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Una scena per l’arte italiana delle ultime generazioni

di Ludovico Pratesi

ragioni e intenzioni

Nella spettacolare cornice di Palazzo Borghese, in una serie di saloni con volte affrescate affacciati sul ninfeo della residenza di una delle famiglie più potenti della Roma barocca, la mostra Prospettive Italiane riunisce importanti opere di 27 artisti italiani delle ultime generazioni, in un ideale dialogo tra antico e contemporaneo che coinvolge per la prima volta artisti, galleristi, musei e una casa d’aste per la promozione dell’arte emergente. In un momento difficile nel quale l’Italia si trova in bilico tra crisi economica e riscoperta di una creatività forte e dinamica, l’ultima generazione di artisti si muove in uno scenario globale, dove lo stesso status dell’artista si è gradualmente aperto verso il mondo grazie ad una rete di relazioni che lo rende più consapevole nei confronti delle nuove sfide della società internazionale.

Chi sono oggi gli eredi di Maurizio Cattelan, che con la sua ultima personale al Guggenheim Museum di New York ha sbalordito il mondo con la forza di una visionarietà tutta italiana? A Palazzo Borghese viene presentata una campionatura che spazia dalle tecniche tradizionali, come la pittura e il disegno, fino a linguaggi espressivi emersi negli ultimi decenni come la fotografia e l’installazione, all’insegna di un fertile e fecondo eclettismo, in linea con la tendenza che caratterizza la scena internazionale. La scelta ha privilegiato gli artisti più consapevoli nel rappresentare le tendenze più interessanti a livello nazionale ed internazionale, impegnati in riflessioni, analisi ed interrogativi su concetti come l’identità, la memoria, la storia o la politica. Una panoramica che registra modalità diverse di formazione dell’opera, che sembrano privilegiare la processualità rispetto al manufatto, la rilettura articolata invece della semplice citazione, la riflessione aperta al posto dell’affermazione apodittica, lo spazio protetto dell’intimità rispetto alla confusione collettiva della piazza. Infine, quasi a titolo di vocazione identitaria, una riappropriazione consapevole e feconda della storia, uno sguardo indietro capace di cogliere i suggerimenti e le esperienze cristallizzate nel passato per trasferirle con maggiore intensità creativa nel presente. Una luminosa capacità di osservare ed analizzare con la giusta distanza le criticità presenti nello svolgimento cronologico del Ventesimo secolo da punti di vista inediti e non convenzionali, per innestare lucidi cortocircuiti necessari a creare percorsi interpretativi portatori di visioni in grado di far luce sulle contraddizioni della nostra disarticolata e ambigua contemporaneità. Qualità che caratterizzano l’arte italiana delle ultime generazioni, che merita di essere promossa e sostenuta con energia e convinzione attraverso una condivisione virtuosa di prospettive e strategie comuni tra istituzioni pubbliche e collezionismo privato, per permettere agli artisti di crescere e maturare in un contesto vitale, dinamico ma soprattutto consapevole.

Opere

Chiara Camoni crea combinazioni di oggetti trovati per dare vita a visioni che trasformano il quotidiano in un territorio poetico; Andrea Sala rivisita il design degli anni Sessanta di Bruno Munari per creare opere legate alla tradizione modernista, che costituisce uno degli elementi fondanti della ricerca di Diego Perrone, autore di sculture legate all’analisi di relazioni complesse tra forma, suono e spazio.

Anche la poetica di Riccardo Previdi prende spunto da un’analisi del linguaggio del modernismo, attraverso le esperienze del design e del’architettura trasformate in immagini rarefatte e minimali.

In bilico tra ironia del quotidiano e memoria storica appaiono le opere di Alessandro Piangiamore, che sviluppano interessanti combinazioni tra spazialità e percezione alla ricerca di nuove forme archetipali.

Pietro Ruffo utilizza la tecnica del collage su carta per interpretare conflitti politici ed etnici o questioni filosofiche e storiche complesse, mentre Christian Frosi elabora dispositivi complessi e apparentemente casuali, legati ad un’idea di arte come territorio non solo concettuale ma relazionale.

Per Alberto Tadiello il suono è un territorio da addomesticare, attraverso installazioni di impronta neofuturista composte da apparecchiature povere come carillon, motori, trasformatori e cavi elettrici, che assomigliano per certi versi alle sculture ludiche di Patrick Tuttofuoco, che ripropongono un immaginario legato al divertimento collettivo, tra luna park e videogame.

Paola Pivi propone invece immagini estreme e surreali, camion rovesciati e aerei capovolti ma anche leopardi tra tazze di cappuccino e coccodrilli immersi nella panna, per dimostrare che per l’arte nulla è impossibile, in un atteggiamento simile alla ricerca di Giorgio Andreotta Calò, che fa rivivere situazioni poetiche attraverso opere cariche di tensione personale o collettiva.

Se Ra Di Martino utilizza il video e la fotografia come linguaggio che si insinua nelle maglie più profonde della narrazione filmica, per scardinarne le regole alla ricerca di una relazione più intima con lo spettatore, Francesco Barocco si appropria di tecniche come l’incisione per creare inaspettati punti di contatto tra la storia dell’arte e gli oggetti comuni, in un gioco di rarefatti rimandi tra materia e simbolo, e Patrizio di Massimo rilegge la storia del nostro paese concentrando la propria attenzione sulla trasmissione della memoria come processo conoscitivo. I disegni di Sergio Breviario rappresentano immagini in cui ogni riferimento spaziale e temporale viene annullato e sostituito da una dimensione sospesa e quasi metafisica, mentre Giovanni Ozzola ha reso unica protagonista delle sue opere la luce legata ad un determinato istante, catturata dall’artista in uno scatto fotografico o in un video che la trasforma in un attimo intenso e significativo, carico di intima sensibilità.

I dipinti di Luca Bertolo si fondano su un’idea mentale della pittura, intesa come processo concettuale che supera la tecnica per affrontare modalità di analisi e decostruzione delle diverse componenti di ogni lavoro. Per Emanuele Becheri l’opera è costituita da un’immagine in grado di registrare le tracce del tempo nel suo svolgersi, in una processualità legata alla trasformazione della percezione in un territorio altro, come avviene nell’arte di Claudia Losi, legata all’analisi della relazione tra l’uomo e la natura, attraverso un immaginario legato al viaggio e all’esplorazione come percorsi di conoscenza.

Pietro Roccasalva concepisce l’opera come una situazione, una tappa di un processo in divenire che si nutre di un eclettismo libero ma sempre consapevole, che trasforma l’ambiguità in un canone espressivo. Seb Patane utilizza la storia dell’arte come un serbatoio di immagini che assembla e ricostruisce in una serie di sculture e installazioni di notevole complessità, mentre Salvatore Arancio riflette sull’immaginario umano attraverso opere legate a situazioni misteriose, legate ad un incontro tra natura, simbolo, magia e superstizione.

Anche Luigi Presicce costruisce un mondo di rituali attraverso performance, installazioni e dipinti che combinano suggestioni esoteriche e percorsi iniziatici derivati dalle tradizioni popolari contadine. Nico Vascellari lavora sul crinale che unisce arte e musica, scultura e perfomance, video e fotografia, moda e design, per creare un immaginario complesso ed articolato che spazia in una varietà di interventi individuali e collettivi uniti dal fil rouge di un’energia primordiale, che assume volta per volta forme diverse. Il paesaggio visto attraverso la storia dell’arte nelle sue differenti modalità di rappresentazione è uno dei punti focali della ricerca di Francesco Simeti che indaga la presenza e la struttura simbolica di questo soggetto nel quotidiano. Giuseppe Pietroniro lavora sulla definizione dei limiti di rappresentazione del reale e della sua percezione visiva, attraverso una serie di opere realizzate con linguaggi espressivi diversi, che vanno dalla scultura alla fotografia all’installazione.

Infine Francesco Arena è mosso dalla volontà di rileggere con uno sguardo analitico episodi drammatici, scottanti e ancora non chiariti della nostra storia politica recente, come il sequestro Moro o l’omicidio dell’anarchico Pinelli. Ventisette protagonisti che compongono una scena complessa e sfaccettata, che si struttura tra possibili riletture della storia, una dimensione intima e domestica e la proiezione di fantasie e ossessioni, il racconto e l’introspezione, l’interpretazione di aspetti sociali, antropologici e politici della realtà, in perfetta sintonia con le ricerche condotte dagli artisti internazionali delle ultime generazioni.