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Stefano Bruzzi. L’infinita luce della natura

Rosanna Nobilitato

La luce del paesaggio innevato è luminosa e cristallina, il biancore della neve avvolge ogni cosa mentre le figure a cavallo, protagoniste della scena, assumono toni netti e incisi proiettandosi contro il cielo limpido dove la luce si riverbera. Il manto nevoso si accende di tonalità delicate dove i colori rosati e gli azzurri si fondono come per incanto, creando un atmosfera magica e molto suggestiva.  

La natura è maestosa e monumentale nella pittura di Stefano Bruzzi, sicuramente uno dei più sensibili interpreti dell’arte figurativa italiana del paesaggio del XIX secolo – una fama che varcò le Alpi grazie all’amicizia con il pittore svizzero Arnold Böcklin – perché forte è il legame che lo lega ad un paesaggio montano che egli sente affine alla sua indole solitaria, e che si sostanzia in un costante studio dal vero che rende la sua arte tanto romantica e appassionata nello spirito, quanto trasparente e schietta nella resa pittorica.
Le sue opere ritraggono spesso greggi di pecore o mandrie di bovini con i pastori, che pascolano sui verdi pendii o gli innevati altopiani dell’Appennino piacentino, che passavano davanti a lui in una beata e silente solitudine. Ma è nei paesaggi imbiancati, resi vibranti da una luce cristallina e tersa, che si amplifica all’infinito il profondo sentimento di condivisione con una natura che è amica e musa della suo mondo poetico.