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GIACOMO CERUTI

A 35 anni di distanza dall’ultima retrospettiva dedicata a Giacomo Ceruti, questa mostra rilegge l’opera dell’artista in un contesto più ampio del Settecento europeo, alla luce di studi aggiornati che hanno portato a una revisione importante dei suoi lavori e a nuove attribuzioni. La fortuna critica di Ceruti legata alla sua produzione pauperistica prende avvio nel 1922, con la presenza del dipinto “La lavandaia” nella mostra fiorentina sulla pittura italiana del Sei e Settecento, gli studi da qui intrapresi da Longhi, e il ritrovamento del cosiddetto “Ciclo di Padernello” pubblicato da De Logu nel 1931. Ma la mostra amplia i confini di analisi della produzione lombarda del Ceruti e pone lo sguardo agli anni successivi, ai contatti dell’artista coi suoi contemporanei veneziani e francesi, e all’evoluzione della sua pittura in linea con le istanze europee del Settecento, che pur fedele al dato naturalistico, si allarga a temi di genere mondano con ritratti e scene galanti.

CECCO DEL CARAVAGGIO

La Carrara riapre con una mostra dedicata a Francesco Boneri detto Cecco del Caravaggio, artista noto al mondo degli studiosi ma sconosciuto al grande pubblico. Cresciuto alla scuola del Merisi, con una vita dai contorni letterari ma in gran parte da scrivere, presta il suo volto in almeno sei opere del maestro, di cui due in esposizione. Considerato a lungo un pittore nordico, fiammingo o francese, ma anche spagnolo, è invece molto probabile la sua origine nel territorio bergamasco. A partire dal primo importante nucleo di opere ricostruito da Longhi intorno alla “Cacciata dei mercanti dal tempio” di Berlino, e agli studi intrapresi da Gianni Papi a partire dagli anni ‘90 e alle più recenti scoperte, sono circa 25 le opere considerate autografe di Cecco, di cui 19 presenti in mostra. Oltre l’aneddotica sui rapporti personali con il Merisi a cui la critica lo ha relegato, Boneri merita un posto da protagonista tra i pittori che meglio hanno interpretato il naturalismo caravaggesco.