102
VINCENZO MARTINELLI (Bottega di)
(Bologna, 1737 - 1807)
Paesaggio campestre con fiume e figure
Paesaggio lacustre con pescatori
Olio su tela, cm 45,5X62 (2)
Genericamente riferiti alla scuola veneta, i paesaggi in esame trovano analogie stilistiche e morfologiche con la produzione di Vincenzo Martinelli, erede del 'temperismo bolognese' e dedito principalmente a descrivere paesaggi dal carattere bucolico e arcadico.
ESTIMATE € 2.000 - 3.000
156
VINCENZO LAGORIO (Attr. a)
Natività della Vergine
Olio su tela, cm 178X141
L'opera presenta le peculiari dimensioni di una pala d'altare domestica e se lo stile si misura ancora con una tradizione arcaica, la tecnica risponde a una conduzione assai più tarda, corrispondente ai primi decenni del XVII Secolo. Appare allora evidente che ci troviamo al cospetto di un'opera concepita da un pittore periferico, suggestionato dagli aulici modelli della tarda maniera e partecipe di una committenza non aggiornata. L'attribuzione a Vincenzo Lagorio proposta con tutte le prudenze del caso trova confronto con la tela raffigurante la Madonna col Bambino e i Santi Michele Arcangelo e Antonio Abate sita nella parrochiale di San bartolomeo a Ponzano e con la Decollazione del Battista conservata nella chiesa di San Giovanni Battista a Varese Ligure recentemente pubblicate da Piero Donati.

Bibliografia di riferimento:
P. Donati, Pittura in provincia della Spezia, dal Medioevo alla metà dell'Ottocento, Sarzana 2002, p. 20, n. 10, fig. 6, tav. XI.
ESTIMATE € 2.000 - 3.000
75
VINCENT MALO'
(Cambrai, 1600 - Roma, 1650)
Adorazione dei Magi
Olio su rame, cm 53X44
Discepolo di Rubens e Anton van Dyck ad Anversa, Malò si affermò come pittore di successo in Italia. La critica ha sempre stabilito la probabile data d'arrivo nella penisola al 1634, dove svolse la sua arte prevalentemente a Genova e le fonti storiche lo indicano quale maestro di Anton Maria Vassallo. Il dipinto in esame è stato ricondotto al catalogo dell'artista da Camillo Manzitti e si qualifica tra le testimonianze della sua attività italiana, probabilmente attorno al 1640, quando probabilmente si trovava a Firenze prima di raggiungere la Città Eterna. La stesura pittorica esuberante e l'impianto scenico mostrano la stretta derivazione rubensiana, filtrata dai modi del giovane Van Dyck, per quel 'ottimo gusto di pennelleggiare' nello stile del grande fiammingo, qui tradotto con singolare tetralità e contrappunto cromatico di notevole effetto. Singolare è altresì la dimensione e la preziosità del supporto, quest'ultima fondamentale per creare gli effetti traslucidi delle velature ed evocarne al meglio la luminosità. Rubens affrontò più volte il tema dell'Adorazione dei Magi, come si evince osservando la grande tela del Museo Reale di Belle Arti di Anversa realizzata nel 1624 (cm 447X336; inv. 298), quella del Musee des Beaux-Arts de Lyon, (cm 251X328; inv. A 118) ed infine quella della cappella del King's College a Cambridge (fig. 1; olio su tavola, cm 328X246,5), opere che possiamo considerare quali principali modelli. Per quanto riguarda il nostro autore, ricordiamo la versione conservata al Museo dell'Accademia Ligustica, ma in modo particolare una versione simile realizzata su rame ottagonale pertinente alla Galleria Estense di Modena (fig. 2; cm 22X16; inv. 302).

Ringraziamo Camillo Manzitti per l'attribuzione dell'opera

Bibliografia di riferimento:

A. Orlando, Anton Maria Vassallo, Genova 1999, pp. 13 - 18

G. Ghiraldi, Parva Pictura, piccola quadreria estense, catalogo della mostra a cura di J. Bentini, Modena 1994, pp. 50-51, n. XXX, con bibliografia precedente
ESTIMATE € 6.000 - 8.000
167
STEFANO POZZI
(Roma, 1699 - 1768)
Allegoria della Pace e della Giustizia
Olio su tela, cm 75X47
Lo stile del dipinto palesa una datazione settecentesca e l'ottimo stato di conservazione concede una ideale lettura degli aspetti cromatici e disegnativi. La rappresentazione descrive al centro due figure femminili assise su una nuvola che impersonano la Pace e la Giustizia contornate da putti che sorreggono la fiaccola, la cornucopia e il caduceo, simboli dell'Amore, dell'Abbondanza e della Ragione. La parte inferiore è dedicata all'allegoria dell'affetto materno e in basso a destra osserviamo la figurazione profetica di Isaia (11,1-7) del lupo che dimorerà insieme all'agnello; allusione alla grazia di Cristo che genererà l'unione e la comprensione tra gli uomini. L'opera trova una precisa corrispondenza illustrativa con la tela conservata presso la Reggia di Caserta (cm 370X320) che Stefano Pozzi eseguì attorno alla metà del settimo decennio quale modello pittorico per uno degli arazzi destinati alla camera da letto di Ferdinando IV nel Palazzo Reale a Napoli (fig.1). Il progetto iconografico imperniato sull'esaltazione delle virtù amorose e coniugali unite a quelle politiche, fu concepito da Luigi Vanvitelli nel 1761 e dall'anno successivo la direzione dei lavori passò a Ferdinando Fuga e oltre al Pozzi vi parteciparono Pompeo Batoni, Giuseppe Bonito, Corrado Giaquinto e Francesco de Mura. Appare chiaro allora che la nostra tela è il modelletto dell'imponente pala casertana che abbinata al disegno preparatorio (mm 292X265) oggi conservato al Museo di Baltimora, esprime la complessa procedura creativa dell'artista (fig.2). A questo proposito è altresì utile il confronto con il bozzetto riferito alla bottega del Pozzi da Amalia Pacia per cogliere le disarmonie che ci permettono di apprezzare la qualità del dipinto qui presentato, in cui non appaiono quei difetti d'esecuzione ed errori interpretativi esprimendo invece le qualità necessarie a formulare l'attribuzione.

Bibliografia di riferimento:
G. Michel, A. Pacia, S. Susinno, Stefano Pozzi, in I Pittori Bergamaschi, Il Settecento, IV, pp. 21 - 233, n. 3, p. 124, figg. 124/3 con bibliografia precedente.
ESTIMATE € 3.000 - 5.000
50
REMBRANDT HARMENSZ VAN RIJN (Seguace di)
(Leida, 1606 - Amsterdam, 1669)
Ritratto di gabelliere
Olio su tela, cm 69X56
Fin dall'antichità la figura dell'avaro fu oggetto di grande interesse da parte di scrittori e poeti, diventando tema di scherno, ma anche di ammonimento morale o in alcuni casi, quale immagine evangelica dell'apostolo Matteo. Nell'opera qui proposta, in cui il pittore sembra in un certo qual modo volersi richiamare alla grande tradizione caravaggesca e rembrandtiana, il protagonista è rappresentato nell'atto di dedicarsi alla propria occupazione preferita: contare il denaro, oggetto del proprio godimento e custodito in una scatola lignea platealmente trattenuta con la mano.
ESTIMATE € 2.000 - 3.000
154
PLACIDO COSTANZI
(Roma, 1702 - 1759)
Venere e Marte
Olio su tavola, cm 49X89
Pittore tuttora in gran parte sottovalutato e trascurato dalla critica, Placido Costanzi è uno tra gli esponenti più interessanti della pittura romana settecentesca. Gli studi condotti negli ultimi anni da Giancarlo Sestieri, Arnauld Brejon de Lavergnée e Anthony M. Clark, solo per citare i principali, hanno delineato una figura di grande levatura, la cui fama e fortuna fu certamente schiacciata dalle personalità di Francesco Trevisani, suo maestro insieme a Bendetto Luti, Sebastiano Conca e Pompeo Batoni. Detto ciò, l'aspetto da sottolineare introducendone la personalità artistica, è l'alto merito delle sue opere, contrassegnate da un disegno impeccabile e una stesura straordinaria, altresì caratterizzata da una pasta pittorica di medesimo livello qualitativo. Il dipinto qui presentato, comprova assai bene tali asserzioni critiche e si colloca cronologicamente alla maturità dell'artista, attorno al terzo decennio, prossimo alla tela raffigurante Latona e i contadini della Licia, entrambi provenienti dalla Collezione Lemme e per donazione ora conservati presso Palazzo Chigi in Ariccia.

Il dipinto è stato attribuito a Placido Costanzi da Francesco Petrucci.

Bibliografia di riferimento:
A. M. Clark, An introduction to Placido Costanzi, in 'Paragone Arte', 19.1968,219/239, pp. 39-54.
G. Sestieri, Aggiunte a Placido Costanzi, in 'Paragone Arte', 42. 1991, pp. 66-77.
G. Sestieri, Repertorio della Pittura Romana della fine del Seicento e del Settecento, Torino 1994, I, p. 66.
F. Lemme, in Il Museo del Barocco Romano. La Collezione Lemme a Palazzo Chigi in Ariccia, a cura di F. Petrucci, Roma 2007, pp. 134- 135, n. 65.
S. Loire, in Il Museo del Barocco Romano. La Collezione Lemme a Palazzo Chigi in Ariccia, a cura di F. Petrucci, Roma 2007, pp. 136-137, n. 66.
ESTIMATE € 5.000 - 8.000
146
PITTOREDEL XVIII SECOLO
Paesaggio con il ritorno del Figliol prodigo
Olio su tela, cm 145X207
Capriccio è un termine coniato alla fine del Rinascimento che aveva, e ha ancora, secondo i dizionari, due diversi significati con un punto in comune. Un 'capriccio' era un movimento dell'anima, o più precisamente una subitanea eccitazione della facoltà immaginativa che dava origine a ogni genere di sfolgoranti immagini mentali in continuo e rapido mutamento. Tali immagini avevano ben poco a che fare con la realtà; mostravano figure, paesaggi e costruzioni innovative senza alcuna relazione con quelle che il pittore poteva vedere con i suoi occhi. Penso che non possa esserci migliore definizione per descrivere questo peculiare genere artistico e la tela in esame ne illustra bene i presupposti creativi. L'immagine descrive un imponente palazzo dal portico monumentale con maestose colonne e il punto di vista prospettico si apre lungo la parte destra verso un paesaggio montano dove si ergono antiche rovine. L'area di produzione dell'opera si presume emiliana, impressa dagli esempi da Ferdinando Bibiena (Bologna, 1657 - 1743) e Giovanni Paolo Pannini (Piacenza, 1691 circa - Roma, 1765).
ESTIMATE € 4.000 - 6.000
184
PITTORE VENEZIANO DEL XVIII SECOLO
Giacobbe e Labano
Penna, inchiostro marrone e guazzo, cm 25X31,5
Attribuito a un artista veneto del Settecento, l'opera raffigura Giacobbe che si accomiata da Labano, la composizione è delineata con un segno veloce e a tratti, completata da un'acquerellatura atta a tratteggiare i volumi e la resa atmosferica di stretta sensibilità rocaille ed esiti non distanti dalle prove grafiche di Gaspare Diziani (Belluno 1689 - Venezia 1767).
ESTIMATE € 200 - 300
118
PITTORE VENETO DEL XVIII-XIX SECOLO
Veduta dell'ingresso al Canal Grande e la chiesa della Salute
Olio su tela, cm 44X64
Il successo internazionale del vedutismo veneziano è inevitabilmente legato alla figura di Antonio Canal detto Canaletto (Venezia, 1697 - 1768), i cui prodigi pittorici trovarono slancio nella conformazione stessa della città, in quel galleggiare sull'acqua delle architetture: una città dal paesaggio urbano indimenticabile, intriso di mare e cielo, che ben si prestava al ricordo nostalgico dei visitatori stranieri, desiderosi di serbarne memoria. Non ci sorprende allora la straordinaria fortuna dei suoi modelli visivi, che generò una folta schiera di seguaci e imitatori fino a tutto il XIX Secolo. L'opera qui presentata si inserisce agevolmente in questo filone illustrativo e nello specifico l'immagine fa riferimento a quella del Museum of Fine Arts di Houston (olio su tela, cm 49,5X72,5) datata dal Constable su base documentaria al 1730 grazie al carteggio tra il console inglese a Venezia Smith e Hugh Howard che gli annuncia l'arrivo dell'opera insieme al suo Pendant a Londra. E' difficile in questo caso propore un'ipotesi attributiva, ma è interessante valutare tradizionale riferimento a Vincenzo Chilone (Venezia, 1758 - 1839) che accompagna queste tele. Chilone perpetua nei primi anni dell'800 la grande tradizione Canalettiana e congiuntamente a Giuseppe Bernardino Bison e Giuseppe Borsato si può considerare uno dei più significativi artisti veneziani dell'epoca. La sua attività, come per molti altri pittori di veduta, si indirizzò sia alla decorazione a fresco sia alla scenografia teatrale. Nel 1795 infatti, si trasferì a Udine dove fu impegnato come pittore prospettico nella decorazione del nuovo teatro cittadino e vi si trattenne per circa un ventennio. Fatto ritorno a Venezia nel 1814 l'artista si dedicherà esclusivamente alla veduta.
ESTIMATE € 3.000 - 4.000
117
PITTORE VENETO DEL XVIII-XIX SECOLO
Veduta del Bacino di San Marco
Olio su tela, cm 44X64
Pendant della precedente la tela riprende il taglio d'immagine canalettiano concepito per raffigurare la Partenza del Bucintoro nel giorno dell'Ascensione (Abbey, Collezione del Duca di Bedford, olio su tela, cm 115,5X194) e anch'essa rivisistata in varie redazioni con lievi differenze d'inquadratura.
ESTIMATE € 3.000 - 4.000
188
PITTORE VENETO DEL XVIII SECOLO
Due Frati
Penna, inchiostro marrone e guazzo, cm 17,2X23,7
GIà attribuito a Sebastiano Ricci (Belluno 1659 - Venezia 1734), il foglio è qui ricondotto alla mano di un autore veneto settecentesco. L'immagine descrive lo studio grafico di due frati abbigliati con ampie tonache, ma non abbiamo riferimenti illustrativi per rintracciare l'eventuale opera finita o un preciso confronto con la mano del maestro.
ESTIMATE € 500 - 600