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Immagine ovvero Icona

L’arte dei primi cristiani non è sorta dal nulla, ma è il risultato di un’evoluzione che si verifica al contatto con le culture del mondo antico; culture che il Cristianesimo trova dove si affaccia e attraverso le quali traccia il proprio cammino, in Palestina il Giudaismo, in Grecia e nei paesi del vicino Oriente l’ellenismo, in Italia lo spirito romano e la sua concezione dell’immagine.

L’immagine nel giudaismo

In genere si ritiene che l’atteggiamento del giudaismo verso l’immagine sia totalmente negativo; ciò è basato sulla proibizione del Pentateuco: “Non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo né di quanto quaggiù sulla terra”.
Ma non tutte le rappresentazioni figurative erano proibite, come dimostrano gli ordini di cherubini dell’Arca (Tempio di Salomone) oppure le palme di cui parla Ezechiele come ornamenti del Tempio. Vi sono naturalmente motivazioni teologiche che si possono riassumere nella separazione tra l’uomo e il Creatore per il peccato di Adamo: l’immagine di Dio è mutilata nell’uomo. Ogni rappresentazione esprime una realtà falsa e diviene idolo.
Il sistematico rifiuto di tutte le immagini è avvenuto al tempo dei Maccabei, quando il giudaismo si sentì minacciato dall’ellenismo.
Oppure tale rifiuto aveva anche motivazioni politiche e serviva a difendere la cultura nazionale da ogni influenza romana.
Tuttavia, il mondo giudaico dimostra una certa tolleranza verso le immagini. In Israele si è scoperta a Beit Alpha una sinagoga del VI secolo decorata con mosaici rappresentanti l’Arca dell’Alleanza con i segni dello zodiaco e il Sacrificio di Isacco.
I giudei della diaspora si trovavano in un ambiente in cui l’immagine aveva un ruolo importante e quindi il loro atteggiamento fu più conciliante. L’esempio più celebre è la sinagoga di Dura Europos in Mesopotamia (III secolo d.C.) dove sono rappresentati interi cicli come la storia di Mosè, di Elia, di Daniele e di altri personaggi della Bibbia. Elemento che può essere visto come anticipatore dell’arte bizantina.

L’immagine presso i greci

 Per i greci l’immagine conservava un carattere misterioso, persino magico. Indubbiamente le loro immagini provengono da culti orientali più antichi, che si manifestano in riti. Il mortale che osava guardare gli dèi era colpito da follia e da cecità, ma sembra che si pensasse che anche certe rappresentazioni degli dèi avessero lo stesso potere.
Ciò è dovuto al fatto che alcune statue, come quella di Atena e di Artemide di Efeso, erano ritenute non fatte da mano d’uomo e scese dal cielo. Si veneravano queste immagini con riti di abluzioni e di unzione, si ornavano di fiori e si portavano cibi.
I Filosofi protestavano contro l’eccesso di questi riti, perché vedevano un pericolo per il carattere spirituale del divino; ma erano ascoltati solamente dai colti, mentre il popolo affondava nella superstizione. Anche Platone vedeva il pericolo di tale venerazione ma pensava che anche i colti dovessero partecipare ai riti per ottenere il favore degli dèi e per far piacere agli uomini.
Se il bilancio dell’influenza dell’arte antica sembra negativo nella teoria, non bisogna nascondere l’indubbio influsso sull’arte dei cristiani e sull’iconografia (la testa della Medusa può essere considerato come uno dei modelli possibili dell’icona). Tanto è vero che nei vari ‘Rinascimenti’ di Bisanzio, si tornava all’arte antica, pur intrisa di paganesimo, per attingervi ispirazione artistica da tradurre in chiave cristiana.

Il ruolo dell’immagine nell’Impero Romano

Fin dalle sue origini la Chiesa primitiva fu in contatto con la cultura di Roma in cui l’immagine aveva un ruolo particolare.
Probabilmente, all’inizio dell’epoca storica, la religione dei romani non aveva immagini. È sotto l’influenza della cultura greca che si sviluppò un’arte religiosa; nell’Oriente ellenistico, i ritratti dei sovrani erano oggetto di un culto di adorazione che sarà all’origine del culto degli Imperatori romani (obbligatorio per legge da Caligola). L’immagine nel mondo romano non dipende solo dall’ordine religioso, ma anche da una funzione giuridica. In alcune situazioni l’immagine dell’imperatore tiene il posto dello stesso, diviene un sostituto giuridico, una presenza (in tribunale il giudice al cospetto dell’immagine decideva come Cesare; alla consegna di una città si consegnavano le chiavi al cospetto dell’immagine).
Una volta avvenuta la conversione, la presenza giuridica, e la tradizione religiosa del culto imperiale acquisiscono una nuova sacralità che in seguito passerà alle immagini cristiane.
Questo è molto importante per comprendere il ruolo e la concezione delle Icone nel mondo bizantino.
Uno studio recente di André Grabar ha mostrato come i cristiani hanno assimilato l’iconografia pagana: il Filosofo diviene Cristo, Apostolo o Profeta; all’Imperatore e all’Imperatrice sul trono corrispondono Cristo e la Vergine tra gli Angeli o i Santi; all’offerta dei doni, l’adorazione dei magi. Anche i ritratti hanno i loro modelli nell’arte pagana: ai tratti individuali del santo, l’arte cristiana produce dei tipi ed esprime la loro funzione. L’Iconografia pagana serve da matrice all’iconografia cristiana.

I primi cristiani e l’Immagine

I primi cristiani erano in netta opposizione con il mondo pagano romano, e con la relativa importanza dell’immagine. Provenienti dalla Palestina consideravano l’immagine come idolatria; essi rifiutarono il culto divinizzato dell’imperatore.
Altri motivi spiegano perché l’immagine non aveva importanza nella Chiesa Primitiva: i fedeli costituivano piccole comunità, molto povere, non avevano quindi né i mezzi per pagare gli artisti né gli spazi per esporle.
La concezione e la finzione dell’immagine pagana erano troppo differenti dallo spirito del cristianesimo per essere espressione della fede.
Ciò sì vede nell’arte delle catacombe.

L’arte delle catacombe

In un primo tempo i cristiani adottano i simboli pagani attribuendo loro significati più profondi: le stagioni, che per i pagani erano il segno della vita al di là della morte, divengono simbolo della Resurrezione; il giardino, la palma, la colomba, il pavone rievocano il Paradiso celeste; la nave, simbolo della prosperità e di una felice traversata della vita, diventa la Chiesa, come l’entrata della nave nel porto non significa la morte ma la pace eterna.
Un insieme di simboli come riflesso dell’insegnamento della fede e mezzo di conoscenza più profonda del cristianesimo per i fedeli.
Ove non vi fossero simboli pagani per determinare alcuni aspetti, se ne facevano di nuovi: la moltiplicazione del pane come banchetto eucaristico, l’adorazione dei magi come ammissione dei pagani alla fede ed altri come la vigna, mistero della vita di Dio nei battezzati, e del pesce, che per i giudei era simbolo del nutrimento messianico, e che per un acrostico diviene simbolo di Cristo (i-ch-th-it-s Gesù-Cristo-Figlio-di Dio-Salvatore).
E’ sorprendente come l’arte delle catacombe presenta in Spagna, in Asia Minore, nell’Africa del Nord come in Italia, gli stessi simboli, pur non essendoci indicazioni ufficiali della Chiesa.
Anche dal punto di vista pittorico le caratteristiche appaiono le stesse fino all’età di Costantino: una gamma ristretta di colori, un po’ di luce per sottolineare l’essenziale con grande sobrietà.
Una ricerca cosciente del mondo spirituale in un mondo naturalistico.

Nei volti dipinti secondo lo stile dei ritratti delle mummie del Fayum, i grandi occhi aperti oltrepassano il simbolo e diventano comunione con il Regno: la luce del Regno irraggia lo spettatore.
Ma i volti delle catacombe non sono immagini del culto; esse non sono venerate perché non sono rappresentazioni di Cristo e della Vergine, restano, quindi, nella sfera del simbolo.
L’immagine non potrà oltrepassare questo limite fino a quando la Chiesa, con i primi Concili, non elaborerà il Mistero dell’Incarnazione.

L’arte della chiesa costantiniana

Con l’era costantiniana, la conversione degli imperatori e l’afflusso di nuovi cristiani, inizia la creazione di un’estetica che determinerà l’arte nei secoli successivi.
Sia a Roma sia a Costantinopoli con l’esaltazione del potere del ‘Basileus’, l’arte assumerà un nuovo contenuto: il riflesso dell’onnipotenza divina.
L’aristocrazia cristiana elargirà le sue ricchezze agli artisti che potranno creare in nome della fede. Sorgeranno, quindi, nuove forme di immagini. Cristo, da vecchio filosofo, diverrà un giovane, dai tratti dolci, maestro in trono, circondato da santi ed apostoli.
Ma se all’inizio del IV secolo, l’arte cristiana adotta le forme dell’arte imperiale, verso la fine il movimento si capovolgerà. Favorita dalla posizione di equidistanza tra Occidente ed Oriente, Costantinopoli, per la sua potenza politico-economica, diviene punto di cristallizzazione di una nuova arte, cristiana per la sua essenza, ellenistica ed orientale per le sue radici: l’arte bizantina.
In questa città le culture antiche confluiranno in un linguaggio estetico di una logica ed omogeneità rare. Per due secoli, fino a Giustiniano, l’immagine sacra troverà la sua forma definitiva.
Dal mondo ellenistico (Alessandria e Grecia) riceverà l’armonia, la misura, la grazia, il ritmo, rifiutando le forme idealiste prive di verità; dall’Oriente (Gerusalemme ed Antiochia) l’immagine riceverà la vista frontale, i tratti realistici, naturalmente privi di naturalismo. A partire da quest’epoca Cristo sarà rappresentato con una lunga capigliatura, con la barba e gli occhi scuri. Il velo delle figure femminili, che copre i capelli fino alle ginocchia (come nelle icone della Vergine) proviene anch’esso dalla civiltà orientale.
In questi secoli l’arte sacra trova una sua dimensione nella vita della Chiesa.
L’arte bizantina non differisce, nella sua essenza, dall’arte sacra dell’Occidente, con la quale forma la grande koinè cristiana.
Quale, dunque, sarà la linea di demarcazione?
Il carattere specifico dell’arte bizantina sta nella concezione di immagine quale simbolo e segno. Sia nella visione di Costantino, prima della battaglia di Ponte Milvio, della Croce fiammeggiante con la scritta ‘in hoc signo vinces’, sia nei volti di Cristo Acheiropoietòs posti sul drappo delle aste, l’immagine assume la funzione di protezione, di vittoria sul nemico, qualsiasi nemico, in altre parole il male.
La concezione di simbolo efficace appare anche nella pietà popolare.
Il IV e V secolo sono stati i secoli d’oro dei Grandi Padri della Chiesa e del monachesimo, ma anche epoca in cui si amavano venerare i Santi e i luoghi del loro martirio.
Il gusto del pellegrinaggio provocherà la produzione di tutta una serie di ampolle e di reliquiari che saranno per i credenti non solo oggetti-ricordo, ma anche, e specialmente, presenza della forza protettrice del santo stesso. Il pericolo di cadere nella superstizione era reale; l’estensione di questo fenomeno provocherà l’ostilità degli iconoclasti.

Il periodo iconoclasta

Dall’epoca costantiniana del IV secolo all’XVIII secolo l’immagine acquisisce una sua dimensione nell’arte sacra della Chiesa, e diviene, con la trasformazione in immagine di culto della pietà dei fedeli, Icona.
Ma dall’XVIII secolo alla metà del IX si assiste ad un grigio periodo di lotte, in nome dell’immagine, che hanno provocato tantissimi fatti di sangue.
Centocinquanta anni in cui Imperatori d’Oriente, con motivazioni di ordine teologico, occuparono gran parte del tempo del loro regno nel convocare Concili, per lo più contrari al culto delle immagini (il Quinisesto o del Trullo, di Hieria, di Nicea II), con la conseguente distruzione di numerosissime Icone.
Il punto del dissenso teologico stava, secondo gli iconoclasti, nella impossibilità umana di rappresentare il Divino; un rifiuto, per lo più figlio della dottrina monofisita della unione ipostatica (le due nature distinte in Cristo).
Il culto delle Icone aveva un grosso seguito sia nel popolo, sia nel monachesimo, che ebbe tra le sue fila le vittime più numerose; nonostante le vere e proprie persecuzioni i monaci continuarono non solo a difendere le immagini, ma anche a diffonderle. Sorsero numerosissimi monasteri (distrutti dagli iconoclasti e poi ricostruiti più grandi), e divennero in breve centri importanti non solo per la religione ma anche per la scienza e l’economia. (Motivazione politica – economica dell’avversione degli iconoclasti).
Verso la metà del IX secolo, il culto delle Icone è definitivamente accolto e torna a trionfare l’ortodossia.
Attraverso questo breve viaggio dalle origini dell’immagine, alla sua dimensione sacrale nella cultura bizantina, si è giunti alla definizione di alcuni punti fondamentali:

– Arte religiosa ovvero insieme di simboli come riflesso dell’insegnamento della fede e mezzo di conoscenza più profonda del cristianesimo per i fedeli.
– Arte religiosa come ricerca cosciente del mondo spirituale in un mondo naturalistico
– Immagine come segno e simbolo efficace di una realtà soprannaturale
Questi punti definiscono nella sua essenza il significato dell’Icona.