1202 Views |  Like

CAPO d’ARTE 2a edizione

di Ludovico Pratesi

Per il secondo anno consecutivo ho accettato l’invito a curare una mostra a Gagliano del Capo, un piccolo villaggio del Salento a pochi chilometri da Santa Maria di Leuca, convinto innanzitutto dalla passione e dalla dedizione del gruppo organizzatore, poi dalla lungimiranza dei sostenitori pubblici e privati, infine dalla bellezza degli spazi che hanno ospitato la mostra.

La mostra “Puglia Contemporanea: Illuminazioni” nasce dall’iniziativa di quattro amici provenienti da esperienze professionali diverse: Francesca Bonomo, Tiziana Frescobaldi, Francesco Petrucci, Mirko Pozzi. Insieme hanno fondato l’associazione Capo d’Arte e, lungimiranti e ambiziosi, si sono posti l’obiettivo di portare nel Salento le ultime tendenze dell’arte contemporanea cercando di mescolare identità del territorio e dimensione globale dell’arte, innovazione e tutela, sperimentazione e tradizione.

Le istituzioni pubbliche hanno colto l’importanza del progetto e lo hanno supportato. Prestigiosi sponsor privati non sono stati da meno: hanno dato il loro contributo istituti creditizi, eccellenze nei campi dei media e della tecnologia e Wannenes, che era presente al vernissage con una folta rappresentanza: Guido Wannenes, Guido Vitali (direttore del dipartimento di arte contemporanea), Irene Niosi (associata di Roma) e Francesco Petrucci nella doppia veste di collaboratore del dipartimento di arte contemporanea e di organizzatore dell’evento.

Infine, gli spazi espositivi, un luogo tanto insolito quanto affascinante: palazzo Gargasole a Gagliano è un’antica residenza gentilizia abbandonata da più di venti anni. Una corte centrale, sei stanze dalle pareti scrostate, una scala esterna che conduce ad un primo piano inagibile: il tutto carico di quel senso di decadenza morbida e maestosa tipica del nostro meridione più estremo. Un luogo perfetto per essere interpretato attraverso un fil rouge che ho voluto identificare con la luce, intesa non solo in senso fisico ma soprattutto simbolico, concettuale e metaforico: una materia duttile e impalpabile, che gli artisti di oggi frequentano con intenti diversi ma sempre significativi.

Così è nato il progetto Illuminazioni che riunisce 8 artisti delle ultime generazioni, 7 italiani e 1 tedesco, che compongono una panoramica di interpretazioni complesse e profonde, in grado di potenziare la componente evocativa di ogni singola opera.

Un itinerario espositivo che comincia con le immagini fotografiche di Mario Airò, che documentano interventi realizzati con il raggio laser nella periferia dell’Aquila e in Trentino, quasi a voler riflettere sul rapporto tra luce artificiale e naturale nel paesaggio. Il light box di Sarah Ciracì rappresenta un mappamondo azzurro, liquido, legato ad un immaginario astronomico ma anche antropologico, come a sottolineare la condizione effimera della società globale, affascinante ma priva di reali confini. Flavio Favelli propone un grande lampadario ricomposto, scultura monumentale e ironica, testimonianza di una cultura dell’abitare oggi perduta per sempre. Alfredo Pirri presenta un leggio metallico illuminato dal basso per proiettare geometrie luminose colorate, quasi a volersi ricollegare alle sculture di artisti delle avanguardie storiche come Naum Gabo e Lazslo Moholy-Nagy. Riccardo Previdi rivisita la cultura del design italiano degli anni settanta, dominato da figure come Achille Castiglioni, Dino Gavina e Bruno Munari, con una grande scultura realizzata con materiali poveri ma di grande suggestione visiva. Elisa Sighicelli ha portato il mare nel palazzo Gargasole con un video dove i cavallucci marini nuotano nell’oscurità, protagonisti di un’opera video sospesa in una dimensione poetica e metafisica, in netto contrasto con i volti e le architetture delle “vele” di Scampia interpretate dall’artista tedesco Tobias Zielony con una videoinstallazione proiettata nella kaffeehaus del giardino di palazzo Daniele. Un interessante sguardo di uno straniero su uno dei luoghi più degradati del Meridione, in grado di illuminare con la sua cruda verità un aspetto doloroso ma autentico della nostra penisola. Più vicina alla cultura tradizionale della sua terra d’origine appare invece la scultura di Francesco Arena, una tavola di legno spaccata che racchiude un’aureola di luminarie, quasi un messaggio metaforico legato ai danni che può provocare l’eccesso di religiosità.
Per una mostra nel cuore del Salento, l’interpretazione non sembra inappropriata!