episodi di committenza e collezionismo più interessanti per la Genova del Seicento.
ESTIMATE € 15.000 - 20.000
123
PITTORE DEL XVI-XVII SECOLO
Adorazione dei pastori
Olio su tavola, cm 70X59
Già attribuita a un artista senese di ambiente Beccafumiano, la tavola per i carattari di stile e scrittura si riconduce a un artista lombardo attivo durante la seconda metà del XVI Secolo. La peculiare coreografia a lume di notte e il naturalismo espresso dai brani di figura, inducono a indagare quel variegato ambito che da Brescia e Bergamo rinnova il linguaggio pittorico della maniera, creando i presupposti per le successive e moderne creazioni degli Inccaminati e di Michelangelo Merisi, senza trascurare i precoci esperimenti a luce artificiale ideati dal genovese luca Cambiaso. L'humus di cui parliamo va identificato nelle personalità di Lotto, Savoldo, Moretto, Moroni e le idee che provenivano dal retroterra veneto formulate dai Bassano. Dall'altro lato non si devono trascurare gli apporti della cultura milanese, dettata da Simone Peterzano e infine, ma non ultimi per importanza, la partecipazione dei Campi cremonesi per delineare quella che la critica moderna definisce i pittori della realtà, oltremodo indagata in questi ultimi decenni da diverse mostre e ricerche. L'inquadrare culturalmente e cronologicamente l'opera ci conduce quindi a un diretto confronto con un protagonista poco noto ma decisamente importante di questo filone espressivo che è Luca Cattapane di cui non conosciamo i riferimenti biografici ma che Antonio Campi, nel 1585, lo dice giovane amatore dell'arte, discepolo di Vincenzo Campi. Nel 1597 firma e data sullo spadone del carnefice la Decollazione del Battista, già nella chiesa cremonese di S. Donato e trasferita, dopo le soppressioni napoleoniche, in quella della Maddalena. Non possediamo altre notizie sulla vita di questo singolare artefice, tuttavia le critiche a lui rivolte quale mediocre seguace dei Campi come indicato dal Baldinucci e rappresentante di media levatura della pittura lombarda che negli ultimi venti anni del Cinquecento ricerca il dato naturale, rappresentano letture che contrastano con la qualità delle sue opere, tutt'altro che da sottovalutare. Il dipinto che ci consente una migliore analisi attributiva è la pala d'altare raffigurtante l'Adorazione dei pastori conservata presso la Casa Parrocchiale di Maleo (olio su tela, cm 251X184) che presenta un similare impianto scenico e dove alcune figure mostrano interessanti analogie formali (fig. 1). Tornando alla Decollazione di San Giovanni Battista prima citata, possiamo invece riscontrare come il volto della Salomè è simile a quello della Vergine e la comune datazione all'ultimo quinquennio del secolo, attorno al 1596 -1597 coincidente con l'Adorazione dei pastori di Maleo, pone la data del dipinto qui presentato ad un analogo momento cronologico.

Bibliografia di riferimento:
F. Baldinucci,Notizie dei professori del disegno.., II, Firenze 1846, p. 489
L. Rossigni Zappieri, Luca Cattapane, in I Campi. Cultura artistica cremonese del Cinquecento, a cura di Mina Gregori, Milano 1985, pp. 255-258
V. Guazzoni, Luca Cattapane, in Pittura a Crema, dal Romanico al Settecento, a cura di Mina Gregori, Milano 1990, pp. 282 -286
Pittori della realtà. Le ragioni di una rivoluzione. Da Foppa e Leonardo a Caravaggio e Ceruti, catalogo della mostra a cura di Mina Gregori, Keith Christiasen e Andrea Bayer, Milano 2004.
ESTIMATE € 15.000 - 18.000
157
FRANCESCO SOLIMENA
(Canale di Serino, 1657 - Napoli, 1747)
La conversione di Saulo
Olio su tela, cm 124X99
La 'Sacrestia di Solimena' nella Basilica di san Paolo Maggiore a Napoli è un ambiente interamente affrescato tra il 1689 e il 1690. Si tratta per qualità e magnificenza di una tra le principali imprese giovanili dell'artista, quando l'estro e la pennellata evocano straordinarie macchine sceniche, ricche di colore e vitalità narrativa. Il modelletto di presentazione qui esaminato offre l'opportunità di coglierne il procedimento creativo e di comprendere quanto sia ancora efficace in questo momento storico la lezione giordanesca, nondimeno esibita con un vigore e una modernità che travalica la sensibilità barocca preannunciando l'evoluzione in chiave settecentesca della grande decorazione. La composizione con sapienza onnivora ingloba in se il migliore magistero della teatralità e un cromatismo tenebroso ma estremamente variegato che all'epoca solo la cultura partenopea era in grado d'esprimere. Aveva tutte le motivazioni il De Dominici a definire il Solimena uno 'spirito speculativo' che dalla filosofia si applicò all'arte, infatti, introducendo il brano dedicato alla sacrestia dei padri teatini il biografo dichiara che 'qual lode sarà mai che basti per l'opera che son per descrivere?' e prosegue elogiando la perfezione del dipingere a fresco che 'si è giammai veduta nei passati e moderni pittori, né simile bellezza del colorito, nobiltà di sembianti, idee perfettissime, diversità nelle fisionomie, e componimenti ottimi, con bellissimi contrapposti', parole che calzano alla perfezione per il nostro 'monumentale' studio a olio (Cfr. De Dominici 1743, III, pp. 585 - 586). Tornando all'ambiente, gli affreschi sono incorniciati da decorazioni di stucco a motivi fitomorfi e floreali eseguiti attorno al 1687 da Lorenzo Vaccaro e le pareti di fondo accolgono due grandiose scene quali La Caduta di Simon Mago, firmata e datata 1690 e la Caduta di San Paolo, firmata e datata 1689, mentre nella volta e nelle centine laterali sono rappresentate le Allegorie delle Virtù, prototipi autentici di tanta pittura rocaille fino al tempo di Fragonard. L'impressione d'insieme è a dir poco grandiosa, non solo per la qualità prettamente estetica ma anche per la regia complessiva che pare inarrestabile e al contempo arginata dalle vaste rappresentazioni poste agli estremi della sala e che il modelletto evoca con una forza straordinaria e toccante. E' impressionante osservare gli innumerevoli passaggi di colore e delle velature e al contempo accorgersi del rigoroso impianto prospettico e disegnativo. Le figure, le mani e i panneggi son qua delineati con magistrale sapienza mentre l'impasto evoca in maniera sorprendente il clamore dell'evento miracoloso, la concitazione drammatica dei gesti.

Bibliografia di riferimento:
G. Wiedmann, Francesco Solimena e Gli affreschi della Sacrestia di S. Paolo Maggiore di Napoli, in Angelo e Francesco Solimena due culture a confronto, a cura di Vega de Martini e Antonio Braca, Napoli 1994, pp. 175 - 185, fig. p. 186 con bibliografia precedente.
ESTIMATE € 15.000 - 25.000