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Pittura fiamminga. Minuziosa e paziente

La distinzione dei generi pittorici venne codificata nel XVII secolo e celebre fu il Discorso sulla pittura di Vincenzo Giustiniani, che in forma di lettera destinata all’avvocato olandese Theodor Amaydenma, offre una classificazione gerarchica dell’arte pittorica suddivisa in dodici modi, secondo un ordine crescente per importanza, qualità e impegno tecnico. Nella settima posizione l’autore pone il paesaggio, ossia il “Saper ritrarre una cosa grande, come una facciata, un’anticaglia, o paese vicino o lontano”, distinguendo con acume la distinzione tra una condotta italiana, che privilegia la pittura di tocco, “senza diligenza di far cose minute” e fiamminga, “minuziosa nella resa paziente delle cose raffigurate”. Per Il Giustiniani gli esponenti principali della prima maniera sono Tiziano, Raffaello, i Carracci e Guido Reni, mentre quelli insigni della seconda sono Herri met de Bles detto il Civetta, il Bruegel e Paul Brill, omettendo, o forse non cogliendo a pieno la preminenza fiamminga nel codificare il paesaggio quale genere autonomo già nel XVI secolo, esulando dal classicismo letterario concentrandosi sugli aspetti realistici e al contempo fantastici della natura. Partendo dagli esempi più arcaici qui presentati uno dei più interessanti maestri di transizione fu indubbiamente Joost De Momper (Anversa, 1564 – 1635), artefice di quell’evoluzione del paesismo che condusse a una rappresentazione realistica della natura. Nondimeno, la sua vena “romantica” e le sue motivazioni rimangono affascinate dalla visione fantastica, creando paesaggi montani verosimilmente reali ma trasfigurati nella forma e nella resa cromatica, in analogia ad esempio con il coetaneo e conterraneo Paul Bril (Anversa, 1554 – Roma, 1626). Inizialmente ispirato da Pieter Bruegel, Momper sembra conoscere la tavolozza veneziana dell’ultimo Tintoretto e le sue scenografie montane oltre a suscitare l’idea di un viaggio in Italia nel 1580, tradiscono al meglio l’inclinazione al vero coniugata a una visione emotiva riconoscibile dalla sua tecnica pittorica, in grado di evocare al meglio l’atmosfera e le lontananze prospettiche. Un altro specialista del genere paesistico, Joost Cornelisz Droochsloot (Utrecht 1586–1666) è sicuramente l’autore del Paesaggio con villaggio di campagna e figure, come suggerisce in maniera indistinta la firma J. C D….SLOOT e la data 1658 visibili in basso a sinistra. Droochsloot è registrato nel 1616 nella Gilda di San Luca della sua città natale e la sua produzione conta prevalentemente paesaggi e vedute di villaggi contadini, costruiti secondo punti di vista diagonali e sapienti digradazioni prospettiche. L’artista è indubbiamente un attento narratore della vita popolare dell’epoca e certamente influenzato dalla tradizione di Pieter Brueghel e di David Vinckboons. Tornando alla scuola di Anversa ricordiamo infine le due opere di Antoine Mirou (Anversa, 1570 ca. – dopo il 1661) e Joseph Van Bredael (Anversa, 1688 – Parigi, 1739), che offrono una testimonianza del genere nel corso dell’età barocca e rocaille, ancora fortemente suggestionati dalla tradizione di Jan Brueghel e Matthieu Schoevaerdts.