706
A FAENZA ARMORIAL MAIOLICA EWER, 16TH CENTURY; SOME DEFECTS, RESTORATION
di forma costolata e decorata con arma araldica ed inscritto con il contenuto (AQ. A D. Borac per Acqua di Boragine); qualche difetto e restauro
Alt. cm 27,5, larg. cm 14
Alt. cm 27,5, larg. cm 14
ESTIMATE € 9.000 - 12.000
Questa foggia di versatoio è già stata posta in relazione a prototipi in metallo realizzati nel '500 in peltro a sbalzo e in argento, detti appunto nelle fonti 'cavati dall'argento' (C. Ravanelli Guidotti, Faenza; faïence 'Bianchi' di Faenza, Ferrara 1996, pag. 138 e seguenti). Essa inoltre, per il suo tipico corpo bombato e a costolature verticali, negli inventari faentini veniva classificata a melone, e proposta nell¿ambito dei bianchi in diverse varianti tipologiche e decorative. La sua veste, oltre al rimando araldico di committenza, poteva essere istoriata (ivi, scheda 134, pag. 478 e seguenti), ma anche a ricamo, a raffaellesche, come nel servizio di Sassonia dei primi del '600 (ivi , pagg. 358 ; 361, figg. 10d e 10e) oppure a paesaggio, come dimostra un esemplare del Museo di Stoccarda (ivi, pag. 397 e seguenti, fig. 21), e persino totalmente bianca (ivi, scheda 133, pag. 476 e seguenti), così da esaltare la modellazione con la sola purezza e morbida tenerezza dello smalto di candore latteo.
Inoltre, altri campioni di identica foggia essendo dotati di segnatura possono testimoniare che erano prodotti da prestigiose botteghe, quali quella di Virgiliotto Calamelli, come nel caso di un versatoio nelle collezioni del Museo del Castello di Milano (ivi, scheda 25, pag. 138 e seguenti), oppure di Enea Utili, attestata nelle raccolte del Museo di Faenza anche attraverso reperti recuperati dal territorio (ivi, scheda 64, pag. 260 e seguenti).
Lo stemma qui utilizzato, di fattura italiana, presenta un grifo di giallo (d'oro) in campo azzurro, e risulta di non facile identificazione: era ostentato tra gli altri dai Griffi, Bandocci di Firenze, dai Mengolini di Bologna e Faenza e dagli Elioni di Saluzzo. L'ipotesi più suggestiva e prestigiosa sarebbe che fosse legato agli Affaitati di Cremona, marchesi di Grumello e conti di Romanengo, famiglia importante, a capo della fazione guelfa, ascritta al patriziato di Milano e Verona: in Lombardia si estinsero sin dal 1660 nei Barbiano di Belgiojoso d'Este. Diramò anche nel Regno di Napoli, Portogallo e Fiandre (dove ebbe titolo principesco nel XVI secolo). Nel Mezzogiorno furono marchesi di Canosa e vi sono loro palazzi a Napoli e Barletta.
Ma per via della fattura faentina è certamente più plausibile che si tratti di una famiglia emiliana, dunque i Mengolini di Bologna e Faenza, dove avevano un antico palazzo e che da Venerio fecero affrescare una splendida cappella nella chiesa di Santa Caterina dal maestro faentino Giambattista Bertucci il Vecchio (1465-1516). Dei Mengolini esiste anche un rinfrescatoio con loro stemma al museo della ceramica (si veda Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d¿Italia, voll. III-IV, voce Affaitati, 1875 ed ancora G.M. Valgimigli, Dei pittori e degli artisti faentini de secoli XV e XVI, sl, 1871, pag. 17, e Faenza, Bollettino del Museo internazionale delle ceramiche in Faenza 2003, volume 91, 1-6, pag. 31).
Inoltre, altri campioni di identica foggia essendo dotati di segnatura possono testimoniare che erano prodotti da prestigiose botteghe, quali quella di Virgiliotto Calamelli, come nel caso di un versatoio nelle collezioni del Museo del Castello di Milano (ivi, scheda 25, pag. 138 e seguenti), oppure di Enea Utili, attestata nelle raccolte del Museo di Faenza anche attraverso reperti recuperati dal territorio (ivi, scheda 64, pag. 260 e seguenti).
Lo stemma qui utilizzato, di fattura italiana, presenta un grifo di giallo (d'oro) in campo azzurro, e risulta di non facile identificazione: era ostentato tra gli altri dai Griffi, Bandocci di Firenze, dai Mengolini di Bologna e Faenza e dagli Elioni di Saluzzo. L'ipotesi più suggestiva e prestigiosa sarebbe che fosse legato agli Affaitati di Cremona, marchesi di Grumello e conti di Romanengo, famiglia importante, a capo della fazione guelfa, ascritta al patriziato di Milano e Verona: in Lombardia si estinsero sin dal 1660 nei Barbiano di Belgiojoso d'Este. Diramò anche nel Regno di Napoli, Portogallo e Fiandre (dove ebbe titolo principesco nel XVI secolo). Nel Mezzogiorno furono marchesi di Canosa e vi sono loro palazzi a Napoli e Barletta.
Ma per via della fattura faentina è certamente più plausibile che si tratti di una famiglia emiliana, dunque i Mengolini di Bologna e Faenza, dove avevano un antico palazzo e che da Venerio fecero affrescare una splendida cappella nella chiesa di Santa Caterina dal maestro faentino Giambattista Bertucci il Vecchio (1465-1516). Dei Mengolini esiste anche un rinfrescatoio con loro stemma al museo della ceramica (si veda Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d¿Italia, voll. III-IV, voce Affaitati, 1875 ed ancora G.M. Valgimigli, Dei pittori e degli artisti faentini de secoli XV e XVI, sl, 1871, pag. 17, e Faenza, Bollettino del Museo internazionale delle ceramiche in Faenza 2003, volume 91, 1-6, pag. 31).
LOTS
812
A FAENZA MAIOLICA PART SERVICE, 20TH CENTURY; WEAR, DAMAGES, A PIECE MATCHED (113)
A FAENZA MAIOLICA PART SERVICE, 20TH CENTURY; WEAR, DAMAGES, A PIECE MATCHED (113)
ESTIMATE € 3.000 - 4.000
814
A MISCELLANEAOUS COLLECTION OF MAIOLICA TILES, FIRST HALF 20TH CENTURY; LOSSES, WEAR (34)
A MISCELLANEAOUS COLLECTION OF MAIOLICA TILES, FIRST HALF 20TH CENTURY; LOSSES, WEAR (34)
ESTIMATE € 1.000 - 1.200