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Rhinoceros. Eterni e contemporanei

Fondazione Alda Fendi – Esperimenti
di Roberta Olcese

“La nostra Fondazione sarà la succursale dell’Ermitage a Roma”. È possibile avere un’idea così ambiziosa senza essere un museo? La Capitale della grande bellezza scommette sul futuro e si propone come hub artistico e culturale dei giorni nostri.
Dal 2001 Alda Fendi, una volta uscita dalla maison di moda di famiglia oggi di proprietà del gruppo LVMH di Bernard Arnault, si è impegnata a sue spese per promuovere la cultura e l’arte contemporanea. Non è raro incontrarla alla Biennale di Venezia piuttosto che nelle gallerie di Art Basel, a caccia di spunti e idee.
Eppure per l’inaugurazione della nuova sede della “Fondazione Alda Fendi – Esperimenti”, una palazzina nel cuore del centro archeologico romano al Velabro – progetto ambizioso firmato da Jean Nouvel ribattezzato “Rhinoceros” – ha guardato indietro nel tempo ed è riuscita a esporre uno dei geni inafferrabili del Rinascimento Italiano: Michelangelo.
In occasione della presentazione nei nuovi spazi il direttore artistico Raffaele Curi ha immaginato un dialogo tra il genio fiorentino e l’archistar francese. I primi due piani dell’edificio in acciaio con rimandi al passato ospiterà fino al 13 dicembre un nucleo di 16 disegni firmati da Michelangelo, raffiguranti monumenti di Firenze e Roma provenienti da Casa Buonarroti di Firenze. Nouvel osserva: “La fragilità dei disegni di Michelangelo si presenta a noi allo stesso tempo come delle riflessioni personali e come un saggio di studio, sulla nascita dell’idea e della forma, premonizione di quanto mostrerà nella fabbrica di San Pietro e a Firenze”.
Per chiudere il cerchio michelangiolesco a dicembre la Fondazione ospiterà per tre mesi “L’Adolescente” una delle poche sculture del Buonarroti conservate all’estero nelle collezioni del museo di San Pietroburgo con cui è stata avviata una preziosa collaborazione.
La scultura è a dimensioni ridotte rispetto agli altri lavori dell’artista e mostra un ragazzo accovacciato, con i muscoli definiti, e le masse costruite come nelle opere monumentali che nessuno si sognerebbe di spostare. Faceva parte del progetto di Michelangelo per la Basilica di San Lorenzo a Firenze.
Nel 1534 l’artista aveva scolpito il marmo senza terminarne le rifiniture, stanco quindi della vita fiorentina si era trasferito a Roma dove aveva da terminare il “Giudizio Universale” della Cappella Sistina. Fendi ha ristrutturato sotto la guida di Nouvel una palazzina di sei piani nell’area archeologica tra Circo Massimo e Bocca della Verità. Grazie alle idee avveniristiche di Raffaele Curi, l’illuminazione ha avuto un ruolo rilevante e se ne sono occupati Vittorio e Francesca Storaro, premio Oscar per “Apocalypse Now”, “Reds” e “L’ultimo Imperatore”. L’intreccio di luce gialla e rossa illumina l’arco di Giano, a lungo messo in ombra e un po’ dimenticato accanto alla chiesa di San Giorgio al Velabro. “L’Arco è un manufatto del IV secolo ed è una delle tante meraviglie poco visitate e semi‐dimenticate della Città. Pochi si soffermano a meditare che a pochi metri da qui, nel Foro Boario, si compivano rituali e sacrifici antichissimi, e si movevano i primi passi della Roma antica”. Spiega Alda Fendi.
Il progetto della Fondazione è creare uno spazio multiculturale e possiamo dire anche multimediale nel centro storico e archeologico. La nuova sede collocata tra Circo Massimo e Bocca della Verità guarda avanti forte degli interventi in acciaio che si confondono con la storia dell’edificio.
Alda Fendi e Raffaele Curi immaginano di portare a Roma le sculture ciclopiche di Urs Fischer, magari proprio un rinoceronte che è il nuovo simbolo della Fondazione.
“Il Rinoceronte, specie minacciata di estinzione, è il simbolo stesso di un’idea di pianeta più giusto, che rispetta il lato ancestrale della natura”, osserva la mecenate. E dal nuovo palazzo lancia un messaggio forte alla Capitale: “noi romani dobbiamo risvegliarci da una specie di torpore: siamo così tanto circondati dall’arte e dalla Storia che diamo per scontato tutto quello che abbiamo”.
La strada è ancora lunga e serve sinergia per replicare a Roma il modello milanese di successo coinciso con Miart. Ma bisogna pur sempre iniziare.