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DOROTHEA LANGE. RACCONTI DI VITA E LAVORO

È la metà degli anni Trenta quando Dorothea Lange (1895 – 1965) sospende la sua attività di ritrattista per unirsi al progetto denominato Farm Security Administration, istituito nella convinzione che documentare attraverso la fotografia lo stato di estrema povertà che affliggeva gran parte della popolazione americana, avrebbe sensibilizzato la coscienza collettiva e trovato un sostegno alle politiche di risanamento economico avviate da Roosevelt nel 1933. Dorothea Lange testimonia gli effetti della crisi nelle città, ma è soprattutto il grande esodo dalle campagne degli Stati centrali verso la California ad interessare il suo lavoro. Una migrazione costretta dalla carestia e dalla fame in cui sprofondano le zone rurali, dove alle già disastrose conseguenze del crollo di Wall Street si aggiungono le incessanti tempeste di sabbia che rendono la terra arida e inospitale. Fotografie passate alla storia come l’iconica “Migrant Mother”, l’immagine che generò consapevolezza fra gli americani, divenuta simbolo della Grande Depressione.
Completa la mostra dedicata a Dorothea Lange un altro importante reportage di fotografia sociale. Dopo l’attacco giapponese di Pearl Harbor del 7 dicembre 1941, nell’anno successivo Roosevelt firma l’ordine esecutivo di ricollocamento degli americani di origine giapponese – sebbene per la quasi totalità cittadini americani – dalle coste del Pacifico verso i campi di internamento. Ancora una volta Lange viene chiamata dall’amministrazione americana a documentare le fasi dell’evacuazione fino al campo di Manzanar, ai piedi della Sierra Nevada, ma i suoi scatti esprimono un pensiero palesemente contrario all’ordinamento, incontrando la censura e il sequestro da parte del comando militare, tanto da restare nascosti e quasi sconosciuti per lunghissimi anni.