VITTORE CARPACCIO

dal 18 marzo al 18 giugno 2023

VITTORE CARPACCIO. DIPINTI E DISEGNI
Mostra a cura di Peter Humfrey con Andrea Bellieni e Gretchen Hirschauer

COMUNICATO STAMPA

Comune di Venezia e Fondazione Musei Civici di Venezia, con la collaborazione della National Gallery of Art di Washington, propongo in Palazzo Ducale (dal 18 marzo al 18 giugno) la prima grande monografica su “Vittore Carpaccio”. Dipinti e disegni”, dopo quella che la medesima sede ha ospitato nel lontano 1963.

La grande retrospettiva, accolta nell’Appartamento del Doge, si è potuta concretizzare grazie alla collaborazione tra i MUVE e la National Gallery of Art di Washington dove, con il titolo “Vittore Carpaccio: Master Storyteller of Renaissance Venice” la mostra ora al Ducale era stata allestita dal 2 novembre 2022 al 12 febbraio di quest’anno, con grande successo di pubblico e ampio seguito mediatico. 

La curatela del progetto è stata affidata a Peter Humfrey, riconosciuto specialista del pittore e del suo contesto, con Andrea Bellieni, curatore dei Musei Civici di Venezia, e Gretchen Hirschauer, curatrice della pittura italiana e spagnola alla National Gallery of Art di Washington.

La mostra al Ducale propone ben 70 opere dell’artista, di cui 42 dipinti e 28 disegni, sei dei quali sono recto/verso, per cui le opere da ammirare nel complesso salgono a 76.

Mostra promossa dalla Fondazione Musei Civici di Venezia in collaborazione con la National Gallery of Art di Washington

TESTO DI ANDREA BELLIENI
Responsabile del Museo Correr e co-curatrore della mostra 

Vittore Carpaccio (1465 ca. – 1525 o 1526) fu indubbiamente uno dei pittori più originali, fantasiosi e inventivi operanti nella Venezia del pieno Rinascimento, all’epoca straordinario crocevia economico e culturale. 

Allora la Serenissima era una vera ‘potenza’ europea e mediterranea, benché colpita da gravi crisi, come fu la Guerra di Cambrai (1509-14) col papato, altri stati italiani, regno di Francia e Impero germanico.

Carpaccio formò e alimentò la sua arte nella tradizione pittorica veneziana dei Bellini, dei Vivarini, nonché di altre influenti personalità e tendenze, come la lezione dei toscani, dei ferraresi, di Antonello da Messina, dei tedeschi (Dürer) e dei ‘primitivi’ fiamminghi. 

Ne derivò una personalità subito originale e autonoma, soprattutto attratta dai particolari di flora, fauna e paesaggio, di architettura, arredo e decorazione, di abbigliamento ed esotismo. Il tutto composto con estro che spazia dal giocoso al teatrale, dall’aneddoto alla satira, ma giungendo anche a supremi vertici di poesia,  psicologismo, drammaticità e profondità spirituale.

Grazie a questi molteplici ‘registi’ personali – per i quali Carpaccio fu di fatto l’inventore della pittura europea cosiddetta ‘di genere’ – egli fu soprattutto un insuperato ‘raccontatore di storie’; infatti, fu sempre celebrato soprattutto per i suoi cicli, serie coordinate di tele (teleri) che tramandano articolati racconti sacri: quasi cinematografici, perfettamente ‘sceneggiati’ nella loro eloquente narrazione visiva popolare, furono realizzati per le sale di riunione di confraternite religiose laicali, a Venezia dette scuole.

Tali opere basilari di Carpaccio – alcune rimaste a Venezia, ma altre esulate all’inizio nel secolo XIX in musei italiani e internazionali – sono troppo grandi e fragili per essere condotte in mostra (solo si è potuto riunire integralmente il ciclo smembrato della Scuola degli Albanesi). 

Ma il visitatore potrà facilmente ritrovare in città tali essenziali capolavori (in particolare l’unico ciclo rimasto nella sede originaria, nella Scuola Dalmata dei SS. Giorgio e Trifone detta degli Schiavoni). 

In mostra sono state riunite soprattutto opere oggi in musei e collezioni internazionali, oppure in chiese degli antichi territori della Serenissima, dalla Lombardia all’Istria e alla Dalmazia: opere che illustrano compiutamente la varietà e l’altezza della pittura di Carpaccio, seguendone anche l’evoluzione; fino al capitolo conclusivo della sua carriera, tra secondo e terzo decennio del Cinquecento, quando l’arte del maturo maestro, pur rimanendo colta e suggestiva, pare non tenere il passo delle novità tematiche e tecniche introdotte da Giorgione.

Carpaccio era anche un disegnatore superlativo: dal notevole corpus dei suoi disegni – il maggiore pervenuto a noi di un pittore veneziano del suo tempo – in mostra sono presenti numerosi studi su carta, spesso straordinari di per sé, che spaziano da rapidi schizzi compositivi d’insieme ad accurati studi preparatori di teste e pose.

La mostra – la prima monografica a Venezia dopo la ‘epocale’ esposizione del 1963 – nasce dall’esigenza di guardare con occhi nuovi a questo grande pittore, soprattutto alla luce di recenti restauri rivelatori e della scoperta di significativi inediti: una preziosa opportunità per la Storia dell’Arte, ma anche per il pubblico, di fronte alla pittura di irresistibile fascino di un tale ‘antico maestro’.

VITTORE CARPACCIO (1465 ca. / 1525 o 1526)
BIOGRAFIA

“Carpaccio” è una forma italianizzata derivata da “Scarpaza”, nome della famiglia di mercanti veneziani da cui nacque intorno al 1465 l’artista; dopo aver firmato un’opera giovanile “Vetor Scarpazo”, ha utilizzato varianti del latino “Carpatio” o “Carpathius” per il resto della sua carriera.

Nulla di sicuro si sa sulla formazione e sugli inizi della carriera di Carpaccio; è probabile che sia stato apprendista nella bottega dei Bellini, lavorando sia con Gentile che con Giovanni Bellini. Successivamente potrebbe aver viaggiato nel territorio italiano. 

La sua prima opera datata è l’Arrivo di Sant’Orsola a Colonia (1490), telero del vasto ciclo raffigurante la storia leggendaria della popolare santa, originariamente realizzato per la Scuola di Sant’Orsola (ora a Venezia, Gallerie dell’Accademia).
In quegli anni, sebbene molto giovane e assai pochi dipinti sicuramente anteriori ci siano pervenuti, Carpaccio doveva già essersi affermato come pittore indipendente, tanto da ricevere una commissione di tale rilievo e importanza. 

Carpaccio è oggi conosciuto soprattutto per i cicli narrativi per le ‘scuole’ (confraternite laiche veneziane): oltre a quello di Sant’Orsola, eseguito nel corso degli anni Novanta del Quattrocento, ne realizzò per la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni (unico ancora nella sede originaria) e per la Scuola degli Albanesi (oggi diviso in musei diversi a Venezia, Milano e Bergamo), entrambi databili al primo decennio del Cinquecento; infine, nel decennio successivo, il ciclo per la Scuola di Santo Stefano (anch’esso diviso in vari musei italiani e internazionali).

Nel 1494 Carpaccio contribuì con un proprio dipinto all’ampio ciclo ‘a più mani’ raffigurante i Miracoli del Reliquiario della Vera Croce della Scuola Grande di San Giovanni Evangelista (ora a Venezia, Gallerie dell’Accademia).

I teleri di Carpaccio realizzati per le Scuole contengono alcune delle immagini più memorabili della pittura rinascimentale veneziana: la vivace veduta urbana del Ponte di Rialto dal Miracolo della Vera Croce; Sant’Orsola dormiente nella sua camera da letto; San Giorgio che uccide il drago; Sant’Agostino nel suo studio con accanto il suo cagnolino.

Con la loro immediatezza narrativa, chiarezza spaziale, varietà di figure e appariscenza decorativa, le ‘storie’ di Carpaccio si collocano nella tradizione della pittura narrativa veneziana, sul solco e in parallelo di simili teleri di Gentile Bellini.
Eppure, dalle sue opere spicca una personalità sorprendentemente originale, per vivacità aneddotica, spontanea umanità, nonchè per fantastiche ambientazioni architettoniche e paesaggistiche. 

Non meno ‘iconiche’ sono altre sue immagini, come le due raffinatissime Due dame veneziane.
Sorprendente è il suo speciale interesse per le specie botaniche e per il mondo degli animali, descritti analiticamente con intento indagatore assolutamente moderno e originale.

Nel 1507 ebbe definitivo riconoscimento col prestigioso incarico, pare raccomandato dal celebre Giovanni Bellini, per eseguire alcuni grandi dipinti storici destinati alla Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale (distrutti nell’incendio del 1577).

Il Carpaccio eseguì anche vari polittici e pale d’altare per chiese di Venezia e dello Stato veneto, dalla Lombardia alla Dalmazia; tuttavia, nell’ambito della pittura sacra, più efficaci solitamente appaiono le opere devozionali private di minori dimensioni, alcune delle quali dipinte con gli stessi inventiva e fascino dei gradi cicli.

Di Carpaccio possediamo, suddiviso in tante collezioni internazionali, il più ampio nucleo di disegni – studi compositivi d’insieme, o di dettaglio – pervenutoci da un pittore del rinascimento. L’analisi di tale importante corpus grafico ci mostra in concreto la ricetta delle sue sapienza compositivo-spaziale e grande padronanza di luce e colore, sperimentate col disegno su carta e poi riversate poi nei dipinti con tecnica fluida e sensibilissima.

La carriera di Carpaccio giunge al culmine, anche con il più generale riconoscimento del pubblico, tra il primo e il secondo decennio del nuovo secolo. Ma quello è anche il momento dell’irrompere a Venezia delle novità portate dai giovani pittori innovatori, in primis Giorgione, con la nuova poetica sentimentale servita dalla innovativa tecnica pittorica ‘tonale’.

Carpaccio non fu insensibile a tali novità, ma sembra prenderne atto superficialmente, ossia per isolate felici suggestioni, rimanendo invece sempre fedele alla sua pittura analitica, minuziosa e prospettica. Così facendo Carpaccio progressivamente sembra distaccarsi dalla scena artistica veneziana assetata di novità; quindi lavora principalmente per lo ‘Stato da terra’, mandando opere soprattutto in Istria e Dalmazia, oltre che che verso i territori Treviso, Bergamo ecc. 

Parallelamente anche la sua ispirazione pare diminuire, ricorrendo frequentemente al riuso di modelli figurativi precedenti, nonché ricorrendo sempre più largamente all’aiuto di allievi e collaboratori (in primis il figlio Benedetto), per esecuzioni pittoriche certamente ancora d’effetto, ma non più minuziosamente accurate come nelle opere giovanili e della prima maturità totalmente autografe. 

Morì nel 1525 o 1526, lasciando a Venezia, ma non solo, una duratura fama di eccellenza pittorica. Sarà la storiografia della fine dell’Ottocento a recuperarne la figura, definitivamente consacrata nel Novecento quale il maggiore e più evocativo interprete, soprattutto con la forza immaginifica delle sue scenografiche visioni, architettoniche e naturalistiche, di quello che fu l’apogeo della civiltà rinascimentale a Venezia.