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Dipingere in piccolo

Giudicato un genere minore, la miniatura intesa come ritratto di piccole dimensioni ricoprì un ruolo importante dal punto di vista artistico, con risvolti sociali e sentimentali affatto marginali. Tuttavia, fu probabilmente il suo carattere confidenziale a determinare la scarsa attenzione da parte delle fonti antiche, altresì distratte dalle gerarchie dei generi e dal “fare grande”. Nondimeno, l’arte del ritratto denota la precisa consapevolezza dell’uomo in quanto individuo e non è forse un caso che la miniatura abbia la sua origine in epoca rinascimentale e in aree nordiche, inizialmente in Francia e poche generazioni dopo in area fiamminga, nelle botteghe di Bruges e Gand, che a loro volta introdussero la moda in Inghilterra. In Italia, paese in cui il ritratto era strettamente allusivo delle condizioni sociali dell’effigiato e inizialmente subordinato all’imitazione dei profili di età classica, nel corso del Cinquecento era dedicato ad una esigua frazione della società, ma in area lombarda si osservano i primi casi in cui “l’etichetta” vien meno e artisti come il bergamasco Giovanni Battista Moroni è ricercato dai ceti borghesi, desiderosi di esprimere il loro buon gusto, le proprie capacità professionali e una prosperità economica dettata dal lavoro. Tornando alla produzione dei ritratti in piccolo, la loro finalità era “sentimentale”, destata dalla volontà di donare o ricevere l’immagine di una persona cara, oppure alludere a una promessa di matrimonio. In entrambi i casi e in virtù delle contenute dimensioni, queste opere sembrano destinate a essere custodite sulla propria persona o in uno studiolo. Questo implicava una ponderata descrizione, in cui prevaleva la verosimiglianza e la sprezzatura, a sottolineare la “familiarità” con l’effigiato. L’esecuzione invece, non era appannaggio di specialisti come avvenne durante il XIX secolo, ad esempio, i “Ritrattini medicei” destinati allo Studiolo di Cosimo I furono eseguiti dal Bronzino, ma è oramai assodato che i pittori, anche di gran nome, si dedicarono a comporre opere in piccolo, e durante il XVII secolo si assiste a una vera e propria fortuna del genere. Dal punto di vista tecnico, invece, gli autori d’età barocca predilessero i preziosi supporti di rame, ma non sono rare le opere su tavoletta o pergamena, mentre nel corso del Settecento iniziò l’impiego dell’avorio dipinto a tempera o all’acquerello, apprezzato per gli effetti di trasparenza traslucida sia pur impiegato con parsimonia per gli elevati costi e la difficoltà di reperire il materiale. È comunque indubbio che i ritratti in miniatura raccontano non solo una particolare vicenda della storia dell’arte, ma altresì una straordinaria storia del costume e della cultura e il loro studio apre inaspettate vie di ricerca. Basti pensare al misterioso Gaspare Passerotti, figlio del celebre Bartolomeo e ricordato dal Malvasia “egregio nelle miniature” e cosa pensare delle opere riferibili allo stretto ambito carraccesco, per non dire dei ritrattini di scuola romana o veneziana, che suggeriscono riferimenti a celebri maestri come Ottavio Leoni o Girolamo Forabosco.

Nell’asta genovese di Dipinti Antichi del 29-30 novembre 2022 verrà esitato un corpus di oltre cinquanta lotti che raccontano la grande storia della memoria in piccolo formato (113 – 166).