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MORTLAKE TAPESTRY, ENGLAND, 1750 CIRCA; GOOD CONDITION
cm 388X230
Buono stato di conservazione.
Buono stato di conservazione.
ESTIMATE € 10.000 - 15.000
Questo arazzo racconta l'intricata storia d'amore di Alfeo per Aretusa.
Alfeo era un giovane pastore del luogo al quale gli dei avevano affidato la cura e la custodia di quella sorgente. Aretusa, sentendo la voce, uscì spaventata dall'acqua e il suo primo pensiero fu quello di andare a raggiungere i propri vestiti. Ma Alfeo, come sparviero che insegue sparuta colomba, si mise a inseguirla, cercando di prenderla. La pudica fanciulla, smarrita e tremante, fuggiva veloce e i suoi piccoli piedi, urtando i ciottoli e i pruni spinosi, finirono per straziarsi e sanguinare. Tuttavia correva come il vento, soffrendo e sperando di riuscire a sfuggire a quel falco implacabile che in certi momenti pareva che stesse per allungare le mani e afferrarla. Senza fermarsi Aretusa percorse quel bosco ma Alfeo, più forte di lei, man mano accorciava le distanze, pronto a ghermirla. I due corsero così per tutto il giorno, fino a notte inoltrata. Quando apparve la luna, Aretusa, stanca ed affranta, si volse ad Artemide e le chiese di salvarla. Artemide le mandò in soccorso una nuvola densa che l'accolse e la nascose. Alfeo, che la vide sparire all'istante, cominciò ad invocarla. La ninfa, temendo d'essere presa, non osava fiatare temendo di essere presa. Alfeo le girava d'attorno tastando ogni cosa, ma senza trovarla. Aretusa, con il cuore in tumulto, cercava di acquattarsi alla meglio e intanto continuava a disciogliersi in copioso sudore che ora abbondante le usciva dal corpo. Ai suoi piedi si era ormai formata una pozza crescente di acqua sorgiva e lei continuava a disciogliersi in essa come neve che luccica al sole, mutando la forma e il sembiante in limpida fonte. Artemide commossa le aprì la terra e Aretusa, per sfuggire ad Alfeo, in quella fessura s'immerse e scomparve. Viaggiando per buie caverne sommerse dal mare, dall'Elide venne in Ortigia, la bella isoletta che sta in Siracusa. E in essa, come fonte, tornò a vedere la luce del sole. Alfeo, intanto, disperato per quella improvvisa scomparsa, reso furente d'amore, s'aggirava piangendo nei pressi, sempre invocando l'amata Aretusa. Dai suoi occhi scendevano lacrime amare e il suo giovane cuore quasi moriva di disperazione. E gli dei s'impietosirono anche di lui. Vuoi tu, o Alfeo, congiungerti alla ninfa Aretusa? ; gli domandarono premurosi. Sì ; rispose il pastore ; Lo voglio!
E allora i figli del cielo lo cambiarono in fiume perché potesse andare a mischiare le sue acque con quelle della ninfa Aretusa, fonte sorgente in Ortigia di Siracusa. Fu il compimento di un amore che in terra non era stato possibile fare sbocciare. E Alfeo divenne un gran fiume. Sprofondando sotto terra, egli incanalò le sue acque sotto il fondo del mare, e dopo lungo vagare venne a sgorgare nel Porto Grande di Siracusa, nei pressi della fonte Aretusa, formando con lei una limpida fonte d'acqua sorgiva che i locali ora chiamano 'l'occhio della Zillica'. Ma, in verità, questo fonte altro non è che l'ardente Alfeo, tramutatosi in fiume per amore di Aretusa.
Bibliografia di riferimento:
cfr. Stoll, in Roscher, Lexikon d. griech. u. röm. Myth., I, i, coll. 494-5
Hülsen-Wagner, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., II, i, coll. 680-81
E. Ciaceri, Culti e miti nella storia dell'antica Sicilia, 2ª ed., Torino 1927
Alfeo era un giovane pastore del luogo al quale gli dei avevano affidato la cura e la custodia di quella sorgente. Aretusa, sentendo la voce, uscì spaventata dall'acqua e il suo primo pensiero fu quello di andare a raggiungere i propri vestiti. Ma Alfeo, come sparviero che insegue sparuta colomba, si mise a inseguirla, cercando di prenderla. La pudica fanciulla, smarrita e tremante, fuggiva veloce e i suoi piccoli piedi, urtando i ciottoli e i pruni spinosi, finirono per straziarsi e sanguinare. Tuttavia correva come il vento, soffrendo e sperando di riuscire a sfuggire a quel falco implacabile che in certi momenti pareva che stesse per allungare le mani e afferrarla. Senza fermarsi Aretusa percorse quel bosco ma Alfeo, più forte di lei, man mano accorciava le distanze, pronto a ghermirla. I due corsero così per tutto il giorno, fino a notte inoltrata. Quando apparve la luna, Aretusa, stanca ed affranta, si volse ad Artemide e le chiese di salvarla. Artemide le mandò in soccorso una nuvola densa che l'accolse e la nascose. Alfeo, che la vide sparire all'istante, cominciò ad invocarla. La ninfa, temendo d'essere presa, non osava fiatare temendo di essere presa. Alfeo le girava d'attorno tastando ogni cosa, ma senza trovarla. Aretusa, con il cuore in tumulto, cercava di acquattarsi alla meglio e intanto continuava a disciogliersi in copioso sudore che ora abbondante le usciva dal corpo. Ai suoi piedi si era ormai formata una pozza crescente di acqua sorgiva e lei continuava a disciogliersi in essa come neve che luccica al sole, mutando la forma e il sembiante in limpida fonte. Artemide commossa le aprì la terra e Aretusa, per sfuggire ad Alfeo, in quella fessura s'immerse e scomparve. Viaggiando per buie caverne sommerse dal mare, dall'Elide venne in Ortigia, la bella isoletta che sta in Siracusa. E in essa, come fonte, tornò a vedere la luce del sole. Alfeo, intanto, disperato per quella improvvisa scomparsa, reso furente d'amore, s'aggirava piangendo nei pressi, sempre invocando l'amata Aretusa. Dai suoi occhi scendevano lacrime amare e il suo giovane cuore quasi moriva di disperazione. E gli dei s'impietosirono anche di lui. Vuoi tu, o Alfeo, congiungerti alla ninfa Aretusa? ; gli domandarono premurosi. Sì ; rispose il pastore ; Lo voglio!
E allora i figli del cielo lo cambiarono in fiume perché potesse andare a mischiare le sue acque con quelle della ninfa Aretusa, fonte sorgente in Ortigia di Siracusa. Fu il compimento di un amore che in terra non era stato possibile fare sbocciare. E Alfeo divenne un gran fiume. Sprofondando sotto terra, egli incanalò le sue acque sotto il fondo del mare, e dopo lungo vagare venne a sgorgare nel Porto Grande di Siracusa, nei pressi della fonte Aretusa, formando con lei una limpida fonte d'acqua sorgiva che i locali ora chiamano 'l'occhio della Zillica'. Ma, in verità, questo fonte altro non è che l'ardente Alfeo, tramutatosi in fiume per amore di Aretusa.
Bibliografia di riferimento:
cfr. Stoll, in Roscher, Lexikon d. griech. u. röm. Myth., I, i, coll. 494-5
Hülsen-Wagner, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., II, i, coll. 680-81
E. Ciaceri, Culti e miti nella storia dell'antica Sicilia, 2ª ed., Torino 1927
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