CARLA ACCARDI. GLI ANNI SETTANTA: I LENZUOLI

dal 28 aprile al 29 ottobre 2023

CARLA ACCARDI. GLI ANNI SETTANTA: I LENZUOLI
Mostra a cura di Chiara Squarcina e Pier Paolo Pancotto

CONCEPT DELLA MOSTRA

La mostra cade a quasi cento anni dalla nascita di Carla Accardi (Trapani, 1924 – Roma, 2014) la quale, pur avendo quasi sempre vissuto a Roma, ha stabilito nel corso della propria esistenza un legame costante con Venezia. Accardi ha infatti esordito alla Biennale nel 1948, facendovi poi ritorno nel 1964 (sala personale introdotta in catalogo da Carla Lonzi), nel 1976, nel 1988 (sala personale) e nel 1993, fino all’ultima edizione del 2022. Opere, foto ed altro materiale documentario attestano il suo rapporto con la città lagunare, compresa un’immagine del 1952 quando, in occasione di una mostra alla Galleria del Cavallino, visitò la collezione Guggenheim col marito, l’artista Antonio Sanfilippo e Tancredi Parmeggiani.

Il progetto veneziano a cura di Pier Paolo Pancotto (in collaborazione con l’Archivio Accardi Sanfilippo, Roma), in quanto omaggio e non mostra antologica, presenta, sotto forma di installazione, una ristretta selezione di lavori posti in dialogo con gli ambienti storici della Sala Quattro Porte, lungo il percorso della Quadreria allestita da Carlo Scarpa. Si tratta dei Lenzuoli, un ciclo di opere avviato negli anni Settanta del Novecento, raramente visibile. Pur nella loro specificità visiva e semantica, questi lavori risultano estremamente esemplificativi dell’innovativa ricerca condotta dall’artista in quegli anni. Accanto ai Lenzuoli, sono in mostra a Venezia anche tre sculture affini ai primi stilisticamente e cronologicamente – Oggetto trasparente (2001), Scultura trasparente (2002) e Onda (2008-9) – ed alcune testimonianze d’archivio.

Varie ragioni rendono Carla Accardi una delle figure più significative dell’arte del XX secolo. Nel secondo dopoguerra ha contribuito all’affermazione dell’arte non figurativa in Italia promuovendo – unica donna in un consesso interamente maschile – il gruppo Forma (1947); negli anni Cinquanta ha sviluppato la poetica del segno affermandosi tra i protagonisti dell’Art autre di Michel Tapié; nel decennio seguente ha introdotto l’uso di un inedito materiale plastico trasparente, il sicofoil, e ha abbandonato le tempere a favore di vernici colorate e fluorescenti aprendo la sua ricerca ad effetti optical e ambientali. Superati i Settanta, segnati da un marcato impegno nelle attività sociali e nel femminismo (con Carla Lonzi ed Elvira Banotti nel 1970 è stata tra le fondatrici di Rivolta femminile), ha attraversato gli anni Ottanta e Novanta del Novecento ed è approdata al nuovo Millennio con un rinnovato interesse per la pittura, sviluppando costantemente il proprio linguaggio fatto di segni e giustapposizioni cromatiche.

ESTRATTO DALLA MOSTRA ALLA GALLERIA EDITALIA
Roma, 8-31 Maggio 1974
di Maurizio Fagiolo dell’Arco

Il supporto classico del pittore, la tela, ridiventato cosa: sette lenzuoli senza virgolette. E sopra, una pittura essenziale. La ‘figura’ è minimal (l’arco, la partizione a stemma, la diagonale): una geometria dell’ovvietà quasi per reagire a un passato, vibrante e individuatissimo, di Segno. Il colore di fondo è sempre quello proprio della stoffa, ed è il colore-segno (colori per stoffe) a modificarlo, e così l’opera è semplicemente: lenzuolo aranciobianco, biancoverde, fino a rosarosa (colori abbastanza freddi, per un gesto ridotto al minimo). Una teoria del segno e del campo, ma libera dagli schemi: di una freschezza rara in un pittore di lunga storia. Che si riassume in una partenza astrattista-concreta (il gruppo ‘Forma’ nel dopoguerra), nell’approdo a un informale precocemente ‘formato’, nella scoperta delle leggi del colore in chiave futurista (in linea con l’Optical Art) e infine nell’analisi dei mezzi pittorici. Quest’ultimo lavoro, già iniziato da tre anni, coincide con la ricerca attuale più viva: da quella linea che usa gli strumenti della pittura in chiave mentale (Battaglia, Griffa, Verna, Gastini, Aricò…) a quella che, partendo dall’analisi delle categorie mentali, arriva alla critica dell’occhio (Paolini, Fabro, Agnetti, Mochetti…). Il fuoco del problema non è tanto la liberazione del telaio (già avvenuta nelle plastiche di qualche anno fa) e neanche l’affrancamento del supporto (la stoffa libera si riallaccia però ai grandi lenzuoli di Fabro più che all’operazione di Griffa), ma semmai quella di tornare alla parete, di organizzare una superficie che asseconda il senso ruvido o liscio del muro. Un lavoro in cui la semplicità è l’unico schema, dove la pittura non è più il-mezzo oppure il-fine, ma semplicemente una situazione, analisi tautologica. La ‘Grande Astrazione’ rivisitata dopo la proposta cool della Conceptual Art”. (…)

BIOGRAFIA CARLA ACCARDI

Carla Accardi (Trapani, 9 ottobre 1924 – Roma, 23 febbraio 2014).
Condotti gli studi regolari a Palermo, nel 1946 si reca a Firenze ove segue i corsi dell’Accademia di Belle Arti. Con lei è Antonio Sanfilippo (Partanna, 1923 – Roma, 1980) col quale, nell’autunno del 1946, si stabilisce a Roma e, allo scadere dell’anno, si reca a Parigi grazie ad uno scambio internazionale tra studenti. Il 15 marzo 1947 firma con Ugo Attardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Mino Guerrini, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato il manifesto “Forma”. Nel 1948 esordisce alla Biennale di Venezia; un anno dopo sposa Sanfilippo e conosce Pablo Picasso a Roma. Nel 1951 compie un nuovo viaggio a Parigi dove incontra Alberto Magnelli ed Hans Hartung. Nel 1952 visita con Sanfilippo e Tancredi la collezione di Peggy Guggenheim. Intorno al 1953–54 compie un rinnovamento del proprio linguaggio, orientandosi verso un alfabeto segnico. Alcuni di questi lavori, realizzati direttamente a terra e non più sul cavalletto, colpiscono l’attenzione di Michel Tapié (1954) che, da quel momento in poi, sostiene la sua ricerca pittorica ed introduce la sua personale da Stadler a Parigi (1956) e da Notizie di Torino (1959), circostanza che segna anche l’avvio del suo rapporto professionale con Luciano Pistoi. Anche Pierre Restany e Michel Seuphor seguono la sua ricerca.
Nel 1961 ha una personale a New York (Parma Gallery) ed a Londra (New Vision Center Gallery). Nel 1964 la Biennale di Venezia le dedica una sala personale introdotta in catalogo da Carla Lonzi. Intorno alla metà del decennio amplia la propria gamma cromatica abbandonando l’uso della tempera caseina a favore di colori acrilici fluorescenti applicati su materiale sintetico (il sicofoil) con i quali dà vita a composizioni plastico/pittoriche dal carattere fortemente ambientale; ne sono prova i Rotoli, la Tenda (1965-66), l’Ambiente arancio (1966-68), la Triplice tenda (1969-71). Carla Lonzi le dedica alcune pagine in “Autoritratto” (1969). Negli anni Settanta è impegnata nella militanza femminista. Nel 1976 espone l’Ambiente Origine presso la Cooperativa Beato Angelico e partecipa ad “Ambiente/Arte” nell’ambito della Biennale di Venezia. Nel 1978 è nuovamente a Venezia alla rassegna “Artenatura”. Negli anni 80 recupera gradatamente la struttura pittorica tradizionale e l’uso di una gamma cromatica ampia ed articolata; espone a Ravenna, Pinacoteca Comunale (1983); Milano, PAC (1983); Madrid, Istituto Italiano di Cultura, (1985); Biennale di Venezia (1988, sala personale) ed è presente a Italian Art in the 20th Century, Royal Academy, Londra (1989).
Nel decennio successivo ha personali a: Castello di Rivoli (1994); Kunstewerein di Ludwigshafen am Rhein (1995); Villa Medici, Roma (1997); Kunstmuseum, Bonn (1999); è presente a The Italian Metamorphosis al Guggenheim Museum di New York (1994).
Nel nuovo Millennio le dedicano esposizioni individuali: P.S.1, New York (2001); Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (2002); Biennale di Venezia (2003, sala personale), Macro, Roma (2004), Martha Herford Museum (2007, con Lucio Fontana); Museo Carlo Bilotti, Roma (2010) ed è invitata ad Italics (2008), Palazzo Grassi, Venezia. Dopo la sua scomparsa le sue opere sono state esposte, tra l’altro, a: Milano, Museo del Novecento (2020), Biennale di Venezia (2022).
Nel 1999 e nel 2011 escono, a cura di Germano Celant, due volumi del suo catalogo ragionato della sua opera.

ARCHIVIO ACCARDI SANFILIPPO
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