520 Views |  Like

Iconici senza tempo

Antonio Gesino

Sandro Bettagno, grande storico dell’arte veneta, a proposito della visione di un dipinto amava ripetere: “Nei quadri uno vede quello che sa”: per il collezionista è sempre intrigante la ricerca delle fonti, dei documenti, delle precedenti attribuzioni. Ciò non toglie l’incertezza, ma è sufficientemente appagante. È un viaggio che inizia con il rispetto delle regole auree di qualità, provenienza e stato di conservazione, alla quale se ne aggiunge una quarta – nata da una società della visualità globale come è quella contemporanea – che chiede che l’opera sia iconica, ovvero che raccolga in sé il maggior grado di riconoscibilità espressa al livello più alto che dell’artista si conosca.
Nella prossima vendita di Dipinti Antichi del 25 giugno tre opere soddisfano tali requisiti, tanto ricercati da un nomadismo collezionistico che premia sempre di più l’inedita originalità
Il primo è una grande tela raffigurante il “Trionfo di Nettuno e Anfitrite” di Filippo Napoletano (Teodoro Filippo di Liagno [Napoli/Roma? 1589 – Roma, 1629]), dove l’artista rielabora le suggestioni manieristiche di Jacopo Zucchi in chiave teatralmente barocca.
Il secondo è un modelletto dello “Sposalizio della Vergine di Carlo Maratti (Camerano, 1625 – Roma, 1713) per pala d’altare andata dispersa della cappella Alaleona nella chiesa di Sant’Isidoro a Roma, che fu interamente decorata dal maestro tra il 1652 e il 1656 per conto di Flavio Alaleona.
La terza, infine, è un’intensa “Santa Caterina” di Giovan Battista Boncori (Campli, 1633 – Roma, 1699), migliore allievo di Pier Francesco Mola, artista capace di coniugare un delicato naturalismo dagli accenti bolognesi e neo-veneti ad un’elegante classicismo di influsso marattiano.