166
DOMENICO ANTONIO VACCARO (Attr.a)
(Napoli, 1678 - 1745)
Abramo e gli angeli
Olio su tela, cm 75X97
Le opere in esame si datano al XVIII Secolo e spiccano per la felice esuberanza cromatica e la luminosità della stesura, contraddistinta da pennellate vivaci e raffinati cangianti che modellano i panneggi. Queste caratteristiche insieme alle tipologie fisionomiche hanno suggerito l'attribuzione al pittore Domenico Antonio Vaccaro intorno alla metà del quarto decennio in similitudine con gli oli su rame della chiesa di Santa Maria a Bethlem (cfr. Spinosa 1986, p. 151, n. 209) e la tela raffigurante Ippomene riceve da Venere i Pomi d'oro conservata al Museo Duca Martina a Napoli databile al 1730 - 1735 (Cfr. Spinosa 1986, p. 151, n. 212), quando è altresì attestata la collaborazione con l'allievo Filippo Falciatore (documentato a Napoli tra il 1718 e il 1768). Detto ciò è interessante evidenziare un'altra via di ricerca che conduce invece a presupporre un'origine nord italiana dell'autore, a conoscenza del naturalismo del Cipper e delle eleganti vivacità cromatiche del Pellegrini. Resta il fatto che la qualità è sorprendente quanto lo stato di conservazione, a discapito di un nodo attributivo che una ricerca condotta al di fuori degli stretti tempi del mercato non può che sciogliere.

Bibliografia di riferimento:
N. Spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Barocco al Rococò, Napoli, 1986, pp. 301-316
AA.VV., Settecento napoletano. Sulle ali dell'aquila imperiale 1707-1734, catalogo della mostra a cura di Wolfgang Prohaska e Nicola Spinosa, Napoli 1994, pp. 280-289.
ESTIMATE € 3.500 - 4.500
178
PITTORE FRANCESE DEL XVIII SECOLO
Natura morta di fiori
Olio su tela, cm 140X118
Questa rigogliosa composizione floreale si attribuisce a Gaspar Pieter Verbruggen il Vecchio (Anversa, 1635 - 1681). L'elaborata combinazione delle diverse fenologie è di assoluta piacevolezza decorativa e sviluppata secondo una sensibilità pienamente barocca, raggiungendo un valore puramente esornativo. L'artista si formò presso l'atelier paterno e a documentarne il precoce talento è la sua iscrizione come maestro alla gilda di Anversa in precocissima età. Si presume che il dipinto si debba cronologicamente collocare alla maturità, quando i tratti distintivi più arcaici si stemperano e le disciplinate simmetrie indicate da Daniel Seghers lasciano spazio a creazioni che preannunciano il nuovo secolo, suggerendo una datazione che scorre tra il settimo e l'ottavo decennio quando all'interno della bottega era in piena attività anche il figlio Gaspar Pieter Verbruggen II.
ESTIMATE € 4.000 - 6.000
6
GIOVANNI RAFFAELE BADARACCO
(Genova, 1645 - 1717)
Morte di Seneca
Olio su tela, cm 250X336
Attribuito da Camillo Manzitti a Giovanni Raffaele Badaracco, questa tela di dimensioni parietali raffigura l'episodio della morte di Seneca narrata negli annali di Tacito. La teatrale costruzione scenica di marcato gusto barocco testimonia le asserzioni del Ratti circa la formazione romana del pittore, recentemente delineata dagli studi di Loredana Lorizzo dedicati al mercante di quadri genovese attivo nella Città Eterna, Pellegrino Peri. Tuttavia, la poliedrica cultura dell'artista è ben documentata dal biografo, che lo indica quale allievo del Maratta, seguace della maniera del Cortona, che dopo otto anni di studio a Roma, passò a Napoli e poi a Venezia prima di far ritorno in patria. Detto ciò, sorprende il silenzio delle fonti riguardo la nostra opera, certamente destinata ad una quadreria privata ma le cui imponenti dimensioni suggeriscono una commissione di altissimo prestigio. La tela mostra una marcata aderenza alla cultura genovese, segnatamente al fare del Piola, soprattutto nella robusta tavolozza, nell'intensità dei rapporti di contrasto e nella scioltezza pittorica, tuttavia nella sua classicità narrativa il ritmo risponde bene ai dettami classicisti capitolini, in analogia con il 'Suicidio di Lucrezia', conservata a Palazzo Bianco che, databile all'ottavo decennio, offre un interessante corrispettivo cronologico, anche se in questa sede non escludiamo una datazione più arcaica. Supporta questa ipotesi il confronto con le opere tarde, di valenza più decorativa e con le figure colte in pose immote e di segno quasi seriale come si evince osservando la 'Continenza di Scipione' dell'Oratorio dei Rossi a Gavi Ligure da collocare ad una età ormai settecentesca (Di Fabio). Al nostro periodo si possono invece agevolmente accostare le tele pubblicate recentemente da Anna Orlando raffiguranti 'La veste di Giuseppe mostrata a Giacobbe' e 'Il Giudizio di Salomone', quanto mai cortonesche nei modi e genovesi per gusto.

L'opera è corredata da una scheda critica di Camillo Manzitti.

Bibliografia di riferimento:

R.Soprani - C. Giuseppe Ratti, 'Vite de' pittori, scultori ed architetti genovesi', Genova 1768-1769, vol. II, pp. 69-73

M. Newcome Schleier, 'Raffaello Badaracco', in 'Antichità Viva', 19 (1980), n. 2, pp. 21-27

C. Di Fabio, 'Gio Raffaele Badaracco. Qualità e industria', in 'Bollettino dei Musei Civici Genovesi', 14 (1992), n. 40-42, pp. 61-91

A.Orlando, 'Dipinti Genovesi dal Cinquecento al Settecento. Ritrovamenti dal collezionismo privato', Torino 2010, pp. 29 - 30
ESTIMATE € 4.000 - 6.000
10
LOUIS TOCQUÉ (Attr. a)
(Parigi, 1696 - 1772)
Ritratto di Dama
Olio su avorio, cm 15X10
Firmato in basso a destra: Tocq..
La luminosità del supporto, la qualità sorprendente della stesura pittorica e la traccia della firma suggeriscono l'attribuzione di questo elegante dipinto al maestro francese Louis Tocqué (Parigi 1696-1772), pittore e incisore dell'Accademia Reale di Parigi dal 1734. Lodato per il suo talento di ritrattista, acquisito da Jean-Marc Nattier, suo maestro e da Nicolas de Largillierre e Hyacinthe Rigaud, Tocqué realizzò diversi importanti commissioni reali, tra cui i ritratti del Delfino, Luigi di Borbone (1738) e di Maria Leczinska (1740), entrambi conservati al Louvre. I suoi ritratti privati, invece, spesso esposti ai Salon, gli hanno permesso di sperimentare il proprio talento con maggiore libertà, descrivendo i suoi modelli con una naturalezza che gli valse grandi elogi e innumerevoli commissioni in tutta Europa, rinnovando il gusto tradizionale della ritrattistica ed influenzando artisti come Carl Gustaf Pilo e Jens Juel. Appartiene a questa peculiare tipologia di opere e di committenza il ritratto qui presentato che, pur nelle contenute dimensioni, esprime una leggiadra monumentalità e una tecnica di esecuzione impeccabile.
ESTIMATE € 4.000 - 5.000
24
PITTORE OLANDESE DEL XVII SECOLO
L'alchimista
Olio su tavola cm 47X67
Datato in basso a destra 1646
Il dipinto presenta inequivocabili stilemi olandesi. Il tema raffigurato s'interpreta quale ritratto di un anziano scienziato intento alla preparazione di una composizione chimica, riconoscibile come farmacista o studioso di alchemia. Lo spazio scenico appare tuttavia un officina e ciò fa propendere per l'attività alchemica ivi svolta, come si riscontra in altre opere olandesi seicentesche e in modo particolare in alcune creazioni di David Tenier II (Anversa, 1610/12 - Bruxelles, 1690). Si evince questa possibile lettura iconografica e i suoi rapporti con il Tenier osservando la tavola esitata presso Christie's di Londra il 12 giugno 2006, n. 47, quella conservata presso il Philadelphia Museum of Art (inv. n. 689) e quella del Mauritshuis Museum (inv.nr. 261). A suggerire ulteriormente questa lettura è l'evidente disordine del laboratorio e dei libri buttati alla rinfusa a terra, che tende a caratterizzare l'alchimista come uno studioso dedito, ma tutto sommato pasticcione, secondo un modello 'scettico' già caro a Brueghel. Comunque sono presenti i due elementi principali delle fatiche dell'arte alchemica: lo studio (i libri) e la pratica (il fornello) e, come prima accennato, la loro disposizione confusa ed estemporanea alludono alla sostanziale inattendibilità di questi scienziati. Detto ciò, la rappresentazione della stanza esibisce una cura pittorica e una mimesi di alta qualità, caratterizzata da una regia luministica atta a descrivere i diversi oggetti e a delineare lo spazio scenico secondo i migliori esempi dell'arte olandese e fiamminga dell'epoca.

Bibliografia di riferimento:

Mauritshuis. Illustrated general catalogue, Amsterdam-Den Haag 1993, p. 143, nr. 261

C. R. Scott, O. Hess Dugan, J. Paschietto, Paintings from Europe and the Americas in the Philadelphia Museum of Art. A concise catalogue, Philadelphia 1994, p. 100
ESTIMATE € 4.000 - 6.000
26
ANTONIO GIANLISI SENIOR
(Rizzolo San Giorgio, 1677 - Cremona, 1727)
Pesche e tralci d'uva e altri frutti
Olio su tela, cm 77X64
La vicenda critica di Antonio Gianlisi Senior, per la distinzione di mano dagli altri esponenti della bottega, è stata recentemente analizzata da Alberto Crispo. Lo studioso riprendendo le importanti ricerche condotte da Gianluca e Ulisse Bocchi e Alessandro Morandotti, giunge ad una ricostruzione storica di miglior precisione, dipanando la problematica attributiva che coinvolge le nature morte raffiguranti tralci di vite e frutti, a tutt'oggi alternativamente riferite sia ai Gianlisi sia a Gilardo da Lodi (Bocchi 1998, pp. 172-173, figg. 211-213). Diversa è invece la situazione per le opere in cui l'artista esibisce eleganti tappeti, sfarzosi tessuti e vivaci vasi fioriti che, per l'intrinseca esuberanza cromatica, le modalità compositive e di stesura, consentono un facile riconoscimento attributivo. Le tele in esame si riconducono di conseguenza al catalogo di Gianlisi Senior e mostrano la sua eterogenea sequenza di influenze che corrono dagli esempi bergamaschi a quelli capitolini per la sontuosa scenografia. Altresì straordinaria è la regia luministica che scorre attraverso i diversi elementi naturali, modulata per dare il maggior risalto possibile alle forme e alle sfumate tonalità dei frutti, in modo particolare agli acini d'uva, mentre le foglie con le loro cangianti cromie creano un vibrante gioco chiaroscurale. L'effetto è di straordinaria sensibilità teatrale, in analogia con le nature morte del Museo Civico di Bassano del Grappa (Bocchi 1998, p. 169, figg. 203 - 204).

Bibliografia di riferimento:
F. Arisi, 'Natura morta tra Milano e Parma in età barocca' , Piacenza 1995
A. Crispo, 'Antonio Gianlisi Junior', in 'La natura morta in Emilia Romagna', Milano 2000, pp. 187-193.
G. e U. Bocchi, 'Problematiche vincenziniane', in 'Naturaliter. Nuovi contributi alla natura morta in Italia settentrionale e Toscana tra il XVII e XVIII secolo', Casalmaggiore 1998, pp. 63-65
ESTIMATE € 4.000 - 5.000
25
ANTONIO GIANLISI SENIOR
(Rizzolo San Giorgio, 1677 - Cremona, 1727)
Pesche e tralci d'uva, vaso di garofani, funghi
Olio su tela, cm 77X64
ESTIMATE € 4.000 - 5.000
37
ENRICO ALBRICCI
(Vilminore, 1714 - Bergamo, 1775)
La toilette del mattino
Olio su tela, cm 44X59
Il più delle volte immaginiamo Enrico Albricci allievo di Faustino Bocchi, ma la sua adesione ai modi del noto 'bambocciante' lombardo fu indotta dal conte Giacomo Carrara, suo estimatore e committente, che lo invitò a proseguire quel gaio filone illustrativo che si era interrotto nel 1741 con la morte del maestro. La fortuna critica e commerciale di Albricci si evince da Francesco Maria Tassi che gli dedica una biografia dettagliata, informandoci che le sue piccole creazioni erano vendute a caro prezzo anche fuori Bergamo. Questo metro di lettura mutò solo con la critica positivista di fine Ottocento, quando Pietro Locatelli ne rivalutò la produzione devozionale licenziando sbrigativamente quella profana. La fortuna critica moderna avviene con la famosa mostra fiorentina del 1922 e da quel momento si iniziò a ricostruire il catalogo dell'artista grazie agli interventi del Fiocco e De Logu. Ricostruzione resa faticosa per l'esistenza di tre sole opere certe e una sola datata. Infine con il 1980 prendono corpo le ricerche di Maria Adelaide Baroncelli che si concludono con lo studio monografico edito nella collana dei Pittori Bergamaschi, seguito dal catalogo ragionato dell'Olivari stampato nel 1990. Il dipinto in esame è tipico della sua produzione, il tema narrativo a carattere moraleggiante è gustoso e dissacrante e vede al centro della scena l'anziana lillipuziana intenta a guardarsi allo specchio mentre una pletora di servitori è intenta a servirla con piaggeria e appollaiata sullo specchio è una piccola scimmia. Si tratta di un colorato spettacolo tipicamente albricciano, una favola di gusto pestalozziano in cui l'esercizio della piaggeria allude a un'umanità piccola e soggiogata.

Bibliografia di riferimento:
M. A. Baroncelli, Faustino Bocchi ed Enrico Albricci: pittori di bambocciate , Brescia 1965
M. A. Baroncelli, Enrico Albricci, in I pittori bergamaschi . Il Settecento, Bergamo 1990, vol. III, pp. 105-135, con bibliografia precedente
ESTIMATE € 4.000 - 6.000
43
FRANCESCO ALBOTTO
(Venezia?, 1721 - Venezia, 1757)
Paesaggio costiero di fantasia
Olio su tela, cm 55,5X63,5
Questa veduta di fantasia si riconosce ad un artista veneto del XVIII secolo particolarmente influenzato dalle opere di Michele Marieschi (Venezia, 1710 - 1743). La tecnica pittorica tutta di tocco e impasto, con pennellate veloci e distese quasi d'istinto, sembra avvallare l'ipotesi attributiva, ma inde ancor più a indagare i protagonisti della bottega e in particolare la produzione di Francesco Albotto. Al suo migliore allievo viene infatti ricondotta l'opera da Dario Succi datandola al sesto decennio, cogliendone l'evoluzione in chiave pienamente settecentesca, meno romantica ma suggestionata dalle creazioni canalettiane. Questa percezione si coglie osservando con attenzione le figure e il maggior controllo della stesura rispetto a quella del maestro, ma è certo che la morte precoce di quest'ultimo indusse l'allievo a gestire la bottega mantenendone la cifra stilistica senza distrarre la modernità dell'arte. Tuttavia è altresì necessario verificare come Albotto faccia sempre riferimento agli esempi di Marco Ricci e ai suoi capricci lagunari, unendo in maniera discreta ma riuscitissima i nobili filoni del paesismo veneto settecentesco.

L'opera è corredata da una scheda critica di Dario Succi.

Bibliografia di riferimento:

D. Succi, 'Capricci veneziani del settecento', Torino, 1988, p. L72, fig. 5
'Marco Ricci e il paesaggio veneto del Settecento', catalogo della mostra a cura di D. Succi e A. Delneri, Milano 1993, nn. 93-94, pp. 277 e 280-282
ESTIMATE € 4.000 - 5.000
56
FRANCESCO LORENZI
(Mazzurega, 1723 - Verona, 1787)
Bacco e Arianna
Olio su tela, cm 42X57
Allievo e collaboratore di Giambattista Tiepolo dal 1744 fino alla metà del sesto decennio, Francesco Lorenzi nel corso della sua carriera esprimerà un registro linguistico influenzato dal maestro, in particolare rielaborando soluzioni illustrative desunte dalle opere a fresco. Il lungo periodo passato nella bottega lascia un segno indelebile, infatti il tema qui rappresentato è noto attraverso diverse versioni tiepolesche a partire da quella eseguita tra il 1746 e il 1750 su una delle volte al piano nobile di Palazzo Labia a Venezia, la cui tipologia iconografica fu sua volta diffusa da innumerevoli bozzetti e repliche.

Bibliografia di riferimento:
Francesco Lorenzi (1723 - 1787), dipinti e incisioni, catalogo della mostra cura di Enrico Maria Guzzo, Verona 2002
L.Ievolella, in Il Settecento a Verona. Tiepolo, Cignaroli, Rotari. La nobiltà della pittura, Catalogo della mostra a cura di Fabrizio Magani, Paola Marini e Andrea Tolmezzo, Milano 2012, pp. 181 - 184.
ESTIMATE € 4.000 - 5.000
55
PITTORE OLANDESE DEL XVII SECOLO
Veduta costiera con molo e nave alla fonda
Olio su tela, cm 76X127
I caratteri di stile e scrittura del dipinto suggerisco l'attribuzione a un autore di scuola olandese, attivo durante la seconda metà del XVII secolo. Il soggetto raffigurato descrive una veduta costiera ideale e di gusto italianizzante, sull'esempio delle opere di Adriaen van der Kabel (Rijswijk, 1630 o 1631 - Lione, 1705) e possiamo trovare un confronto illustrativo con le diverse marine pubblicate da Luigi Salerno (p. 811, fig. 148.1) e plausibilmente realizzate durante il soggiorno romano del pittore documentato tra il 1659 e il 1666.

Bibliografia di riferimento:
L. Salerno, Pittori di paesaggio del Seicento a Roma, II, Roma 1977 - 1980
ESTIMATE € 4.000 - 5.000