(1646 - 1996) Natura morta di frutta Tempera su pergamena, cm 21X25 Pittore noto per la produzione di raffinate nature morte, dipinte a tempera su pergamena, le cui notizie sono scarne e le fonti del Settecento e dell'Ottocento non riportano informazioni utili a definirne la vicenda biografica. I primi passi della ricerca si devono ad Isarlow, che nel 1935 pubblicò una natura morta firmata di una collezione privata parigina. La probabile origine piemontese dell'artista si deve ad Andreina Griseri, che in occasione della mostra sulla pittura barocca in Piemonte del 1963, pubblica una serie d'opere del Castello di Settime, mentre nel 1971 la Pettenati rende nota una seconda natura morta firmata. A tutt'oggi però, le due sole composizioni datate, quella del 1680 raffigurante il 'Bambino Gesù in meditazione' e il 'Vaso di fiori' del 1689, ambedue di collezione privata, non risolvono completamente le problematiche per una sequenza cronologica del catalogo, affrontato da Marco Rosci in uno studio del 1985 e da una più precisa definizione dell'artista dal Chiappetti, in una recente mostra intitolata 'La seduzione della natura' curata da Alberto Cottino. Da queste ricerche è possibile stabilire che l'attività del Monfort parte dagli esempi di Giovanna Garzoni, attiva a Torino dal 1632 al 1637, a cui si possono accostare le giovanili pergamene del Museo di Asti.
Bibliografia di riferimento: A. Cottino, Octavianus Monfort, in Natura morta italiana tra Cinquecento e Settecento, catalogo della mostra a cura di M.Gregori e J.G. Prinz von Hohenzollern, Milano 2002, p. 104, con bibliografia precedente P. Chiapatti, M. Rosci, Octavianus Monfort, catalogo della mostra, Torino 1985
(Piano del Cilento, 1662 - Napoli, 1728) San Francesco Borgia davanti al corpo della Regina Isabella di Castiglia Olio su tela, cm 54,5x126 Provenienza: Christie's, Roma, giugno 1990; Christie's, Roma, giugno 1999 L'attribuzione del dipinto a Paolo de Matteis è stata confermata da Riccardo Lattuada e l'immagine si riconosce quale modelletto per l'affresco che orna la parete absidale sinistra della chiesa napoletana di San Francesco saverio, oggi intitolata a San Ferdinando. L'opera sarà inserita nella monografia di prossima pubblicazione dedicata a Paolo De Matteis curata da Riccardo Lattuada e Giuseppe Napoletano.
Veduta di Napoli da Poggioreale Olio su tela, cm 80X54 La tela raffigura la veduta di Napoli da Poggioreale, da un punto di vista che coincide plausibilmente con l'odierna via Nuova del Campo. In basso a destra si riconosce il vecchio cimitero e addentrandoci nell'opera scorgiamo a destra l'imponente edificio dell'Albergo dei Poveri e all'orizzonte la città antica sovrastata dal Castello di San Martino e la Certosa. I caratteri stilistici suggeriscono una datazione che scorre tra la fine del XVIII e il XIX Secolo e l'autore presenta similitudini espressive con Luigi Fergola (Napoli 1768 - 1834) e Salvatore Fergola (Napoli 1799 - 1874).
(Bologna, 1722 - Torino, 1808) Veduta costiera con tempesta di mare Olio su tela, cm 90X130 Pittore di paesaggio e di affascinanti quanto ideali vedute architettoniche, Gaetano Ottani si forma all'Accademia Clementina a Bologna, vincendo il premio quale migliore allievo. Le sue composizioni raffiguranti capricci architettonici presentano uno stile prossimo ai modi di Ferdinando Galli Bibiena e del suo allievo Giovanni Antonio Bettini, entrambi docenti dell'Accademia. Nella città felsinea, il nostro ebbe opportunità di conoscere anche Carlo Filippo Alberti, artista torinese e specialista in architettura civile e teatrale presso la corte sabauda e probabilmente è grazie a lui se Ottani si trasferì a Torino nel 1754. La sua carriera ebbe inizio quale inventore di scenografie, attività che gli consentì di operare presso le più importanti istituzioni teatrali della penisola. Per i Savoia dipinse prevalentemente paesaggi e capricci, eseguiti con un elegante gusto rococò, concepiti con spiccata sensibilità scenografica d'ascendenza bibienesca e influenzati dall'arte di Giovanni Francesco Pannini. Le sue prospettive, audaci e fantastiche sono di solito ravvivate da piccole figurine e luministicamente assai contrastate. La tela in esame è tipica della sua produzione matura, attorno al 1770 e risente altresì del paesismo di gusto francesizzante di Claude Joseph Vernet (Avignone, 1714 - Parigi, 1789).
Bibliografia di riferimento: A. Cera, 'La pittura bolognese del '700', Milano 1994 O. Bergomi , 'Gaetano Ottani', in 'La pittura di paesaggio in Italia. Il Settecento', a cura di Anna Ottani Cavina e Emilia Calbi, Milano 2005, pp. 267 -268, con bibliografia precedente
Pergamena raffigurante tralcio di ramo con sorbe e ape Tempera su pergamena, cm 23X16 Anche questa miniatura si riconduce agli esempi di Jacques Le Moyne de Morgues (Dieppe, 1533 ca. - 1588), artista francese attivo per la corte di Carlo IX, viaggiatore e scienziato di fama. A questo proposito è interessante il riferimento con una miniatura raffigurante un cardo esitata presso Sotheby's New York il 29 gennaio 1997, lotto n. 94 e proveniente dalla Collezione Eric Korner di Londra, che presenta il medesimo sfondo blu lapislazzulo e la cui paternità fu riconosciuta dal Dott. Rosy Schilling e Mr. Paul Hulton grazie ai confronti con le miniature conservate presso il British Museum.
Bibliografia di riferimento: Paul Hulton, The Works of Jacques Le Moyne de Morgues, A Huguenot Artist in France, Florida and England, London 1977
Pergamena raffigurante fiori, frutti di bosco e insetti Matita, acquerello e tempera su pergamena, cm 12X9,5 Questa interessante pergamena si data ancora al XV secolo, quando gli illustratori botanici praticavano la loro arte dedicandosi a ritrarre dal vero le diverse specie botaniche. Nel nostro caso il grado del dettaglio naturalistico non solo è di alta qualità , ma suggerisce altresì il riferimento all'artista Jacques Le Moyne de Morgues (c. 1533-1588).
Bibliografia di riferimento: P. Hulton, The Works of Jacques Le Moyne de Morgues, A Huguenot Artist in France, Florida and England, London 1977.
Sant'Andrea Olio su tela, cm 78X105 Opera da attribuire a un artista toscano e prossimo per i caratteri stilistici a Matteo Rosselli e Lorenzo Lippi. L'immagine descrive il martirio di Sant'Andrea secondo un'iconografia peculiare alla cultura pittorica fiorentina seicentesca e a questo proposito citiamo la tela di medesimo soggetto realizzata da Matteo Rosselli per la chiesa di Ognisanti. Opera dall'intenso pathos controriformato e a sua volta non ignara degli accenti naturalistici romani. Di questo dipinto conosciamo anche una versione realizzata dal Lippi presente nella Chiesa di sant'Agata, in cui i sentimenti capitolini sembrano ancor più accentuati, tanto da far supporre un viaggio di studio nella città eterna del giovane artista. Detto ciò, gli aspetti estetici della tela qui presentata esprimono acerbità e cromie che è possibile ricondurre alla giovinezza di Lorenzo, tra il terzo e i primi anni del quarto decennio.
Bibliografia di riferimento: C. d'Afflitto, Lorenzo Lippi, Firenze 2002, pp.68 - 69
(Albino, 1522 - 1578/1579) Ritratto di Medea Rossi Olio su tela, cm 45X40 La stesura e le caratteristiche illustrative del dipinto indicano una datazione attorno alla seconda metà del secolo XVI, mentre la realistica sensibilità con cui è descritto il volto suggerisce l'attribuzione a un autore nord Italiano e stilisticamente affine al fare pittorico di Giovanni Battista Moroni (Albino, 1522 - 1578/1579). Il tono intimo, confidenziale, le espressività e la sapiente regia luministica, evidenziano la qualità dell'opera e ne avvalorano l'ipotesi attributiva. Sorprende l'essenzialità disadorna e al contempo efficace di questa effige, severa e carica di vitalità interiore, capace d'esprimere il proprio rigore morale e puritano come pochi artisti sono arrivati a evocare, tanto che il Tiziano stesso induceva i governatori veneziani residenti a Bergamo a non mancare di farsi ritrarre dall'artista. A confronto ricordiamo il Ritratto di donna seduta con libro della Pinacoteca Carrara a Bergamo (Gregori, p. 201, 332/32;364), ma in modo particolare il Ritratto di donna anziana in nero della collezione dei conti Moroni di Bergamo (fig. 1) databile al 1570 circa (Gregori, p. 206, 238/48;369).
Bibliografia di riferimento: M. Gregori, Giovanni Battista Moroni, in I Pittori Bergamaschi, Il Cinquecento, Bergamo 1979, III, pp. 95 - 377. F. Rossi, Il Moroni, Soncino, 1991.
Il dipinto è stato attribuito a Placido Costanzi da Francesco Petrucci.
Bibliografia di riferimento: A. M. Clark, An introduction to Placido Costanzi, in 'Paragone Arte', 19.1968,219/239, pp. 39-54. G. Sestieri, Aggiunte a Placido Costanzi, in 'Paragone Arte', 42. 1991, pp. 66-77. G. Sestieri, Repertorio della Pittura Romana della fine del Seicento e del Settecento, Torino 1994, I, p. 66. F. Lemme, in Il Museo del Barocco Romano. La Collezione Lemme a Palazzo Chigi in Ariccia, a cura di F. Petrucci, Roma 2007, pp. 134- 135, n. 65. S. Loire, in Il Museo del Barocco Romano. La Collezione Lemme a Palazzo Chigi in Ariccia, a cura di F. Petrucci, Roma 2007, pp. 136-137, n. 66.
(1605 - 1638) Contadino che danza Olio su tavola, cm 38,3X29 Adriaen Brouwer nacque a Oudenaarde all'inizio del XVII secolo e si trasferì in giovane età a Haarlem dove divenne allievo di Frans Hals (1581/85-1666) insieme a Adriaen van Ostade (1610-1685). Nel 1626 è iscritto alla scuola di retorica e cinque anni più tardi è registrato nella corporazione dei pittori di Anversa, mostrandosi subito figura di straordinario talento. Esercitò altresì una forte influenza sui pittori contemporanei, primo fra tutti David Teniers il Giovane (1610-1690), le cui scene contadine sono inimmaginabili senza la sua influenza e anche sui seguaci come David Rijckaert (1612-1661) e Joos van Craesbeeck (1605/06-1660), con il quale le sue opere sono spesso confuse. Il dipinto in esame è stato solo di recente scoperto e rivela il carattere naturo del maestro, rispecchiando gli aspetti più tipici della sua arte.
Ritratto d'uomo (Ferdinando de Medici ?) Olio su tavola, cm 62X46 Eseguito su tavola, il dipinto si attribuisce ad un artista toscano attivo attorno alla seconda metà del XVI secolo. L'iconografia suggerisce di riconoscere l'effigiato in un Medici, plausibilmente Ferdinando de Medici (Firenze, 1549 - 1609) che fu cardinale (1562 - 1587) e successivamente Granduca di Toscana (1587 - 1609). Lo stile è memore dei modelli di Agnolo di Cosimo di Mariano detto il Bronzino (Monticelli di Firenze, 1503 - Firenze, 1572), ma in questa sede non escludiamo l'ipotesi di ricondurne l'esecuzione a Santi Di Tito (Borgo San Sepolcro, 1536 - Firenze, 1603), allievo di Agnolo e al contempo artefice di una personalissima riforma antimanieristica dell'arte fiorentina.
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