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Arte Digitale. Garanzie, Picasso e NFT

di Giuseppe Calabi

Fino a qualche anno fa, opere d’arte e blockchain sembravano esistere su due rette parallele destinate a non incrociarsi mai. I recenti sviluppi del mercato dell’arte ci hanno invece insegnato che è vero l’opposto: blockchain e NFTs stanno diventando elementi correnti del dizionario del mercato dell’arte, soprattutto per ciò che concerne le garanzie relative ad autenticità e provenienza delle opere.
Prima di investigare il ruolo di questi nuovi strumenti nel mercato dell’arte, occorre capire quale sia, in termini giuridici, il funzionamento della garanzia in relazione ad autenticità, provenienza e garanzia del venditore in relazione alle opere d’arte, e quindi capire perché questi strumenti digitali possono diventare una importante risorsa.

Trattando del tema in termini strettamente giuridici, quali sono gli obblighi di garanzia del venditore di un’opera d’arte, ad esempio, di un quadro di Picasso?
Sicuramente, il venditore di un Picasso non deve tokenizzare l’opera, ma deve prestare un certo grado di diligenza, soprattutto se desidera evitare che l’acquirente eserciti rimedi nei suoi confronti (in altre parole, che risolva la vendita e richieda la liquidazione di danni, oltre alla restituzione del prezzo).
L’ordinamento italiano prevede infatti l’obbligo, in capo al venditore, di garantire l’acquirente avverso i vizi che rendano la cosa inidonea all’uso o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore (art. 1490, co. 1 codice civile), salvo che il compratore conoscesse tali vizi al momento della conclusione del contratto, o se fossero facilmente riconoscibili. Tutto questo, a meno che il venditore non abbia garantito che la cosa era esente da vizi (art. 1491 codice civile).
Sul tema, un’attribuzione che muta nel tempo può essere considerata un vizio? Secondo la giurisprudenza, la risoluzione del contratto di vendita per aliud pro alio, che quindi si fonda sul presupposto che il contratto di compravendita abbia ad oggetto un bene diverso da quello in concreto ceduto, può essere fatta valere solo ove l’autenticità sia stata garantita dal venditore o pattuita dalle parti (Cass. 7299/93 e 17995/2008): solo in questo caso, quindi, l’autenticità potrà operare come elemento identificativo dell’opera oggetto di vendita idoneo a giustificare la risoluzione del contratto in caso di cambio di attribuzione o inautenticità.
È quindi evidente che un acquirente avveduto provvederà alla formalizzazione nel contratto di compravendita di tale garanzia.

Che ruolo hanno quindi expertise, perizie e certificati di autenticità?
Tali documenti sono generalmente rilasciati da soggetti (auspicabilmente, ma purtroppo non sempre, esperti di un determinato artista o corrente artistica) i quali si esprimono liberamente sull’opera sottoposta al loro esame. Generalmente, la giurisprudenza riconosce valore di opinione a tali documenti. Pertanto, salvo che non sia dimostrabile la negligenza o la malafede di chi ha rilasciato la dichiarazione, il fatto che l’opinione ivi espressa sia successivamente smentita non comporta la responsabilità dell’esperto che la abbia rilasciata e, spesso, non incide sul contratto di compravendita relativo all’opera la cui attribuzione sia mutata, anche a causa delle preclusioni temporali che regolano i rimedi e alla regola generale di prescrizione dei diritti.
Pur potendo essere mutevoli, i documenti relativi ad autenticità (o attribuzione) e provenienza rimangono fondamentali nella compravendita di opere d’arte: si pensi a tal proposito che gli operatori professionali hanno l’obbligo di consegnare all’acquirente la documentazione che attesti l’autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza dell’opera oggetto di alienazione disposto dall’art. 64 del Codice dei Beni Culturali (D. Lgs. 42 del 22 gennaio 2004).
Infine, specialmente nell’ambito dell’arte contemporanea, una particolare attenzione dovrà essere riservata agli artisti e ai loro eredi, titolari dei diritti morali d’autore: tali soggetti sono infatti legittimati a riconoscere o negare la paternità di un’opera in capo all’artista. In altre parole, possono decidere se un’opera è autentica o no. Questo meccanismo, che di solito si concretizza nel cosiddetto certificato di autentica, assume in alcuni casi forme e procedure particolari: un esempio è quello dei wall drawings di un noto artista, sempre accompagnati da un certificato dell’artista redatto ad hoc per l’acquirente dell’opera, con indicazione dell’ubicazione dell’opera medesima e impegno da parte dell’acquirente a comunicare la cessione dell’opera cosicché l’artista potesse conoscere e tracciare le proprie opere attraverso il rilascio di un nuovo certificato indirizzato al secondo acquirente.
In conclusione, seppur suscettibili di mutamento, expertise, certificati e perizie costituiscono sempre una base fondamentale tramite cui orientarsi nella vendita e nell’acquisto di un’opera d’arte.

Il presente e il futuro: blockchain e NFT
In questo contesto, occorre ora domandarsi quale funzione possano avere i nuovi strumenti di autenticazione digitale, come blockchain e NFT.
Gli strumenti di tracciamento delle opere d’arte come quelli ideati tramite blockchain costituiscono valide soluzioni, soprattutto per quanto riguarda la prova della provenienza di un’opera, i cui effetti saranno però concretamente percepibili non prima delle prossime decadi.
Qualche scetticismo in più potrebbe sussistere in relazione alla prova dell’autenticità delle opere tramite blockchain: infatti, posta la mutevolezza dell’identità delle opere d’arte, mentre per le opere di artisti contemporanei di “crypto-art”, come ad esempio Beeple, il sistema dei NFT è una soluzione assolutamente praticabile (trattandosi di opera d’arte digitale), in relazione alle opere più antiche (si pensi ancora al nostro quadro di Picasso) sarà oggettivamente più difficile ricostruire la catena di provenienze o fornire un giudizio di attribuzione sicuro, anche per il tramite di questo strumento.
Sarebbe tuttavia un’occasione sprecata per il mercato non valutare con debita attenzione e curiosità questi nuovi sistemi, e cercare di utilizzarli al meglio nell’ambito delle cessioni di opere (anche) tradizionali.

In ogni caso, sicuramente, varrà anche nel caso di questi nuovi strumenti la regola d’oro delle vendite di opere d’arte, secondo cui più l’opera è assistita da documentazione che ne attesti attribuzione e provenienza, più sarà possibile confidare nel fatto di aver effettuato una corretta indagine preventiva.
Sarà interessante, in futuro, osservare in che modo si relazioneranno le catene di informazioni nelle blockchain e i certificati di autenticità: che succederà se, ad esempio, un’opera circolata come autentica accompagnata da certificazione su blockchain venisse a un certo punto dichiarata non genuina?

In conclusione, i recenti casi legati alla crypto-art ci inducono a riflettere sul mondo dell’arte nel suo complesso, e sul fatto che vi è crescente attenzione alla trasparenza del mercato, che si sostanzia anche nel chiaro tracciamento della provenienza e nella certificazione dell’autenticità delle opere, e che le garanzie rilasciate su questi punti hanno, quindi, un peso e un valore sempre più forte.