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Ansel Kiefer. Non c’è niente di eterno sotto il sole

Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce. Quella che a prima vista sembra una trovata spiritosa, è in effetti molto di più: significa che non c’è niente di eterno sotto il sole. Noi non possiamo fare nulla che abbia valenza di eternità. Eterno è soltanto questo sforzo. E quindi non c’è neanche il capolavoro che sopravvive ai millenni. Da artista, vorrei certamente creare l’opera ma, quando comincio sulla tela bianca, so bene che questo è già la sua negazione. Un tempo mi angustiavo al pensiero di non riuscire a creare un “capolavoro”. Pensavo che fosse per mancanza di talento, ma è un principio fondamentale: lo scopo non è il quadro finito ma il movimento, il flusso costante, il cambiamento perpetuo (…) Non riprodurrò la storia di Venezia, i costanti alti e bassi, cronologicamente, bensì come simultaneità, la simultaneità di un qualcosa e del nulla”.

Ansel Kiefer con queste parole spiega il titolo e le ragioni di una serie di nuove opere esposte nella Sala dello Scrutinio e nella Sala della Quarantia Civil Nova di Palazzo Ducale a Venezia in occasione della 59a Biennale d’Arte.

Kiefer è stato invitato dalla Fondazione Musei Civici di Venezia (MUVE) a presentare un’installazione di dipinti site-specific che dialogano con uno degli spazi più importanti di Palazzo Ducale e con la storia di Venezia.

Palazzo Ducale ha accolto generazioni di artisti tra i quali Giovanni Bellini, Vittore Carpaccio, Tiziano, Veronese, Tintoretto e molti altri. Lo spazio monumentale e le pareti della Sala dello Scrutinio, la sede designata all’elezione del Doge, sono riccamente decorati da dipinti che celebrano il potere della Serenissima Repubblica di Venezia.

I riferimenti filosofici e letterari sono sempre stati centrali per la comprensione del lavoro di Anselm Kiefer. La mostra prende il titolo Anselm Kiefer Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce (Andrea Emo) dalle parole del filosofo veneto Andrea Emo (1901-1983), i cui scritti Kiefer ha incontrato per la prima volta sei anni fa. Il metodo artistico di Kiefer ha infatti profonde consonanze con il pensiero filosofico di Andrea Emo.

Nell’installazione a Palazzo Ducale Anselm Kiefer riflette inoltre sulla posizione unica di Venezia posta tra il Nord e il Sud e sulla sua interazione tra Oriente ed Occidente trovando connessioni altrettanto significative tra queste differenti culture, la storia della città e il testo dell’opera tragica di Goethe, Faust: Seconda parte  (1832).

Gabriella Belli, storica dell’arte e Presidente della Fondazione Musei Civici di Venezia (MUVE) voleva “realizzare con Kiefer un progetto di arte pubblica nel senso più semplice del termine: pittura come strumento per la collettività, per interrogarsi e riflettere sul valore dell’arte e su quanto la sensibilità di quest’artista straordinario avrebbe potuto catturare e restituirci del nostro tempo presente. E volevo mettere alla prova la capacità di un edificio antico e pieno di storia come Palazzo Ducale di confrontarsi- per la prima volta con tale rilievo- con l’arte contemporanea, d’essere nuovamente, come nel lungo tempo della Repubblica Serenissima, parte attiva nella relazione con i cittadini e con i visitatori, d’essere un luogo dove la creatività potesse svolgere appieno la sua libera funzione di rappresentare e farsi interprete della complessità del proprio tempo (…) Come un unicum, dunque, che si affida alla sensibilità di chi osserva e comprende di farne parte: è questo ciò che l’arte ottiene quando si spoglia di ogni trucco e quando gravida di profezie del passato si riflette nel tempo presente. Ma non illudiamoci che quest’opera ci metta in contatto con la realtà storica, semmai con le forze misteriose della creazione artistica. E’ questa l’esperienza che l’opera di Kiefer ci riserva quando entriamo nella sala dopo aver attraversato il Maggior Consiglio, trionfo del potere della Serenissima (…) Quanti lasceranno con disappunto la sala e quanti si immergeranno invece in queste rovine contemporanee e prenderanno coscienza di come l’arte possa ancora essere un terreno fertile per coltivare domande e quesiti, anche se apre ai nostri occhi verità inaccessibili, anche se ci mostra il buio, la luce e il buio ancora di questo secolo da poco iniziato ma gravido di dolori e di oscuri presagi? I pellegrini dell’arte sopporteranno tutto questo?”.