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LO SGUARDO DELLA MODERNITA’. LA COLLEZIONE THOMAS WALTHER

CARNET DE VOYAGE / di Roberta Olcese

“Sì, viaggiare”. Sono sufficienti due parole vicine di un capolavoro di Lucio Battisti per essere catturati da un irrefrenabile desiderio di libertà per tornare dove si sta bene. La chiusura forzata è servita a ristabilire l’ordine delle priorità e la mostra che ognuno visiterà dopo il lockdown resterà nella memoria.
Uno dei primi appuntamenti con la normalità è al Masi di Lugano, nella sede espositiva del Lac, un edificio che non ha volutamente barriere a separarlo dalla strada e dal lago. Fino al 1 agosto sarà aperta in esclusiva per l’Europa la mostra “Capolavori della fotografia moderna 1900 – 1940: la collezione Thomas Walther del Museum Of Modern Art di New York”. La storia è quella di un collezionista, Thomas Walther nato negli anni ’50 in Germania, che dal 1977 per vent’anni acquista fotografie scattate tra le due guerre mondiali. La selezione è del tutto personale, ci sono autori noti, reporter sconosciuti e le immagini di vario formato sono naturalmente tutte in bianco e nero. La figura di Walther aleggia nella collezione ma resta riservata. Fatto salvo per un’intervista esclusiva che fa parte del percorso e chiarisce i dubbi su perché questo giovane cresciuto fin da piccolo nei musei della sua città, abbia iniziato a raccogliere scatti. Fino a quando il Moma nel 2001 e poi nel 2017 si è offerta di acquistarglieli. Siamo abituati a leggere di donazioni spesso autocelebrative ai musei, in questo caso l’istituzione americana si rende conto di avere un “buco” da colmare nel dipartimento di fotografia: mancano proprio gli scatti tra le due guerre, quelli che l’intuito del giovane ragazzo tedesco aveva piano piano riunito. Thomas nel frattempo si era trasferito a New York, aveva stabilito relazioni con alcuni fotografi ormai al crepuscolo della loro esistenza e, per le sue capacità, era entrato nella commissione fotografia del Moma. La richiesta però lo ha sorpreso e inorgoglito e racconta come fin dagli albori il gruppo di fotografie abbia preso corpo e acquistato significato: “Ogni collezionista ha in mente una lista segreta di opere che avrebbe voluto aggiungere alla sua raccolta ma che in qualche modo gli sono sfuggite”. Spiega e svela che “non si sa bene come queste opere che mi erano sfuggite comparivano nuovamente sotto una forma nuova ed entravano a far parte della mia collezione”. Un certo fatalismo collegato però alla realtà: “di solito la qualità si affianca bene alla qualità”. Un paradigma non scontato. Il messaggio di ogni lavoro doveva essere forte, convincente e sposarsi bene con le altre opere. E così è stato. Uno dei valori aggiunti è che le stampe sono tutte d’epoca. Ai tempi c’era abbondanza di materiale e sia i fotografi operativi negli anni ’20 del Novecento e i dealer ritenevano inutile ricorrere alla ristampa. “Nel tempo mi sono convinto che il valore di una stampa vintage superi l’importanza di una successiva perché ha una coerenza e congruenza che la rende in un certo senso più convincente”. Walther lancia un bel macigno, basta pensare alle fusioni postume di alcuni capolavori della storia della scultura. La collezione di Thomas Walther riunisce alcune delle migliori firme anche femminili del panorama internazionale. Da André́ Kertész fotografo ungherese vicino di casa di Walther a New York a Ilse Bing, fotografa tedesca d’avanguardia tra le due guerre, la surrealista francese Maurice Tabard, Henry Cartier-Bresson, Germaine Krull, Franz Roh, e poi ancora l’attivista italiana Tina Modotti cresciuta professionalmente in Messico accanto a Edward Weston suo collega e compagno. Al Lac sono esposti 230 scatti dei 383 acquistati dal Museo americano. Jane Pierce curatrice del Moma sottolinea l’elemento imprescindibile della “sperimentazione” che ha guidato gli artisti in genere nella prima parte del Novecento. Una delle foto manifesto è di John Guttman (1905 – 1998) e inquadra la campionessa olimpica di tuffi Marjorie Gestring in una posizione perfetta che ha del surreale: la ragazza è allineata in aria con il trampolino. Siamo nel 1935 e Marjorie ha 12 anni, l’anno dopo avrebbe conquistato il podio olimpico a Berlino, diventando la più giovane medaglia d’oro all’epoca. L’atleta è stata ritratta infinità di volte per le riviste ma nessuno è riuscito a sublimarla in questo modo: il cielo è terso, non c’è niente tra l’occhio del fotografo e lei. Tra gli scatti più all’avanguardia è esposto il ritratto “Woman smoking” dei coniugi Cami e Sasha Stone. È il 1928, siamo alla fine della Golden Age negli anni ’20 a Berlino, la protagonista di questo scatto è una donna dall’aria sbarazzina, i capelli corti e le labbra con un rossetto che sembra gloster per come brilla. Gli Stone lavorano molto per le riviste tedesche, in questo caso hanno immortalato “la donna nuova, indipendente con un sorriso seduttore” spiega Pierce. Tra i capolavori “Mondrian’s Glasses and Pipe” un’immagine surrealista del 1926 scattata dal fotografo ungherese André́ Kertész. Il formato è quello di una cartolina. Pare che Kertész lo usasse spesso perché gli permetteva di sviluppare le immagini nella sua stanza. “E potresti ripartire. Certamente non volare. Ma viaggiare” canta come un mantra Battisti in quello che è ancora oggi uno dei suoi capolavori.