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Dipinti Antichi: scoprire per conoscere

Una collezione, così come un catalogo d’asta, è una galleria di artisti che nel corso dei secoli si sono cimentati nell’illustrare in forma sacra o profana la storia degli uomini e degli dei.  Per il connoisseur, come per l’appassionato la visione diretta o indiretta delle opere documenta una passione che prescinde dall’investimento e tocca aspetti intimi e profondi di un percorso di formazione estetica e culturale che spesso non ha fine.

Con l’evolversi della letteratura storico-artistica in questi ultimi decenni, sempre più di rado capita di imbattersi in artisti ‘rari’ alla conoscenza condivisa del mercato dell’arte.

Nella prossima asta di Dipinti Antichi del 27 maggio una tavola ad olio raffigurante San Girolamo, firmata e datata: “NICOLAVS CARAVAGINVS PX 1523” , mette in evidenza un’artista come Nicola Moietta – detto Nicola da Caravaggio – di cui si conoscono poche opere del suo percorso creativo.

Nativo di Caravaggio in provincia di Bergamo e attivo durante la prima metà del XVI Secolo, la prima opera a noi nota è la Madonna col Bambino e Santi custodita nel Palazzo Comunale della cittadina lombarda (firmata e datata 1521); di un anno successiva è la pala del Santuario della Madonna delle Lacrime a Treviglio, mentre è del 1529 L’Adorazione dei pastori della chiesa parrocchiale a Caravaggio. Firmati sono altresì gli affreschi sempre riconducibili ai primi anni del terzo decennio realizzati nella parrocchiale di Treviglio, in analogia con quelli della chiesa di San Bernardino di Caravaggio. A chiudere lo scarno catalogo sono la pala firmata e datata 1629 custodita nella chiesa dei Santi Fermo e Rustico e la Santa Lucia datata 1537 affrescata in San Martino a Treviglio.

Formatosi nell’ambito di Bernardo Zenale e Bernardino Butinone, era un maestro completamente partecipe alla temperie culturale milanese del primo Cinquecento, capace di esprimere in maniera eclettica un linguaggio che fonde tradizione quattrocentesca, compiacenze leonardesche, influenze mantovane e risonanze nordiche.

D’intonazione tizianesca un Ritratto di dama (forse la Duchessa Sforza), che Rodolfo Pallucchini nella monografia del 1969 attribuisce al maestro cadorino (e ancor prima l’autore della mostra del 1884 alla Royal Academy di Londra) mentre Eberhard Ruhmer crede di mano di Bernardino Licinio, sicuramente una tela dal grande impatto plastico e cromatico che attrasse l’attenzione di Robert Stayner Holford quando fece erigere Dorchester House a Parke Lane, uno degli edifici più suntuosi della Londra vittoriana di fine Ottocento.

Rimanendo nel territorio degli incontri inconsueti tre opere del Seicento napoletano spiccano nell’accattivante lista dei Dipinti Antichi: un Matrimonio mistico di Santa Caterina d’Alessandria di Francesco Guarino già nella collezione romana del Barone Fassini.  La sua maniera riprende il sensuale e tenebroso cromatismo di Massimo Stazione, ma l’intonazione cromatica è chiara, con gialli e rossi brillanti alternati a verdi scuri e lucidi, il clima è domestico e austero, gli affetti così come i virtuosismi pittorici e narrativi – come non notare la mano del Bambino dolcemente appoggiata a quella di Giuseppe – che rendono Francesco Guarino uno degli artisti più eleganti del panorama partenopeo tra gli anni Trenta e Quaranta del Seicento insieme a Bernardo Cavallino.  Una Maddalena di Andrea Vaccaro, che seppe nella Napoli travolta dal naturalismo del Caravaggio e di Battistello Caracciolo, interpretare con raffinato lirismo il sentimento di puro plasticismo classicista di Guido Reni con le severità tenebrose dei suoi coetanei, come il sopra citato Cavallino e Massimo Stanzione, non dimenticando evidenti influssi vandichiani nelle tematiche illustrative. Infine, una Battaglia di Marzio Masturzio dalle dimensioni inusuali (233 x 60 cm), tipica del prima maturità quando l’artista svicolato dalla lezione di Aniello Falcone, e trasferitosi con Salvator Rosa a Roma, sente vicino alla sua sensibilità la maniera di Jean Cortois (detto il Bergognone delle battaglie).