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DOMENICO PARODI
DOMENICO PARODI
(Genova, 1668 - 1755)
Ritratto di nobiluomo
Olio su tela, cm 130X114
'Domenico Parodi nacque di padre scultore e scolpì anch'egli, e fu in oltre architetto; ma il suo gran vanto fu la pittura. Meno uguale a sé stesso che non fu il Piola, ha tuttavia maggiore stima perché ebbe genio più vasto, cognizioni di lettere e di arte più estese, imitazione del disegno greco più aperta, pennello più pieghevole a qualunque stile'. Con queste parole d'elogio l'Abate Lanzi misura il talento e la personalità dell'artista, figura poliedrica, raffinata, versatile. Formatosi inizialmente nella bottega paterna, fu fondamentale la frequentazione di Sebastiano Bombelli, autore veneziano, artefice di eleganti ritratti e altresì maestro di Vittore Ghislandi. A completare la sua educazione contribuì indubbiamente il successivo soggiorno romano che gli permise di modulare le eleganti tonalità di matrice veneziana con i principi estetici di gusto classico. Questa squisita commistione stilistica si evince osservando la tela qui presentata, esemplare per tradurre in immagine il giudizio di Carlo Giuseppe Ratti: 'In ritratti per eccellenza riuscì e molti se ne veggono per le case di Genova, che oltre la molta verisimiglianza de' sembianti con sfoggio ed elleganza grande sono istoriati e pinti'. Tali indizi consentono di datare l'opera alla prima maturità del pittore, attorno ai primi anni del Settecento, quando ancor timide o appena percettibili sono le inflessioni francesizzanti e si andava consolidando la sua fama di specialista, ottenendo commissioni dalle personalità di maggior spicco dell'aristocrazia genovese (cfr. Sanguineti 2011, p. 104).
Bibliografia di riferimento:
R. Soprani e C. G. Ratti, Vite de'pittori, scultori ed architetti Genovesi , Genova, 1769 (1797), vol. II, pp. 208-232
D. Sanguineti, Genovesi in posa. Appunti sulla ritrattistica tra fine Seicento e Settecento, Genova 2011, pp. 102-116
Ritratto di nobiluomo
Olio su tela, cm 130X114
'Domenico Parodi nacque di padre scultore e scolpì anch'egli, e fu in oltre architetto; ma il suo gran vanto fu la pittura. Meno uguale a sé stesso che non fu il Piola, ha tuttavia maggiore stima perché ebbe genio più vasto, cognizioni di lettere e di arte più estese, imitazione del disegno greco più aperta, pennello più pieghevole a qualunque stile'. Con queste parole d'elogio l'Abate Lanzi misura il talento e la personalità dell'artista, figura poliedrica, raffinata, versatile. Formatosi inizialmente nella bottega paterna, fu fondamentale la frequentazione di Sebastiano Bombelli, autore veneziano, artefice di eleganti ritratti e altresì maestro di Vittore Ghislandi. A completare la sua educazione contribuì indubbiamente il successivo soggiorno romano che gli permise di modulare le eleganti tonalità di matrice veneziana con i principi estetici di gusto classico. Questa squisita commistione stilistica si evince osservando la tela qui presentata, esemplare per tradurre in immagine il giudizio di Carlo Giuseppe Ratti: 'In ritratti per eccellenza riuscì e molti se ne veggono per le case di Genova, che oltre la molta verisimiglianza de' sembianti con sfoggio ed elleganza grande sono istoriati e pinti'. Tali indizi consentono di datare l'opera alla prima maturità del pittore, attorno ai primi anni del Settecento, quando ancor timide o appena percettibili sono le inflessioni francesizzanti e si andava consolidando la sua fama di specialista, ottenendo commissioni dalle personalità di maggior spicco dell'aristocrazia genovese (cfr. Sanguineti 2011, p. 104).
Bibliografia di riferimento:
R. Soprani e C. G. Ratti, Vite de'pittori, scultori ed architetti Genovesi , Genova, 1769 (1797), vol. II, pp. 208-232
D. Sanguineti, Genovesi in posa. Appunti sulla ritrattistica tra fine Seicento e Settecento, Genova 2011, pp. 102-116
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