527
GIOACCHINO ASSERETO
(Genova, 1600 ; 1649)
Re Alfonso VII di Castiglia
Olio su tela, cm 141X182
Re Alfonso VII di Castiglia
Olio su tela, cm 141X182
ESTIMATE € 60.000 - 120.000
Provenienza:
Genova, collezione Giovanni Stefano Doria (1663-1665)
Genova, collezione del Conte Carlo Bruzzo
Genova, Wannenes, 27; 8 maggio 2008, lotto 492
Collezione privata
Bibliografia:
M. Caracciolo del Leone, I Bruzzo, Roma 1935, p. 50, fig. 36
M. Ausserhofer, Genuesische Historienmalerei: Gioacchino Assereto und die Kreuzzüge in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XLI/1-2, 1997, pp. 119-143
A. Orlando, in Wannenes, 27 ; 28 maggio 2008, lotto 492
T. Zennaro, Gioacchino Assereto 1600-1650 e i pittori della sua scuola, Soncino 2011, pp. 317-319, n. A67
A. Scarpa, M. Lupo, Fondazione Famiglia Terruzzi. Villa Regina Margherita, Guida al Museo, Milano 2011, p. 58; pp. 125-127, cat. 56
C. Masoero, in Progetto Superbarocco. I protagonisti. Capolavori a Genova 1600-1750, Genova 2022, pp. 100-101, n. 2
Gioacchino Assereto contraddistinse la pittura genovese durante la prima metà del Seicento e il più anziano collega Bernardo Strozzi fu per lui un punto di riferimento imprescindibile, a discapito degli insegnamenti appresi nella bottega di Luciano Borzone. Quest'ultimo era nondimeno in grado d'avvicinare l'allievo agli esempi lombardi di Procaccini e del Cerano e d'introdurlo all'Accademia di Giovan Carlo Doria, la cui collezione nel 1621 contava ben 28 opere del Cappuccino. Successivamente, Assereto fu affidato agli insegnamenti di Andrea Ansaldo ma anche in questo caso fu sempre preponderante il confronto con lo Strozzi e gli 'amici milanesi' (Cfr. Longhi 1926, p. 17). Il primo a rilevare l'ideale affinità d'intenti tra i due autori fu Roberto Longhi, che non esitò a sottolineare come lo spirituale manierismo dei lombardi caratterizzi le prove giovanili e di come il vago caravaggismo sia un travaso strozzesco strutturato nei suoi preziosismi cromatici e di stesura. Lo si evince guardando il San Giovanni battista datato 1619, in cui i modi e gli esiti guardano al Cappuccino ravvisando gli insegnamenti del Borzone e di Ansaldo. Così è per le Tre Parche di Palazzo Rocca a Chiavari, le cui traversie attributive rispecchiano al meglio le affinità. Con l'inizio del terzo decennio però vedremo Assereto attenuare le tentazioni strozzesche lavorando il colore acceso e aspro a guisa di lamine modellate, testimoniando lo studio del Procaccini e del Cerano ed esprimendo in luce quella distintiva tensione espressiva e gestuale. Di pari passo, la sua tavolozza si arricchisce nelle tonalità, sfoggiando un prezioso verde malachite, tinte violacee e aranciate, mentre le fisionomie e i panneggi assumono forme geometrizzanti che evocano retaggi cambiaseschi, ansaldiani e memorie nordiche, in una sorta di neo-manierismo che ravvisiamo ad esempio nell'Incoronazione della Vergine ai domenicani di Taggia e nelle Lapidazioni di Palazzo Bianco e della Pinacoteca Nazionale di Lucca. Opere in cui il pittore predilige l'uso di piccoli formati e un fare a bozzetto, contraddistinto da profili taglienti e suggestioni procaccinesche. Queste caratteristiche si riscontrano anche nella preziosa Adorazione dei Magi su rame custodita a Palazzo Spinola e in maniera più maestosa e bizzarra, secondo la definizione del Soprani, negli affreschi dell'Annunziata, stilisticamente coerenti con il San Giovanni Battista della parrocchiale di Taggia, da collocarsi intorno al 1625. Ciò premesso, il terzo decennio vede l'Assereto dar prova di una attività pittorica e di ricerca non comune, con punte di altissima qualità e slanci in avanti, tanto da creare incertezze nella scansione cronologica delle sue opere. Un caso emblematico è la celebre Circe del Dayton Art Institute, assegnata entro il 1625 dalla Zennaro, mentre il Pesenti la colloca cinque anni più tardi, per l'evidente scaltrezza di mestiere e maturità. Datazione questa che, pur seducente, viene smentita dal panneggiare metallico e dal raffronto con il San Francesco confortato dall'angelo musico della Carige, la cui data al 1630 pare oramai assodata.
È comunque indubbio che in queste opere l’artista mediti e rielabori tutti i possibili insegnamenti e che entro la nuova decade si assista a un avvicendamento continuo di opere eccezionali. Ricordiamo la Sacra Famiglia con San Pietro e San Giovannino da cui cominciarono gli studi longhiani, l’Alessandro e Diogene di Berlino, il Tobia e l’angelo di Birmingham, la Presentazione al tempio di Brera e la Madonna con il Bambino e i Santi Cosma e Damiano. Accanto a queste composizioni di ampio respiro, alcune, più intime, preannunciano sensibilità tenebrose e interessanti ricerche di lume, come dimostrano il San Pietro del Museo Làzaro Galdiano di Madrid, quanto mai riberesco tanto da vantarne un tempo l’attribuzione e il San Girolamo di collezione privata datato al 1627. Si può invece presumere che sarà nell’Annunciazione della parrocchiale di sant’Andrea a Rigoroso e la sua accurata investigazione atmosferica e chiaroscurale a volgersi verso gli anni Trenta, quando la tecnica del pittore si scopre alla ricerca di stesure sempre più complesse e raffinate, in evoluzione con il già ricordato san Francesco Carige e quindi da collocarsi intorno al 1635. Dimostra questo incedere il bellissimo Martirio di San Bartolomeo dell’Accademia Ligustica, in cui il peculiare naturalismo tenebroso è, come disse Roberto Longhi, un fatto compiuto per tempra drammatica e impostazione scenica. Un dipinto altresì sostenuto da stesure impeccabili, attraversate da sottili vibrazioni e trasparenze che presagiscono gli esiti della piena maturità, con variazioni materiche e della conduzione pittorica atte ad accentuare la mimesi degli incarnati e la tragica espressività dei personaggi, dimostrando una definitiva emancipazione. In questi anni le creazioni dell’artista vedono il compiersi d’innovative ricerche com- positive, mettendo in pratica quegli assetti diagonali che prevarranno durante la maturità. Lo dimostrano la presentazione al Tempio di Brera, la già citata Pala dei Santi Cosma e Damiano e, nel corso degli anni, l'affrontare di complesse scene a carattere storico come Il privilegio del re Baldovino I di Gerusalemme per i genovesi di ubicazione ignota e il qui presentato Re Alfonso VII di Castiglia e i genovesi (Ansaldo Doria) ad Almería, in cui si coglie ancor meglio come le regie gestuali e di lume trovano un compiuto amalgama narrativo. Questa evoluzione è documentata altresì dal bellissimo San Giovanni Battista del Museo di Palazzo Reale che, datato dalla Zennaro intorno al 1635, è opera che si potrebbe posticipare di qualche anno se confrontata con il san Tommaso già della Galleria Smeets, ancor memore delle cromie e fisionomie giovanili. La tela di palazzo Reale invero declama un compiuto risultato tenebroso e non necessita di scomodare i caravaggisti napoletani come il Ribera per spiegarne la regia chiaroscurale. In questo caso, l’Assereto controbatte in maniera magistrale agli esempi di Simon Vouet, dando prova di capirne bene e come pochi altri il modulato caravaggismo intriso di raffinatezze emiliane e lanfranchiane. Da questa tela, scaturiranno i sorprendenti risultati della maturità, a loro volta scanditi dal viaggio a Roma del 1639 e il confronto con le opere di Matthias Stom (Amersfoort/Utrecht, 1600 circa - Sicilia, dopo il 1650) presenti a Genova, senza tralasciare gli esempi di Gerrit van Honthorst e quegli aspetti più prettamente nordici verosimilmente noti attraverso le stampe che già influenzano le opere degli anni Trenta. Tornando alla tela in esame, si registra la sua importanza storica per la probabile committenza di Giovanni Stefano Doria durante gli anni del suo dogato (1633-1635), che in questo caso, come indicano Marta Ausserhofer e la Zennaro, celebra la conquista della città di Almeria da parte di Ansaldo Doria. Tale datazione è altresì confermata dalla composizione e dalla conduzione pittorica, in cui al rigore disegnativo delle stesure, si accompagna una conduzione pittorica più libera e di grande forza espressiva che connoteranno la produzione più tarda.
Bibliografia di riferimento:
R. Longhi, E ancora dell'Assereto, in Pinacotheca, 1929
L. Grassi, Deposizione inedita dell'Assereto, in Paragone, III, n. 31, 1952, p. 41
G. V. Castelnovi, Intorno all'Assereto, in Emporium, cxx, n. 7, luglio 1954, pp. 17- 35
G. V. Castelnovi, La pittura nella prima metà del Seicento dall'Ansaldo a Orazio de Ferrari, in La pittura a Genova e in Liguria, Genova 1970-1971, II, p. 156
R. Longhi, Progetti di lavoro di Roberto Longhi. Genova pittrice, in Paragone, XXX, 1979, 349, pp. 4-25
F. R. Pesenti, La pittura in Liguria. Artisti del primo seicento, Genova 1986, ad vocem
G. V. Castelnovi, La pittura nella prima metà del Seicento dall'Ansaldo a Orazio de Ferrari, in La pittura a Genova e in Liguria, Genova 1987, II, p. 133
A. Orlando, Il caravaggismo genovese. Strozzi, Fiasella, Borzone, Assereto e altre comparse, in Caravaggio e i Genovesi. Committenti, collezionisti, pittori, catalogo della mostra a cura di A. Orlando, Genova 2019, pp. 210-263
Genova, collezione Giovanni Stefano Doria (1663-1665)
Genova, collezione del Conte Carlo Bruzzo
Genova, Wannenes, 27; 8 maggio 2008, lotto 492
Collezione privata
Bibliografia:
M. Caracciolo del Leone, I Bruzzo, Roma 1935, p. 50, fig. 36
M. Ausserhofer, Genuesische Historienmalerei: Gioacchino Assereto und die Kreuzzüge in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XLI/1-2, 1997, pp. 119-143
A. Orlando, in Wannenes, 27 ; 28 maggio 2008, lotto 492
T. Zennaro, Gioacchino Assereto 1600-1650 e i pittori della sua scuola, Soncino 2011, pp. 317-319, n. A67
A. Scarpa, M. Lupo, Fondazione Famiglia Terruzzi. Villa Regina Margherita, Guida al Museo, Milano 2011, p. 58; pp. 125-127, cat. 56
C. Masoero, in Progetto Superbarocco. I protagonisti. Capolavori a Genova 1600-1750, Genova 2022, pp. 100-101, n. 2
Gioacchino Assereto contraddistinse la pittura genovese durante la prima metà del Seicento e il più anziano collega Bernardo Strozzi fu per lui un punto di riferimento imprescindibile, a discapito degli insegnamenti appresi nella bottega di Luciano Borzone. Quest'ultimo era nondimeno in grado d'avvicinare l'allievo agli esempi lombardi di Procaccini e del Cerano e d'introdurlo all'Accademia di Giovan Carlo Doria, la cui collezione nel 1621 contava ben 28 opere del Cappuccino. Successivamente, Assereto fu affidato agli insegnamenti di Andrea Ansaldo ma anche in questo caso fu sempre preponderante il confronto con lo Strozzi e gli 'amici milanesi' (Cfr. Longhi 1926, p. 17). Il primo a rilevare l'ideale affinità d'intenti tra i due autori fu Roberto Longhi, che non esitò a sottolineare come lo spirituale manierismo dei lombardi caratterizzi le prove giovanili e di come il vago caravaggismo sia un travaso strozzesco strutturato nei suoi preziosismi cromatici e di stesura. Lo si evince guardando il San Giovanni battista datato 1619, in cui i modi e gli esiti guardano al Cappuccino ravvisando gli insegnamenti del Borzone e di Ansaldo. Così è per le Tre Parche di Palazzo Rocca a Chiavari, le cui traversie attributive rispecchiano al meglio le affinità. Con l'inizio del terzo decennio però vedremo Assereto attenuare le tentazioni strozzesche lavorando il colore acceso e aspro a guisa di lamine modellate, testimoniando lo studio del Procaccini e del Cerano ed esprimendo in luce quella distintiva tensione espressiva e gestuale. Di pari passo, la sua tavolozza si arricchisce nelle tonalità, sfoggiando un prezioso verde malachite, tinte violacee e aranciate, mentre le fisionomie e i panneggi assumono forme geometrizzanti che evocano retaggi cambiaseschi, ansaldiani e memorie nordiche, in una sorta di neo-manierismo che ravvisiamo ad esempio nell'Incoronazione della Vergine ai domenicani di Taggia e nelle Lapidazioni di Palazzo Bianco e della Pinacoteca Nazionale di Lucca. Opere in cui il pittore predilige l'uso di piccoli formati e un fare a bozzetto, contraddistinto da profili taglienti e suggestioni procaccinesche. Queste caratteristiche si riscontrano anche nella preziosa Adorazione dei Magi su rame custodita a Palazzo Spinola e in maniera più maestosa e bizzarra, secondo la definizione del Soprani, negli affreschi dell'Annunziata, stilisticamente coerenti con il San Giovanni Battista della parrocchiale di Taggia, da collocarsi intorno al 1625. Ciò premesso, il terzo decennio vede l'Assereto dar prova di una attività pittorica e di ricerca non comune, con punte di altissima qualità e slanci in avanti, tanto da creare incertezze nella scansione cronologica delle sue opere. Un caso emblematico è la celebre Circe del Dayton Art Institute, assegnata entro il 1625 dalla Zennaro, mentre il Pesenti la colloca cinque anni più tardi, per l'evidente scaltrezza di mestiere e maturità. Datazione questa che, pur seducente, viene smentita dal panneggiare metallico e dal raffronto con il San Francesco confortato dall'angelo musico della Carige, la cui data al 1630 pare oramai assodata.
È comunque indubbio che in queste opere l’artista mediti e rielabori tutti i possibili insegnamenti e che entro la nuova decade si assista a un avvicendamento continuo di opere eccezionali. Ricordiamo la Sacra Famiglia con San Pietro e San Giovannino da cui cominciarono gli studi longhiani, l’Alessandro e Diogene di Berlino, il Tobia e l’angelo di Birmingham, la Presentazione al tempio di Brera e la Madonna con il Bambino e i Santi Cosma e Damiano. Accanto a queste composizioni di ampio respiro, alcune, più intime, preannunciano sensibilità tenebrose e interessanti ricerche di lume, come dimostrano il San Pietro del Museo Làzaro Galdiano di Madrid, quanto mai riberesco tanto da vantarne un tempo l’attribuzione e il San Girolamo di collezione privata datato al 1627. Si può invece presumere che sarà nell’Annunciazione della parrocchiale di sant’Andrea a Rigoroso e la sua accurata investigazione atmosferica e chiaroscurale a volgersi verso gli anni Trenta, quando la tecnica del pittore si scopre alla ricerca di stesure sempre più complesse e raffinate, in evoluzione con il già ricordato san Francesco Carige e quindi da collocarsi intorno al 1635. Dimostra questo incedere il bellissimo Martirio di San Bartolomeo dell’Accademia Ligustica, in cui il peculiare naturalismo tenebroso è, come disse Roberto Longhi, un fatto compiuto per tempra drammatica e impostazione scenica. Un dipinto altresì sostenuto da stesure impeccabili, attraversate da sottili vibrazioni e trasparenze che presagiscono gli esiti della piena maturità, con variazioni materiche e della conduzione pittorica atte ad accentuare la mimesi degli incarnati e la tragica espressività dei personaggi, dimostrando una definitiva emancipazione. In questi anni le creazioni dell’artista vedono il compiersi d’innovative ricerche com- positive, mettendo in pratica quegli assetti diagonali che prevarranno durante la maturità. Lo dimostrano la presentazione al Tempio di Brera, la già citata Pala dei Santi Cosma e Damiano e, nel corso degli anni, l'affrontare di complesse scene a carattere storico come Il privilegio del re Baldovino I di Gerusalemme per i genovesi di ubicazione ignota e il qui presentato Re Alfonso VII di Castiglia e i genovesi (Ansaldo Doria) ad Almería, in cui si coglie ancor meglio come le regie gestuali e di lume trovano un compiuto amalgama narrativo. Questa evoluzione è documentata altresì dal bellissimo San Giovanni Battista del Museo di Palazzo Reale che, datato dalla Zennaro intorno al 1635, è opera che si potrebbe posticipare di qualche anno se confrontata con il san Tommaso già della Galleria Smeets, ancor memore delle cromie e fisionomie giovanili. La tela di palazzo Reale invero declama un compiuto risultato tenebroso e non necessita di scomodare i caravaggisti napoletani come il Ribera per spiegarne la regia chiaroscurale. In questo caso, l’Assereto controbatte in maniera magistrale agli esempi di Simon Vouet, dando prova di capirne bene e come pochi altri il modulato caravaggismo intriso di raffinatezze emiliane e lanfranchiane. Da questa tela, scaturiranno i sorprendenti risultati della maturità, a loro volta scanditi dal viaggio a Roma del 1639 e il confronto con le opere di Matthias Stom (Amersfoort/Utrecht, 1600 circa - Sicilia, dopo il 1650) presenti a Genova, senza tralasciare gli esempi di Gerrit van Honthorst e quegli aspetti più prettamente nordici verosimilmente noti attraverso le stampe che già influenzano le opere degli anni Trenta. Tornando alla tela in esame, si registra la sua importanza storica per la probabile committenza di Giovanni Stefano Doria durante gli anni del suo dogato (1633-1635), che in questo caso, come indicano Marta Ausserhofer e la Zennaro, celebra la conquista della città di Almeria da parte di Ansaldo Doria. Tale datazione è altresì confermata dalla composizione e dalla conduzione pittorica, in cui al rigore disegnativo delle stesure, si accompagna una conduzione pittorica più libera e di grande forza espressiva che connoteranno la produzione più tarda.
Bibliografia di riferimento:
R. Longhi, E ancora dell'Assereto, in Pinacotheca, 1929
L. Grassi, Deposizione inedita dell'Assereto, in Paragone, III, n. 31, 1952, p. 41
G. V. Castelnovi, Intorno all'Assereto, in Emporium, cxx, n. 7, luglio 1954, pp. 17- 35
G. V. Castelnovi, La pittura nella prima metà del Seicento dall'Ansaldo a Orazio de Ferrari, in La pittura a Genova e in Liguria, Genova 1970-1971, II, p. 156
R. Longhi, Progetti di lavoro di Roberto Longhi. Genova pittrice, in Paragone, XXX, 1979, 349, pp. 4-25
F. R. Pesenti, La pittura in Liguria. Artisti del primo seicento, Genova 1986, ad vocem
G. V. Castelnovi, La pittura nella prima metà del Seicento dall'Ansaldo a Orazio de Ferrari, in La pittura a Genova e in Liguria, Genova 1987, II, p. 133
A. Orlando, Il caravaggismo genovese. Strozzi, Fiasella, Borzone, Assereto e altre comparse, in Caravaggio e i Genovesi. Committenti, collezionisti, pittori, catalogo della mostra a cura di A. Orlando, Genova 2019, pp. 210-263
LOTS
401
LORENZO DE CARO
LORENZO DE CARO
(Napoli, 1719 ; 1777)
Martirio di Santa Lucia
Olio su tela, cm 98X55,5
Martirio di Santa Lucia
Olio su tela, cm 98X55,5
ESTIMATE € 2.000 - 3.000
402
LEONARD BRAMER
LEONARD BRAMER
(Delft, 1596 ; 1674)
Mosè e il vitello d'oro
Olio su ardesia, cm 34,5X45
Mosè e il vitello d'oro
Olio su ardesia, cm 34,5X45
ESTIMATE € 2.000 - 3.000
403
STEFANO TORELLI (attr. a)
STEFANO TORELLI (attr. a)
(Bologna, 1712 ; San Pietroburgo, 1784)
Allegoria delle stagioni
Olio su tela, cm 42X33 (4)
Allegoria delle stagioni
Olio su tela, cm 42X33 (4)
ESTIMATE € 1.500 - 2.500
404
LAZZARO BALDI
LAZZARO BALDI
(Pistoia, 1624 circa ; Roma, 1703)
Presentazione al Tempio
Olio su tela, cm 96,5X71,5
Presentazione al Tempio
Olio su tela, cm 96,5X71,5
ESTIMATE € 1.500 - 2.500
405
PITTORE DEL XVII SECOLO
PITTORE DEL XVII SECOLO
Ritratto d'uomo con turbante
Olio su tavola, cm 9,2X9,2
Olio su tavola, cm 9,2X9,2
ESTIMATE € 500 - 800
407
DOMENICO MAGGIOTTO
DOMENICO MAGGIOTTO
(Venezia, 1712 ; 1794)
Ritratto di giovane ragazza in veste di baccante
Olio su tela, cm 48,5X38
Ritratto di giovane ragazza in veste di baccante
Olio su tela, cm 48,5X38
ESTIMATE € 1.000 - 2.000
408
FRANCESCO SIMONINI
FRANCESCO SIMONINI
(Parma, 1686 ; Firenze, 1766)
Scene di battaglia
Acquerello su carta applicata su cartone, cm 34X48,5 (4)
Scene di battaglia
Acquerello su carta applicata su cartone, cm 34X48,5 (4)
ESTIMATE € 2.000 - 3.000
409
PITTORE CARAVAGGESCO ATTIVO A ROMA NEL XVII SECOLO
PITTORE CARAVAGGESCO ATTIVO A ROMA NEL XVII SECOLO
Santa Dorotea
Olio su tela, cm 75,5X61
Olio su tela, cm 75,5X61
ESTIMATE € 500 - 800
410
ANDREA VACCARO (attr. a)
ANDREA VACCARO (attr. a)
(Napoli, 1604 ; 1670)
Sant'Agata
Olio su tela, cm 102X76
Sant'Agata
Olio su tela, cm 102X76
ESTIMATE € 1.000 - 2.000
411
GIUSEPPE BAZZANI
GIUSEPPE BAZZANI
(Mantova, 1690 ; 1769)
Annunciazione
Olio su tela, cm 154,5X116
Annunciazione
Olio su tela, cm 154,5X116
ESTIMATE € 15.000 - 25.000