1257 Views |  Like

LA FOTOGRAFIA È MIA

Giunta alla IV edizione, MIA Fair si distingue per un format unico rispetto all’offerta tradizionale delle fiere. Da quale esigenza parte e quali risultati ha fin qui ottenuto?

Per prima cosa occorre precisare che MIA Fair è nata e si è configurata come la prima fiera italiana interamente dedicata alla fotografia: quando nel 2010, nella situazione di crisi economica generale già consolidata, abbiamo cominciato a rendere operativo il progetto che si è poi concretizzato nella prima edizione del 2011, pochi avrebbero scommesso sulla sua riuscita. Evidentemente siamo stati interpreti di una esigenza diffusa nel mondo dell’arte e della fotografia italiana: quella di dare respiro internazionale al mercato della fotografia d’arte che era, e per certi aspetti è ancora, in ritardo rispetto agli standard dei Paesi economicamente avanzati. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: grande partecipazione di operatori e di pubblico, grande attenzione e riscontro mediatico, apprezzamenti per una fiera che non si configura soltanto sotto l’aspetto mercantile ma che offre una variegata gamma di eventi culturali.

La fotografia è sicuramente il linguaggio del XXI secolo. Moda, pubblicità, reportage, arte sono strettamente legati a un supporto che alimenta un mercato della comunicazione prettamente visuale. Digitale o tradizionale, la fotografia è la memoria del nostro presente. Quale ideatore di MIA Fair e collezionista da sempre, come ha visto evolversi questo segmento negli ultimi decenni?

MIA Fair sta dimostrando, se ce ne fosse bisogno e almeno per la situazione italiana, che molte elucubrazioni sulla “morte della fotografia” lasciano il tempo che trovano. Sgombrato il campo dal grande equivoco nato con il passaggio dal procedimento analogico a quello digitale – quale importanza può avere per il risultato finale il fatto che un’immagine derivi da un originale su pellicola o su un file? – la fotografia da molti anni ormai sta vivendo un momento di importanti riconoscimenti a tutti livelli: dagli studi storici a una crescente presenza nelle manifestazioni d’arte più importanti e quindi a una conseguente crescita dei valori di mercato. Pensare alla strada che si è percorsa in Italia dagli anni settanta, quando ho cominciato a collezionare fotografia e a nessuno passava per la testa di comprare fotografie, al vivace mercato di oggi vuol dire ripercorrere un periodo fondamentale che ha sancito davvero, nel nostro Paese, il passaggio da una situazione arretrata e provinciale a un’adeguata alle esperienze internazionali.

L’autenticità della fotografia è legata alla sua riproduzione. Come tutela MIA Fair questa esigenza che comprende aspetti fondamentali quali la numerazione delle edizioni, l’utilizzo appropriato di termini come “vintage”, “print later” e prova d’artista?

Anche su questo tema sono anni che combatto la mia piccola battaglia per far passare tra i fotografi e gli operatori l’idea che, se si vuole far parte di un mercato moderno e adeguato agli standard internazionali, occorre accettare le regole dello stesso mercato: la prima delle quali recita che un’opera acquista o perde valore in proporzione al numero di copie disponibili sul mercato. Quest’idea fa storcere il naso a molti “puristi”, teorici della infinita riproducibilità della fotografia, che è un concetto rispettabile ma non necessariamente condivisibile. La riprova viene dal fatto che, oggettivamente, le copie vintage, che sono quelle e soltanto quelle e non possono magicamente moltiplicarsi, hanno valori di mercato molto più alti. Chi vuole entrare nel mondo dell’arte con la fotografia si rende conto da solo che la scelta di edizioni numerate è l’unica che può consentire adeguato apprezzamento economico.


MIA Fair è anche momento di confronto tra gli operatori del settore e un folto pubblico di appassionati, che possono scegliere tra un ricco programma culturale.  Quali sono i punti salienti per l’edizione 2014?

Come dicevo all’inizio la caratterizzazione culturale di MIA Fair resta uno dei punti fondamentali della manifestazione; da questo aspetto ci sono venute grandi e crescenti soddisfazioni, con il coinvolgimento di importanti sponsor grazie ai quali abbiamo potuto realizzare numerosi eventi culturali: dalle mostre dedicate, ai convegni, alle conferenze, alle presentazioni editoriali, ai Premi come quello nato lo scorso anno, “Tempo ritrovato – Fotografie da non perdere”, dedicato agli archivi fotografici italiani da riscoprire e valorizzare. Nella prima edizione del Premio l’attenzione è stata rivolta alle fotografie degli anni cinquanta e il Premio è stato aggiudicato all’archivio di Federico Garolla per il suo lavoro sui cambiamenti sociali dell’Italia di quel periodo. Quest’anno proseguiremo spostando l’attenzione in avanti di un decennio e dedicandolo ai lavori degli anni Sessanta.

Si conferma anche quest’anno CODICE MIA, un altro momento importante che lo scorso anno ha suscitato grandi consensi: si tratta di una lettura portfolio assolutamente innovativa e completamente dedicata al settore del mercato fotografico, con la partecipazione di esperti internazionali.

Novità del 2014 è invece il concorso fotografico online Born Electric by BMW i, promosso da BMW i, in collaborazione con MIA Fair e Nikon: i partecipanti dovranno esprimersi sul tema della mobilità sostenibile, un’ulteriore dimostrazione dell’attenzione di MIA Fair verso le tematiche di interesse generale.

Un’altra nuova iniziativa è il Premio Mila Malerba, premio istituito dal Fondo Malerba per la fotografia, rivolto in questa prima edizione ai partecipanti del workshop ABContemporary “Dalla fotografia all’immagine digitale: Storia, linguaggi, mercato”; il premio sarà assegnato a colui che, anche alla luce di quanto ascoltato durante il workshop, individuerà un’opera esposta a MIA Fair e formulerà per iscritto le motivazioni le quali, secondo la giuria, saranno giudicate le più convincenti. Infine, l’evento che probabilmente darà un segno globale alla manifestazione sarà la realizzazione in autunno della prima edizione di MIA Fair fuori d’Italia, per l’esattezza a Singapore, centro nodale dell’Estremo Oriente.

Nella formazione del suo gusto la fotografia è uno degli aspetti dell’essere collezionista. Una contaminazione d’interessi che ha attraversato trasversalmente ogni aspetto dell’antiquariato e che ha dato modo di essere sempre curioso di conoscere attraverso qualsiasi opera d’arte. In che modo è entrato in contatto con la fotografia e quale fascino ed emozione le suscita?

Tutto è nato quando da giovane, tra la fine degli anni sessanta e i primi anni settanta, ho cominciato a interessarmi alla grafica e a collezionarla: il passo dalle opere frutto di una riproduzione meccanica tradizionale, sviluppata dal Rinascimento al Novecento, e caratterizzata dalla possibilità di riprodurre da uno stesso originale un numero, se pur limitato di copie, alle opere fotografiche, caratterizzate anch’esse dalla possibilità di riproduzione, è stato breve. Il mio crescente interesse per gli aspetti culturali del mezzo e del suo linguaggio, e le frequentazioni internazionali con le relative constatazioni di quanto fosse avanti il mercato della fotografia nei Paesi sviluppati, hanno fatto il resto.

Il mercato dell’arte, compresa la fotografia, si è aperto a una fascia di pubblico sempre più ampia, globale sia dal punto di vista economico sia finanziario. Nasce da questa esigenza di intercettare nuovi mercati come Singapore?

Quello che è accaduto e sta continuando ad accadere con la globalizzazione nel mondo ha inciso profondamente nel mercato internazionale dell’arte: una nicchia circoscritta fino a venti anni fa ai pochi Paesi capitalisticamente avanzati e che in anni recenti si è allargata a dismisura creando un mercato reale e potenziale quale nessuno di noi avrebbe potuto immaginare. In questo le economie dell’Asia, in Medio ed Estremo Oriente, stanno giocando un ruolo molto importante e costituiscono per noi della vecchia Europa, un’occasione formidabile per far conoscere ed espandere il mercato dei nostri artisti. Proporre un’edizione di Mia Fair a Singapore vuol dire accentuare il profilo internazionale della manifestazione con una presenza in una delle città più importanti dell’Estremo Oriente, crocevia di molti Paesi asiatici emergenti che incontrano l’arte e la cultura occidentale.

Quattro anni sono un tempo sufficiente per valutare il percorso di MIA Fair. Quali sono le ragioni del suo successo?

In parte ho già risposto, quando ho sottolineato la nostra capacità di aver saputo intercettare delle esigenze diffuse nel mondo della fotografia italiana. Il ritardo che nel nostro Paese ha contraddistinto questo mondo ha probabilmente accentuato l’entusiasmo con cui gli operatori e il pubblico hanno risposto al progetto. La mia precedente, lunga e articolata, esperienza di management industriale da un lato e di amatore d’arte dall’altro, mi ha consentito di ideare e realizzare un progetto che sta dando grandi soddisfazioni non solo al sottoscritto ma anche ai miei numerosi collaboratori e agli operatori coinvolti. E sono sicuro che il suo consolidamento ha le radici nel taglio che abbiamo voluto dare alla manifestazione: respiro internazionale e grande attenzione agli aspetti artistici e culturali del linguaggio.