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La casa che vorrei avere

di Davide Alaimo e Silvia Mira

La ditta Colli, oggi nota soprattutto per la produzione del ‘900, ha in realtà origini ben più antiche, la fondazione risale, infatti, al 1831 ed è dovuta a Giuseppe Martinotti. È un’azienda che si sviluppa arrivando presto a superare i 100 dipendenti, in una Torino attivissima (oggi sembra inconcepibile!) nell’industria dell’arredo.

La Martinotti non si limita alla fornitura di arredi raffinati per la corte sabauda e per la nascente borghesia[1], partecipa con successo alle principali esposizioni internazionali, tra cui persino quella di Filadelfia del 1875, vincendo un ricco medagliere che ornerà l’insegna della sede di via Barbaroux 9, nel centro della città.

La produzione è di alta qualità, intarsi in avorio, tartaruga, legni esotici, dorature e fusioni in metallo, con un’impostazione progettuale in sintonia con l’eclettismo allora imperante.

All’inizio del ‘900 l’ultimo discendente della famiglia, Federico Martinotti aggiorna la produzione affiancando ai mobili eclettici, arredi nel nuovo stile Liberty, realizzati su disegno di Oreste Pizio[2].

Nella grande esposizione torinese del 1902, quella che consacrerà il Liberty in Italia, la ditta espone un arredo in cui la realizzazione dei tendaggi, dei tappeti e della copertura delle poltrone è affidata alla ditta Pietro Colli.

La MIRAM (Manifattura Italiana Ricamo A Mano) di Pietro Colli era una ditta specializzata nella produzione di ricami, tappeti, tendaggi, borse e cuscini con complesse lavorazioni a mano.

In particolare fu la figlia Teresa ad occuparsi del reparto ricamo aggiornando la tradizione famigliare, risalente al 1850, recandosi periodicamente a Parigi per acquisire i modelli più nuovi. La produzione della ditta si distinse in particolare per i gobelin, con cui venivano decorati gli imbottiti, e per il ricamo bandera, eseguiti sia secondo le tecniche tradizionali sia escogitando soluzioni più moderne con elementi precostituiti in modo da abbassare i costi di produzione.

Dalla fusione delle due aziende (la Colli MIRAM acquisirà la Martinotti nel 1926[3]) nasce un laboratorio specializzato in grado di fornire direttamente ogni elemento d’arredo.

Nel 1895 nasce Pier Luigi Colli[4], il protagonista di questa storia.

La sua vocazione è precoce, nei primi anni del secolo decide di andare a studiare a Parigi, dove frequenta l’Ecole des arts décoratifs e dove, nel ‘25 visita la celebre esposizione di arti decorative. Nella sua biblioteca[5] si trova una rara edizione dei Croquis di Ruhlmann editi nel 1924 che potrebbe essere stata acquistata proprio in occasione dei frequenti soggiorni parigini. Figura particolarmente carismatica, nel 1921 entra nell’azienda paterna, fino ad allora gestita principalmente dalle sorelle, e con il suo entusiasmo porta ben presto l’azienda ai massimi vertici.

COLLI 3 LAMPADAColli inizia ad importare i vetri di Lalique, cui si ispira per la produzione di straordinari lampadari e le lampade di Jean Perzel di cui sarà rivenditore a Torino[6].

Già nel 1932 Lidia Morelli lo intervista[7] sul suo libro La casa che vorrei avere definendolo “noto artista arredatore”.

Forte di una vivace presenza nell’alta società torinese acquisisce una prestigiosa clientela, il registro dei clienti è stupefacente: alla voce FFSS troviamo l’allestimento del treno reale per i Savoia realizzato dalla Fiat[8]  trasformato poi in treno presidenziale. Altri lavori istituzionali sono: l’arredamento della Prefettura, le sale di rappresentanza della sede torinese della Banca d’Italia e l’aula magna dell’Università di Torino inaugurata nel ‘52 dal presidente Einaudi.

Degna di attenzione è la collaborazione con la carrozzeria Ghia di Torino per cui erano realizzati interni di autovetture fuoriserie tra cui la Chrysler Imperial consegnata a papa Pio XII nel 1954[9].

Nel periodo di maggiore espansione dell’azienda, tra gli anni ‘40 e ‘50, oltre ai negozi di esposizione a Torino la Colli ha una filiale a Roma in piazza di Spagna di fronte alla celebre scalinata e una a Milano in corso Matteotti 1, vicino all’Arteluce di Sarfatti, a Scaglia, Domus Nova e Casa & Giardino.

COLLI 5 POLTRONA PELOSA E MOBILETTOLo stile di Colli è contrassegnato da una minuziosa e artigianale lavorazione delle superfici dei mobili: il legno è trattato a godronature, incisioni, scanalature, intagli geometrici minuti, nelle gambe, nei braccioli, negli sportelli, nei cassetti. Negli anni ‘30 adopera il legno di palma, di rovere naturale, sabbiato o sbiancato, di noce e varie radiche con predilezione per quella di tuja. Dai primi anni ‘50 utilizza preferibilmente il palissandro con intarsi in legni esotici, madreperla e, raggiungendo livelli di straordinaria abilità, l’ottone. I cartoni e i bozzetti per gli intarsi e gli intagli erano realizzati da artisti torinesi come Pietro Morando o Pier Antonio Gariazzo o da un riconosciuto maestro della decorazione: Giovanni Gariboldi.

Il mobile particolarmente ben riuscito è magari riproposto per altri clienti ma sempre con adattamenti e modifiche. Il catalogo interno[10] permette di interpretare la filosofia aziendale: ogni mobile è descritto da un minuto ma preciso disegno e riporta a fianco indicazioni preziose: realizzato più alto per…. riuscito meglio con… modificato per… Ogni mobile è corredato dal numero di riferimento del modello con il rispettivo disegno esecutivo e all’inizio del catalogo il nome e la descrizione della fornitura.

A completamento di un insieme studiato in ogni dettaglio non poteva mancare la lusinga di un tappeto alla moda.

L’esecuzione dei tappeti su disegno Colli, in particolare su disegno di Teresa Colli, era affidato al Lanificio Val Bisenzio di Mercatale di Vernio dove Angelo Peyron sul finire dell’Ottocento impiantò, su di un preesistente mulino con annesso un modesto lanificio, una manifattura di tappeti annodati a mano .

In primis la fabbrica di Mercatale si occupava della riparazione di tappeti orientali mentre in seguito iniziò la lavorazione di tappeti annodati a mano su modello di quelli turchi, meno costosi di questi ultimi ma comunque appannaggio di una clientela medio-alta.

Per ridurre i costi dei manufatti, senza impoverire la qualità materica ed estetica, fu quindi introdotta la lavorazione meccanica di tappeti di “lana vellutata” che presentano caratteristiche molto vicine a quelle degli esemplari trovati nell’archivio Colli.

Il gusto della ditta Colli, anche per ciò che concerne la tipologie dei tappeti, si rifaceva ai grandi designers che collaboravano con le più importanti manifatture francesi e con gli architetti ed i “creativi” più in vista della Parigi  anni Trenta.

I tappeti decorati da forme geometriche scure su fondo chiaro, che ricorrono in diverse ambientazioni Colli, guardano senza dubbio alle realizzazione del celeberrimo pittore e disegnatore di origine brasiliana, Ivan da Silva Bruhns[11] che fondò a Parigi nel 1925 un proprio atelier di tessitura, battezzandolo “Manufacture de Savigny”. Diversi importanti architetti e “interior designer” utilizzarono le creazioni di Da Silva e fra loro sicuramente sono da annoverare Rhulmann,  Leleu, Follot e Montagnac.

Una tipologia ricorrente nei tappeti commissionati su disegno dalla ditta Colli è quella del “textured carpet” ossia di un tappeto decorato non tramite un disegno colorato su fondo a contrasto ma tramite le diverse altezze di pelo tono su tono.

L’ispirazione è ancora una volta di respiro internazionale, guardando in particolare alle tipologie predilette da Marion Dorn[12] ottenute tramite la tecnica del “velours relevè” (alto-basso) e quelle di Eugène Printz[13] a “velours de lain bisautè” che rientrano nella tipologia del texture carpet.

La statunitense Marion Dorn, fu una disegnatrice apprezzata sia di tappeti  a  motivi  stilizzati sia di “tapis texturé”, attiva a Londra , Parigi e New York, mentre Eugene Printz, ebanista ed arredatore nella Parigi del 1925,  iniziò a disegnare lui stesso i tappeti a completamento dei propri interni, inizialmente a motivi astratti ed in seguito con effetti di texture, realizzati dalla manifattura Lauer.

Oltre alla produzione dovuta alla creatività di Pier Luigi Colli per l’ebanisteria e Teresa Colli per il tessile è importante ricordare la realizzazione di arredi su disegno dei più grandi progettisti dell’ epoca che si avvalevano dell’abilità artigianale dell’azienda.

Gio Ponti fa realizzare dalla ditta Colli le pareti divisorie e i serramenti della sede torinese degli uffici Vembi Burroughs[14], Gariboldi gli arredi del negozio Ginori di Roma, Mollino i corrimano dell’ auditorium RAI e i serramenti del teatro Regio, Morbelli l’allestimento della gioielleria Fasano,  Morelli l’arredo del grattacielo Rai, Gabetti e Isola gli interni neoliberty della Borsa Valori, Augusto Romano i mobili presentati alla IX triennale di Milano.

COLLI 4 POLTRONA PELOSA E MOBILETTO

Alla sua morte, nel 1968, il testimone passa alla figlia Claudia. E’ un anno di rottura rispetto al passato. Sotto la nuova direzione artistica di Giorgio De Ferrari viene creata la Colli2, una collezione di mobili su disegno di Guido Drocco e Franco Mello, lo Studio 65, Giuseppe Raimondi progettisti che in seguito diverranno tra i più conosciuti designer torinesi.

L’azienda però non è preparata a realizzare mobili “per tutti” con criteri seriali.

La produzione, pur di altissimo livello, a causa della distribuzione di vendita limitata non avrà successo. I tempi sono ormai cambiati e l’azienda di lì a poco dismette gli impianti produttivi e liquida i dipendenti rimanendo attiva come solo studio di progettazione fino all’inizio degli anni ‘80.

Rimane tuttora indiscusso l’apprezzamento del pubblico verso l’eccellenza qualitativa della produzione e dello stile Colli, molto richiesti sia sul mercato antiquario nazionale sia su quello inglese e americano.

Lo spunto per quest’articolo nasce dalla pubblicazione del volume di Davide Alaimo e Silvia Mira Colli interni altoborghesi. Una storia di eccellenza torinese: Torino, Milano, Roma, 1831-1981.

In esso per la prima volta si analizza in modo puntuale la storia della ditta mentre la riproduzione anastatica del catalogo interno è uno strumento per conoscere quanto è realmente opera dei laboratori aziendali.

Tutte le immagini sono © Archivio Pier Luigi Colli.

 

[1] Nel 1880 Martinotti realizza l’arredo di palazzo Cisterna residenza del duca d’Aosta, informazione riportata nella Relazione di perizia per i danni di guerra, 1944 (archivio Claudia Colli).

[2] “Arte decorativa moderna”, anno I, n. 9 pag. 281 e segg.

[3] Scrittura privata tra la Signora Lydia Nasi Ved. Martinotti e la società in accomandita Manifatura Italiana Ricami A Mano già ditta Colli Pietro. (archivio Claudia Colli).

[4]Il vero impulso per lo studio dell’opera di Pier Luigi Colli nasce dal fondamentale libro di I. de Guttry e M. P. Maino, Il mobile italiano degli anni ‘40 e ‘50, Laterza, Roma-Bari 1992

[5] Il volume faceva parte della biblioteca personale di Pier Luigi Colli. La biblioteca aziendale comprendente i volumi ottocenteschi già dalla ditta Martinotti venne distrutta dall’incendio provocato dal bombardamento del 1943. Relazione di perizia per i danni di guerra, Cit.

[6] Archivio Pier Luigi Colli.

[7] L. Morelli, La casa che vorrei avere, Hoepli, Milano 1933, pag. 86.

[8] Ufficio pubblicità Fiat, Treno Reale,  Barabino & Graeve, Genova 1929. L’arredo del treno reale venne realizzato dalla ditta Colli su disegno dell’ artista Giulio Casanova.

[9] Valerio Moretti ( a cura di), Le auto dei papi,  Edizioni Autocritica, Roma, 1981, pagg. 70-71.

Nell’ archivio Colli è conservato il rilievo della precedente “papamobile” una Cadillac tipo 75, utilizzato per progettare il nuovo allestimento. Resta da indagare il rapporto della ditta con le numerose carrozzerie torinesi dell’ epoca. Tra i documenti ritrovati è citato anche l’allestimento interno di aerei da turismo.

[10] Archivio P.L.C. Si tratta di due quaderni di circa 200 pagine illustrati a penna con all’inizio l’ordine alfabetico dei clienti e numero progressivo riferito alle tavole esecutive.

[11] Cfr: S. Day, Tapis modernes et art déco, Editino Norma, Parigi 2002, p. 56-58, p. 187;

  1. Day Art Deco Masterworks. The carpets of Ivan da Silva Bruhns, Hali, n 105, july-august 1999, p. 78-81; Ivan da Silva Bruhns. Ensemble de projets de tapis. Guaches et aquarelles, cat. de vent. Hotel Drouot, Paris 17 juin 1998; Lamonaca Loggia, The carper design of Da Silva Bruhns, Cooper Hewitt, New York 1985 (tesi); Atelier Ivan da Silva Bruhns, cat. de vente Hotel Drouot, Paris 13 fevrier 1984; Marinane

[12] Cfr. S. Day, op.cit, 2002, p 160 ill. 222, p 188; V. Mendes, Marion Dorn, textil designer, Decorative Art Society, 1890-1940, Bulletin 2 1978

[13] Cfr. S. Day, op. cit., 2002, p 139 ill. 190 e p. 199; G. Bujon, J.J. Dutko, E. Printz, Edition du Regard, Paris 1986

[14] Gio Ponti, in “Domus” n. 270, maggio 1952, pag. 22 (Uffici Vembi Burrougs).