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Alessandro Magnasco e la meraviglia colta al naturale

Di origine genovese ma formatosi a Milano nella bottega di Filippo Abbiati (1640-1715), Alessandro Magnasco (Genova, 1667 – 1749) fu influenzato sin dalle prime fasi dall’arte lombarda, in cui l’enfasi sul chiaroscuro e sui colori si differenziava dalla diversa e vivace tavolozza in uso dagli artisti genovesi. Tuttavia, il suo stile vibrante e di tocco, può trovare comparazioni nei bozzetti d’età barocca e in modo particolare nelle opere in piccolo di Valerio Castello ma anche di Bernardo Strozzi e Giovanni Battista Carlone. Scorrendo il catalogo dell’asta di Dipinti Antichi e del XIX secolo che si terrà a Genova nei prestigiosi spazi di Villa Carrega Cataldi il 5 marzo 2024 emergono due opere che per la manipolazione fluida ed espressiva delle pennellate unita ad una preziosità e uno spessore cromatico fuori dal comune, sono esemplificative della rapida e guizzate maniera del Magnasco.

Il primo è un Ritratto di dama (lotto 115, stima 20.000 – 30.000 euro) un’opera giovanile dell’artista genovese proveniente dalla collezione Koelliker di Milano, che conferma che oltre ad essere celebre per i suoi paesaggi eremitici e fraterie, Alessandro Magnasco fu parimenti abile ritrattista, il cui talento fu riconosciuto precocemente dal Ratti: “de’ quali buon numero ne condusse e a maraviglia colti dal naturale”. Il biografo offre altresì un utile riscontro cronologico per questa peculiare produzione, descrivendo il pittore “sbarbato”, ossia giovanissimo. Infatti, la critica attuale discerne che i suoi ritratti sono databili tra la fine degli anni Ottanta e l’ultimo decennio del secolo, quando: “abbandonata la pratica de’ ritratti, s’appigliò ad un certo dipingere di piccole figure contenenti alcune graziose rappresentanze, per le quali s’acquistò tanta fama” (Ratti 1769, pp. 156-157).

Lotto 115. ALESSANDRO MAGNASCO (Genova, 1667 – 1749), Ritratto di dama, Olio su tela, cm 70X50. Stima € 20.000 – 30.000

Non conosciamo i motivi che indussero l’autore a tralasciare il genere ma possiamo riconoscere in queste opere un tenore d’ascendenza romana, in analogia con le effigi di Gaulli e Jacob Ferdinand Voet (documentato a Milano tra il 1680 e il 1681).

Possiamo osservare un questo dipinto un carattere “internazionale” indica una erudizione aggiornata e di ampio respiro, con chiari accenni d’eleganza rocaille, ma che paiono preannunciare gli esiti del Ghislandi. Tutto ciò risulta ancor più rilevante se pensiamo che l’opera è una sua prima testimonianza, in cui l’autore esprime una sprezzatura e una modernità che, pur debitrice dei modelli citati e dagli esempi genovesi di Mulinaretto e Giovanni Enrico Vaymer, denota una sorprendente autonomia.

Lotto 115. ALESSANDRO MAGNASCO (Genova, 1667 – 1749), Ritratto di dama, Olio su tela, cm 70X50. Stima € 20.000 – 30.000

In questo caso Magnasco riesce a coniugare il vero di natura con la barocca eleganza delle vesti che spiccano in forza del cangiantismo dell’abito corredato da raffinati merletti, per non dire della forza espressiva del volto, rivelatore di un misurato compiacimento e una calcolata alterigia. L’esito, sia pur celebrativo, è quanto mai indirizzato a comunicare una nuova e diversa consapevolezza sociale e culturale dell’effigiata. Possiamo quindi appurare che Magnasco rigetta l’idea che il ritratto debba arrestarsi ai limiti di una immagine adulatrice, avviando una ricerca che lo condusse a tracciare innovative osservazioni sulla società.

Lotto 115. ALESSANDRO MAGNASCO (Genova, 1667 – 1749), Ritratto di dama, Olio su tela, cm 70X50. Stima € 20.000 – 30.000

La seconda opera è un Capriccio con musicista e contadini davanti ad un altare portatile con Sant’Antonio da Padova (lotto 117, stima 30.000 – 50.000 euro) dove il predicatore è raffigurato nell’atto di nell’atto di indicare uno stendardo su cui è scritta la parola “orate”, esortando i viandanti alla preghiera. L’altare portatile dedicato a Sant’Antonio da Padova suggerisce che le scene ivi rappresentate espongono gli episodi salienti della sua vita e alla recita del cantastorie si accompagna un musico con la tiorba. Lo stile del dipinto indica una datazione alla prima maturità, verosimilmente entro il 1710 e l’iconografia è tematicamente affine a un quadro appartenente al Museum der Stadt di Heidelberg (Cfr. L. Muti, D. De Sarno Prignano, p. 224, n. 134; p. 395, fig. 187) e a quello di collezione privata pubblicato dalla Franchini (Cfr. F. Franchini Guelfi, Alessandro Magnasco, Soncino 1991, pp. 50-51, n. 20).

Lotto 117. ALESSANDRO MAGNASCO (Genova, 1667 – 1749), Capriccio con musicista e contadini davanti ad un altare portatile con Sant’Antonio da Padova, Olio su tela, cm 64X51. Stima € 30.000 – 50.000

In questo caso il Magnasco impiega un’inconsueta tonalità chiara e l’iconografia coniuga il gusto picaresco a una tematica di devozione popolare, conseguita con una scrittura pittorica veloce e spezzata che riscontriamo nelle composizioni realizzate a Firenze per Ferdinando de’ Medici (1703-1709). Si può infatti intuire l’influenza di Jacques Callot e delle opere “in piccolo” collezionate dal principe che indussero l’autore a precise scelte linguistiche e culturali, permettendogli di modulare la severità lombarda e le raffinatezze dell’arte genovese d’età barocca in maniera personalissima. Si devono qui ricordare anche le suggestioni e le contiguità stilistiche di Magnasco con Sebastiano Ricci, la cui arte era in quel momento ancor memore delle creazioni di Langetti, Zanchi e Paolo Pagani e se l’incontro con il Lissandrino condusse il pittore veneto ad accentuare gli aspetti drammatici, Ricci offrirà al collega genovese di misurarsi con le cromie e una narrativa di maggiore complessità scenica.

Lotto 117. ALESSANDRO MAGNASCO (Genova, 1667 – 1749), Capriccio con musicista e contadini davanti ad un altare portatile con Sant’Antonio da Padova, Olio su tela, cm 64X51. Stima € 30.000 – 50.000