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Solomon Corrodi tra sogno e memoria

Il Viaggio in Italia di Goethe è un libro paradigmatico di come l’Italia è percepita fin dal Seicento non solo come la culla millenaria della cultura e della storia dell’arte, ma anche come tappa imprescindibile di un percorso di formazione che ogni gentiluomo, aristocratico e borghese, deve intraprendere per completare la propria cultura al bello della vita. Dopo l’uscita dei due primi volumi nel 1817-1818 e di un terzo dedicato a Roma nel 1829, divenne una vera moda e un volano turistico di straordinaria suggestione che rispondeva al nome di Grand Tour.

Una brama di possedere una memoria visiva di quel luogo incantato, che generazioni di artisti di mezza Europa per tutto il secolo devono soddisfare con una sempre più crescente produzione di scorci delle mete classiche consigliate dallo scrittore tedesco nel suo incomparabile resoconto di viaggio intrapreso tra il 1816 e il 1817, e che comprendono città come Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Pompei e luoghi meravigliosi come la costiera amalfitana, e la Sicilia dei templi di Segesta e Agrigento, di Palermo, Taormina e Messina. Cartoline ante litteram, che raccontano un amore struggente e profondo per l’Italia che, dopo due secoli, ancora produce i suoi salvifici effetti.

Fra i protagonisti che sicuramente amplificarono questo sentimento d’italica nostalgia, possiamo annoverare lo svizzero Salomon Corrodi, nato a Fehraltorf vicino a Zurigo nel 1810, che nel 1832, dopo un apprendistato con il pittore paesaggista Johann Jacob Wetzel, si trasferisce a Roma, passando prima per Genova e poi per Pisa. Nella Città Eterna ha modo di frequentare la vivace comunità di artisti stranieri come Bertel Thorvaldsen, Joseph Anton Koch, Johann Christian Reinhart e Franz Catel. L’artista all’inizio della sua carriera si era servito della tecnica ad olio, ma ben presto passò all’acquerello, che gli fu più congeniale e che gli permise di raggiungere ottimi risultati, oltre a un notevole successo di mercato per le sue vedute di Roma e della campagna romana, del golfo di Napoli, di Ischia, della Riviera ligure e dei vari altri luoghi da lui via via visitati nei suoi viaggi. Nella mostra organizzata nel 1845 in onore della visita a Roma dello zar Nicola I, si affermò come uno dei migliori paesaggisti e molti suoi dipinti furono acquistati dallo stesso zar e da nobili russi. Nel vibrante acquarello raffigurante il Vesuvio visto da Posillipo l’artista svizzero da sfoggio del suo naturale talento nel riprodurre con limpida luminosità ogni passaggio cromatico, come si può notare nelle lingue di luce che accarezzano le acque turchine del Golfo, a scandire la quinta scenica tra le coste, il Vesuvio sullo sfondo e le barche sul mare.