62
GASPAR PEETER VERBRUGGEN THE ELDER
(Anversa, 1635 - 1681)
Giochi di putti in un giardino fiorito
Olio su tela, cm 57X47
Il dipinto è stato ricondotto al catalogo di Gaspar Peeter Verbruggen il Vecchio da Giancarlo Sestieri, esaltandone il carattere prettamente Barocco e precocemente Rococò, che evolve i parametri illustrativi delle nature morte e composizioni più arcaiche eseguite da Jan van Thielen e Gerard Seghers. In questo caso pare che l'esecuzione delle figure possa essere ricondotta ad altra mano, ma non si esclude di pensare questi brani quali creazioni di Jacob Melchior Van Herck e François Liberti, per alcune analogie riscontrate con la tele esitate presso la casa d'aste Dorotheum il 18 ottobre 1994, lotto n. 320 e il 4 marzo 1997, n. 80. Resta da dire che il dipinto presenta una straordinaria felicità decorativa, riscontrabile in modo particolare se si osservano le ghirlande fiorite e la sapiente regia luministica atta a valorizzare le diverse fenologie e i piccoli protagonisti.

L'opera è corredata da una scheda critica di Giancarlo Sestieri.
ESTIMATE € 4.000 - 6.000
63
FRANCESCO MANTOVANO
(Mantova? - notizie a Venezia dal 1636 al 1644 e dal 1660 al 1663)
Pittore romano del XVII secolo
Peonie, tulipani ed altri fiori in un vaso
Olio su tela, cm 85X64
Attivo a Venezia dove è documentata la sua iscrizione alla Fraglia dei pittori tra il 1636 e il 1639 in qualità di fiorante e creatore di nature morte, le notizie biografiche sul mantovano sono tuttora alquanto carenti (cfr. R. Pallucchini, La pittura veneziana del Seicento, Milano, 1981, I, p. 329), ma le opere a noi note permettono interessanti confronti con la tela in esame. Un utile parametro si ha osservando il 'Vaso con fiori bianchi e rossi' dell'Accademia dei Concordi a Rovigo, dove i petali di grandi proporzioni e colori vivacemente alternati, abbinati a gamme che variano dal bianco brillante al vermiglio, rivelano un'attenzione almeno formale per l'arte fiamminga e una cronologia alla fase più arcaica. Sarà il soggiorno romano ad imprimere all'artista il mutamento in senso barocco della sua arte, grazie alla lezione di Mario Nuzzi che lo influenzerà all'uso di eleganti vasi istoriati con figure e sormontati da scenografici bouquet. Tornando alla nostra opera, si presume che la sua datazione sia ancora da collocare a una produzione ancor giovanile, tuttavia l'uso del vaso istoriato al posto di quello a grottesche indica un mutamento di gusto oramai in atto e quindi attorno alla metà del secolo.

Bibliografia di riferimento:
E. A. Safarik - F. Bottari, in La natura morta in Italia, a cura di F Porzio e Federico Zeri, Milano 1989, vol. I, pp. 326-328
G. Bocchi, U. Bocchi, Pittori di natura morta a Roma. Artisti italiani 1630-1750, Viadana, 2005, pp. 203-243
ESTIMATE € 4.000 - 5.000
66
PITTORE DEL XVII SECOLO
Pergamena raffigurante ramo con castagna
Tempera su pergamena, cm 23X16
Bibliografia di riferimento:
Paul Hulton, The Works of Jacques Le Moyne de Morgues, A Huguenot Artist in France, Florida and England, London 1977.
ESTIMATE € 4.000 - 5.000
76
PITTORE NAPOLETANO DEL XVIII SECOLO
Ritratto di Ferdinando IV di Borbone
Olio su tela, cm 103X78
Il dipinto ritrae Ferdinando IV (Napoli 1751 - 1825), terzogenito del Re di Napoli e poi di Spagna Carlo III, che salì al trono nel 1759 all'età di otto anni governando con l'ausilio del Consiglio di Reggenza presieduto da Bernardo Tanucci e divenendo Re di Sicilia sino al 1816 con il nome di Ferdinando III. Dopo questa data, con il Congresso di Vienna e l'unificazione delle due monarchie nel Regno delle Due Sicilie, fu sovrano dal 1816 al 1825 con il nome di Ferdinando I. L'immagine trova immediata corrispondenza con le altre due effigi compiute da Anton Raphael Mengs (Aussig, 1728 - Roma, 1779) nel 1760 e rispettivamente conservate presso il Museo di Capodimonte e il Museo del Prado. La versione qui presentata esibisce interessanti qualità che consentono di attribuire l'esecuzione ad un pittore di buone capacità artistiche e di chiara impronta napoletana. La figura è descritta di tre quarti all'interno di una stanza dal fondo ocra scuro, a differenza delle versioni note in cui lo spazio scenico è delimitato da una quinta marmorea sormontata da una colonna. Simile è l'arredo: il tavolo da parete intagliato dove si scorgono le insegne regali e a destra, a chiudere la composizione, una poltrona dorata. La perfetta costruzione dell'ambiente con il punto di fuga ribassato è coadiuvata dalla sapiente misura proporzionale dell'immagine, su cui si staglia in primo piano l'effigiato con lo sguardo verso l'osservatore e le onorificenze che assurgono a centro focale. Riconosciamo, prime fra tutte, quelle dell'Ordine di San Gennaro e il Toson d'oro iberico, ma a queste si aggiunge, a differenza delle versioni di Capodimonte e Madrid, la Croce di Santo Spirito, della quale era insignito Carlo III.

Bibliografia di riferimento:

N. Spinosa, Pittura napoletana del Settecento, dal Rococò al Classicismo, II, Napoli 1989, p.152, n. 254, tav. 52

Mengs. La scoperta del Neoclassico, catalogo della mostra a cura di S. Roettgen, Padova 2001, pp. 270 - 271, n. 90

P. Piscitello, in Museo Nazionale di Capodimonte. Dipinti del XVIII Secolo, la scuola napoletana. Le collezioni borboniche e postunitarie, a cura di N. Spinosa, pp. 126 - 127, n. 95, con bibliografia precedente
ESTIMATE € 4.000 - 6.000
90
MARZIO MASTURZIO
(Attivo tra Napoli e Roma alla metà del XVII)
Carovana turchesca
Olio su tela, cm 93X157

Allievo e amico di Salvator Rosa (B. De Dominici, Vite dei pittori, scultori e architetti napoletani, Napoli 1742-1745, III, pp. 254-255), il catalogo dell'artista trova nelle due battaglie conservate alla Galleria Corsini di Roma i documenti figurativi per definirne la produzione. L'opera in esame dimostra le peculiari qualità artistiche del pittore e la sua origine napoletana, ma anche l'adesione ai moduli barocchi del Courtois. La stesura, morbida e pastosa, chiara e armonica rivela notevoli qualità ornamentali, espresse con una verve e una cifra stilistica personalissima. Un altro aspetto da considerare sono il tema raffigurato e le dimensioni inusuali al pittore, solitamente dedito al genere della battaglia e all'uso di formati ben più contenuti. Queste caratteristiche rilevano un'indubbia indole narrativa, capace di esprimersi con sentimenti illustrativi che esulano dall'esclusiva visione battagliastica, evidenziando come la propria formazione partenopea si evolva sugli esempi capitolini di Pietro da Cortona e su una personalissima interpretazione del Classicismo seicentesco. Restano comunque ben riconoscibili gli stilemi tipici, distinguibili non solo analizzando le conseguenze gestuali del proprio dipingere ma anche osservando la tonalità cromatica e la diffusa luminosità con cui ha concepito la scenografia.

Bibliografia di riferimento:

G. Sestieri, I Pittori di Battaglie, Roma 1999, pp. 382-393, con bibliografia precedente
ESTIMATE € 4.000 - 6.000
105
GIAMBETTINO CIGNAROLI
(Verona, 1706 - 1770)
San Giuseppe da Copertino
Olio su tela, cm 48X38
Provenienza: Milano, Collezione Ferrario
Christie's Roma, 14-15 novembre 1973, n. 20
Bibliografia: L. Magugliani, Pittori e pitture: taccuino di viaggio, Milano 1964, fig.86, F. Bonsignori, Catalogo Bolaffi della pittura italiana del'600 e del '700, Torino 1974, p. 51
Archiviazione Zeri: Numero scheda 65380, Serie Pittura italiana, Numero busta 0605, Intestazione busta Pittura italiana sec. XVIII. Verona, Numero fascicolo8; Intestazione fascicolo Giambettino Cignaroli
La tela raffigura uno dei celebri rapimenti estatici che culminavano con la levitazione alla quale fu soggetto San Giuseppe da Copertino. Il soggetto fu ampiamente rappresentato dai pittori del XVIII Secolo, non solo per la straordinarietà di questi fenomeni, ma anche grazie alla biografia dedicata al Santo compilata da Domenico Bernini, figlio di Gian Lorenzo, che ebbe un'ampia diffusione. A questo proposito è interessante rilevare che l'iconografia del dipinto qui presentato par guardare all'incisione di Girolamo Giovanni Frezza che fungeva da antiporta al testo berniniano stampato a Roma nel 1722. Di Cignaroli conosciamo un'altra opera dedicata al Santo, quella conservata nella Chiesa di San Francesco di Casalmaggiore (Cfr. I. Turri) di cui è noto anche il disegno preparatorio oggi conservato alla Biblioteca Ambrosiana.
Bibliografia di riferimento: G. Morello, San Giuseppe da Copertino, 'il Santo dei voli', nella interpretazione degli artisti del Settecento, in Visioni ed Estasi, catalogo della mostra a cura di Giovanni Morello, Milano 203, pp. 85 - 91.
I. Turri, Il Settecento a Verona. Tiepolo, Cignaroli, Rotari, la nobiltà della pittura, catalogo della mostra a cura di Fabrizio Magani, Paola Marini, Andrea Tomezzoli, Milano 2011, pp. 139 - 140, n. 22
ESTIMATE € 4.000 - 6.000
106
PITTORE DEL XVII SECOLO
Cesti con frutti
Coppia di tempere su pergamena, cm 32,5X46 (2)

Provenienza:
Villanova d'Asti, Villa Rampari
Christie's Roma 9-10 Giugno 1975, n. 157
Octavianus Montfort (documentato in Piemonte tra il 1680 e il 1689) è un artista noto per la produzione di raffinate nature morte dipinte a tempera su pergamena, le cui notizie sono scarne e le fonti artistiche non riportano informazioni utili a definirne la vicenda biografica. I primi passi della ricerca si devono ad Isarlowche nel 1935 pubblicò una natura morta firmata di una collezione privata parigina. La probabile origine piemontese del pittore si deve ad Andreina Griseri che, in occasione della mostra sulla pittura barocca in Piemonte del 1963, pubblica una serie di opere del Castello di Settime, mentre nel 1971 la Pettinati rende nota una seconda natura morta firmata. A tutt'oggi, però, le due sole composizioni datate, quella del 1680 raffigurante il Bambino Gesù in meditazione e il Vaso di fiori del 1689, ambedue di collezione privata, non risolvono completamente le problematiche per una sequenza cronologica del catalogo, affrontato da Marco Rosci in uno studio del 1985 e da una più precisa definizione dell'artista dal Chiapatti, in una recente mostra curata da Alberto Cottino. Da queste ricerche è possibile stabilire che l'attività del Monfort parta dagli esempi di Giovanna Garzoni, attiva a Torino dal 1632 al 1637, a cui si possono accostare le giovanili pergamene del Museo di Asti. Le opere qui presentate si possono ricondurre alla sua produzione.
Bibliografia di riferimento:
A. Cottino, Octavianus Monfort, in Natura morta italiana tra Cinquecento e Settecento, catalogo della mostra a cura di M. Gregori e J. G. Prinz von Hohenzollern, Milano 2002, p. 104, con bibliografia precedente.
ESTIMATE € 4.000 - 6.000
146
PITTOREDEL XVIII SECOLO
Paesaggio con il ritorno del Figliol prodigo
Olio su tela, cm 145X207
Capriccio è un termine coniato alla fine del Rinascimento che aveva, e ha ancora, secondo i dizionari, due diversi significati con un punto in comune. Un 'capriccio' era un movimento dell'anima, o più precisamente una subitanea eccitazione della facoltà immaginativa che dava origine a ogni genere di sfolgoranti immagini mentali in continuo e rapido mutamento. Tali immagini avevano ben poco a che fare con la realtà; mostravano figure, paesaggi e costruzioni innovative senza alcuna relazione con quelle che il pittore poteva vedere con i suoi occhi. Penso che non possa esserci migliore definizione per descrivere questo peculiare genere artistico e la tela in esame ne illustra bene i presupposti creativi. L'immagine descrive un imponente palazzo dal portico monumentale con maestose colonne e il punto di vista prospettico si apre lungo la parte destra verso un paesaggio montano dove si ergono antiche rovine. L'area di produzione dell'opera si presume emiliana, impressa dagli esempi da Ferdinando Bibiena (Bologna, 1657 - 1743) e Giovanni Paolo Pannini (Piacenza, 1691 circa - Roma, 1765).
ESTIMATE € 4.000 - 6.000
160
GIUSEPPE BALDRIGHI
(Stradella, 1723 - Parma, 1803)
Ritratto di nobiluomini
Olio su tela, cm 70X86
Baldrighi raffina la sua arte a Parigi, il suo maestro dal 1652 al 1656 sarà François Boucher; solo attraverso questa esperienza poteva ambire al ruolo d'artista presso la piccola corte borbonica parmense, dove si parlava comunemente il francese e la cultura era impregnata dal pensiero illuminista. Bastano questi pochi accenni per inquadrare la formazione intellettuale dell'uomo, la cui abitazione 'era il ridotto della gente di lettere e il recapito dei forestieri istruiti'. L'artista predilige il genere del ritratto, e i suoi personaggi manifestano un contatto immediato con l'osservatore presentandosi con sprezzatura quali membri di una società colta e cosmopolita. La medesima immediatezza la riscontriamo nella tela in esame che trova interessanti assonanze con l'Autoritratto con due amici conservato presso la Galleria Nazionale di Parma (olio su tela, cm 53X63,3, inv. 289).

Bibliografia di riferimento:
E. Frattarolo, in Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. Il Settecento, a cura di Lucia Fornari Schianchi, Milano 2000, pp. 95 - 96, n. 703 con bibliografia precedente.
ESTIMATE € 4.000 - 5.000
164
PITTORE DEL XVIII SECOLO
Allegoria della Pittura
Allegoria della Musica
Olio su tela, cm 34X42 (2)
Di bella qualità e conservazione le opere si interpretano quali eleganti allegorie delle arti figurative e musicali. La prima tela raffigura al centro una giovane donna accanto al bassorilievo marmoreo di Antonio Allegri detto il Correggio mentre con la mano sinistra riceve in dono da Minerva la lancia che allude alla Fortezza e alla Costanza. La Musica è invece descritta nell'atto di porgere uno spartito musicale al dio Apollo e lungo il margine destro della scena scorgiamo nell'ombra una cetra e un busto. Lo stile suggerisce una datazione settecentesca e caratteri d'elegante e precoce gusto neoclassico francesizzante e non si esclude in questa sede che l'autore sia uno dei molti artisti francesi che dal 1747 frequentarono la città di Parma quando Don Filippo sposò Luisa Elisabetta, figlia primogenita del re di Francia Luigi XV, la cui influenza determinò una decisa evoluzione del costume e dei comportamenti: lo spagnolo fu sostituito dal francese e numerose maestranze d'oltralpe (architetti, arredatori, ebanisti, scultori o sarti) contribuirono a modificare il volto del Ducato; fra i nomi più illustri si ricorda l'architetto Petitot e lo scultore Boudard, mentre il governo fu di fatto esercitato da ministro Du Tillot, che riformò diversi settori della pubblica amministrazione.
ESTIMATE € 4.000 - 6.000
169
GAETANO CUSATI (Attr. a)
(attivo in Italia meridionale tra la fine del XVII secolo, primi decenni del XVIII secolo - Napoli 1720)
Natura morta
Olio su tela, cm 75X100
La tradizionale attribuzione a Gaetano Cusati viene qui riproposta con la dovuta formula prudenziale, necessaria quando si affronta lo studio della natura morta d'epoca barocca. La squisita valenza decorativa del 'genere' infatti, dettò la sua grande diffusione commerciale e collezionistica che obbligava gli atelier a soddisfare un'ampia richiesta e l'impiego di pittori specializzati. Si presume che la tela sia ancora databile al XVII Secolo, quando i primi accenni rococò si svolgevano timidamente e in questo caso la rigorosa disposizione delle diverse specie floreali sembra ancor vincolata a modelli arcaici e fortemente naturalistici, tuttavia si percepisce una leziosità settecentesca che in ambito napoletano esprimerà grandiosamente Andrea Belvedere e i suoi numerosi allievi. Anche la luminosità tenebrosa riconduce all'antico gusto naturalistico, a quel sentimento caravaggesco che imprime agli artisti un severo realismo anche quando affrontano soggetti di fantasiosa decorazione.
ESTIMATE € 4.000 - 6.000