PIERO DELLA FRANCESCA. IL POLITTICO AGOSTINIANO RIUNITO
Riuscendo in un’impresa già tentata in passato, il Museo Poldi Pezzoli di Milano presenta, riunite per la prima volta, le otto tavole sopravvissute del grande polittico di Piero della Francesca eseguito per l’altare maggiore della vecchia chiesa degli agostiniani di Borgo San Sepolcro, suo paese natale. La pala documentata tra il 4 ottobre 1454 (stipula del contratto di allogagione) e il 14 novembre 1469 (data dell’ultimo pagamento), fu rimossa probabilmente con il trasferimento dei frati agostiniani nel 1555, e smembrata entro la fine del secolo.
La stesura del polittico si protrasse per quindici anni, durante i quali Piero, già pittore affermato, fu impegnato nel compimento di diversi lavori, dal ciclo delle Storie della Vera Croce per la chiesa di San Francesco ad Arezzo (1452-1467), agli affreschi del Palazzo Apostolico per Pio II Piccolomini (1458-1459), poi andati distrutti nel Cinquecento per far spazio alla prima delle Stanze di Raffaello. E ancora, con datazioni che invece oscillano di diversi anni, si collocano opere come la Resurrezione, la Flagellazione, la Madonna del Parto, l’affresco di Maria Maddalena per la Cattedrale di di San Donato ad Arezzo, e il San Ludovico di Tolosa, questo firmato e datato 1460; nel 1465 risulta ultimato anche il primo dei due ritratti dei duchi di Urbino, quello di Federico da Montefeltro.
Di Piero si conoscono tre polittici: il polittico commissionato all’artista dalla Confraternita della Misericordia di Borgo San Sepolcro, realizzato tra il 1445 e il 1462; quello per il convento di Sant’Antonio a Perugia, databile intorno al 1460-1470; e quello degli Agostiniani, assolutamente originale e innovativo nell’impostazione, ma che purtroppo ha subito le perdite maggiori, compreso lo scomparto centrale e gran parte delle trenta tavole che lo componevano. Si conservano invece i quattro pannelli laterali con i santi Agostino (del Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona), Michele Arcangelo (della National Gallery di Londra), Giovanni Evangelista (della Frick Collection di New York) e Nicola da Tolentino (del Museo Poldi Pezzoli di Milano); oltre a quattro tavole della predella (o forse del registro superiore) raffiguranti Santa Monica, San Leonardo e una Crocifissione (ancora della Frick) e Santa Apollonia (della National Gallery of Art di Washington).
Le vicende che hanno seguito la scomposizione della pala degli agostiniani sono difficili da ricostruire, come molta parte della vita e delle opere di Piero, non potendo contare su documenti certi. Ciò che sappiamo del polittico, è che nella prima metà del XIX secolo dovevano trovarsi a Milano le tavole principali, come ci indicano a tergo i timbri in ceralacca per l’esportazione dalla Lombardia austriaca e alcuni sigilli di proprietà. Di certo era a Milano, conservata nella casa-museo di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, la tavola di San Nicola da Tolentino; le altre andarono sul mercato antiquariale in momenti diversi intorno alla fine dell’Ottocento, e quindi disperse all’estero in collezioni private.
Era già successo nel 1996 che il Museo Poldi Pezzoli avesse tentato la riunificazione del polittico agostiniano, seguito dalla Frick Collection nel 2013 e dall’Hermitage nel 2018, in occasione delle rispettive esposizioni monografiche dedicate a Piero; ma ogni tentativo non era riuscito ad andare oltre una parziale ricomposizione.
Solo grazie all’impegno e alla collaborazione di tutte le parti coinvolte nel progetto si è giunti a questa mostra, ideata da Alessandra Quarto, direttrice del Museo Poldi Pezzoli, e curata da Machtelt Brüggen Israëls del Rijksmuseum di Amsterdam con Nathaniel Silver dell’Isabella Stewart Gardner di Boston, che nel 2013 avevano proposto la ricostruzione alla Frick.
Le ragioni di questa straordinaria esposizione, pertanto, sono da una parte l’occasione unica e quasi irripetibile di vedere ricomposto il polittico, dopo 555 anni dalla sua collocazione sull’altare maggiore della chiesa agostiniana (le tavole provenienti dalla Frick escono dal Museo per la prima volta nella loro storia collezionistica); dall’altra, l’occasione, fortemente sostenuta dal Poldi Pezzoli, a cui hanno aderito tutte le altre istituzioni, di intraprendere una serie di indagini approfondite che hanno dato una risposta ad alcuni misteri ancora irrisolti del capolavoro pierfrancescano.
Il Polittico di Sant’Agostino è un’opera che presenta elementi di assoluta novità, rispetto ad una impostazione tradizionalmente arcaica delle pale d’altare. Il registro principale è costruito con prospettiva euclidea, dimostrando una profonda conoscenza della matematica da parte di Piero, di cui ha dato prova nei suoi trattati. Le figure dei santi si stagliano nello spazio contro un cielo azzurro, alle spalle di una balaustra marmorea, con una presenza e una compostezza che ricordano le sculture di Donatello. I loro volti non sono effigi di santi, ma ritratti di uomini in carne ed ossa: Agostino, Giovanni e Nicola sono figure di anziani che mostrano i segni dell’età, a cui si contrappone l’angelica bellezza del giovane Michele. La cura dei dettagli è sorprendente: dal pastorale in cristallo di rocca, alla mitria, i guanti in seta e i gioielli di Sant’Agostino – per non dire della ricchezza della pianeta damascata, decorata lungo i bordi con figure di santi e scene tratte dalla vita di Gesù, che pesantemente cade e si modella sul corpo dell’anziano vescovo; dalla lorica di San Michele Arcangelo che mette in risalto tutto il suo giovanile vigore, alla seta trasparente della veste, ai riflessi lucenti delle gemme, dell’armatura e dei riccioli biondi; dallo sfolgorante mantello rosso che avvolge in drappeggi San Giovanni Evangelista, alle ricche decorazioni in pietre, perle e fili d’oro che orlano la sua tunica; dall’austero saio agostiniano di San Nicola da Tolentino, alla cintura di cuoio con fibbia in metallo, tipica dell’ordine, che evidenzia la sua corpulenta figura (forse il ritratto del priore del convento): nell’essenzialità della veste spiccano particolari che dicono dell’assoluto talento di Piero, dalla cintura rovesciata, allo scorcio della mano che sostiene il libro.
Le indagini scientifiche svolte sulla tavola di san Nicola del Poldi Pezzoli, grazie alla strumentazione della Fondazione Bracco, sono state da stimolo ai Musei di Londra, New York e Washington per avviare ulteriori ricerche, che hanno sciolto alcuni dei quesiti che ancora riguardavano il polittico, e avanzato una nuova ipotesi sull’iconografia del pannello centrale. Innanzitutto si avvalora l’uso quasi esclusivo dell’olio come legante (olio di noce, il più adatto alla pittura), che Piero aveva desunto dalla tradizione fiamminga, consentendogli quei riflessi di luce e quelle trasparenze resi in modo magistrale. Le ricerche hanno inoltre fornito elementi più chiari riguardo il riutilizzo di una vecchia carpenteria trecentesca (citata come condizione al contratto del 1454), ed evidenziato l’importante lavoro di pianificazione ideato da Piero per la realizzazione dell’opera, sorprendentemente moderna nella concezione. Infine, attraverso l’uso dello stereomicroscopio, lungo i bordi dei pannelli laterali allo scomparto centrale sono stati rinvenuti minuscoli frammenti che indicavano la presenza di ali, rosa e blu, che dal centro si estendevano fino ad affiorare le figure di san Michele e san Giovanni Evangelista, cancellate quando il polittico è stato smembrato e le tavole sono diventate opere indipendenti; questo nuovo elemento, unitamente alla presenza di un gradino in porfido e di un lembo di velluto broccato cremisi foderato di ermellino in basso ai medesimi pannelli, fanno ipotizzare che la scena principale non rappresentasse una Madonna col Bambino, bensì l’Incoronazione della Vergine.
Tanti elementi che insieme permettono una lettura più puntuale del polittico agostiniano, che per un breve, ma preziosissimo tempo, possiamo ammirare riunito per la prima volta dopo oltre cinque secoli, con il rammarico di poter solo immaginare, da ciò che resta, la sua unitaria bellezza.