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Nuvolo back and front

di Bruno Corà

All’indomani del secondo conflitto mondiale, nel processo di ricostruzione della vita civile e culturale in Italia, apertasi nuovamente alle realtà democratiche d’Europa e degli Stati Uniti, si sviluppa un anelito di superamento e di progresso delle condizioni di vita prodotte dai tragici eventi bellici che vede nel cinema, nella letteratura e nelle arti visive momenti qualificanti di un generale rinnovamento della società.
A Roma, in particolare, la comunità artistica che vede protagonisti sin dal 1948 personalità come Afro, Capogrossi, Scialoja, Burri, Mafai, Cagli, Mannucci, Colla, Prampolini, Dorazio e il suo gruppo Forma 1 (con Accardi, Turcato, Perilli, Consagra, Sanfilippo, Maugeri, Guerrini e Attardi) riesce a produrre un ‘clima’ culturale propulsivo che, grazie anche all’azione mercuriale e promotrice di alcuni galleristi come Gaspero Dal Corso e Irene Brin, ma anche studiosi come Lionello Venturi o collezionisti come Giorgio Franchetti, attrae importanti esponenti della pittura americana tra cui Philip Guston, Robert Rauschenberg, Cy Twombly, Willem De Kooning, Franz Kline e gli italo-americani Salvatore Scarpitta e Conrad Marca-Relli. In tale contesto, pieno di sollecitazioni e stimoli, ha modo di pronunciarsi l’opera di alcuni artisti più giovani, tra cui Nuvolo (Giorgio Ascani) e Mimmo Rotella, nel frattempo cresciuti vicino a Maestri come Burri, Colla, Capogrossi e Prampolini, ma non senza l’oracolare complicità poetica di un outsider come lo scrittore e filologo di lingue antiche Emilio Villa.
Chiamato a Roma da Alberto Burri, Nuvolo, che condivideva con il più anziano Maestro i natali a Città di Castello, vi si reca attorno al 1950, in qualità di aiuto nello studio di via Margutta. Nel gennaio del 1950, alla mostra di Capogrossi presso la Galleria del Secolo – che ne sancì il cambiamento di linguaggio –, Burri presenta Nuvolo a Colla. Tra i due, nonostante il divario d’età, nasce un significativo sodalizio e una collaborazione proseguita sino alla scomparso dello scultore nel 1968. Colla, che aveva vent’anni più di Burri e trenta più di Nuvolo, già sodale di entrambi, dopo la repentina estinzione del gruppo Origine (Ballocco, Burri, Capogrossi, Colla) e l’istituzione a Roma, in via Aurora, della Fondazione Origine di cui fu il deus ex machina, nell’estate del 1952 fonda ed edita il primo numero della rivista “Arti visive”, destinata ad avere un ruolo fecondo nella sprovincializzazione dell’arte italiana e per il destino stesso della pittura di Nuvolo. Il giovane aiutante di Burri e Colla, infatti, sin dal 1952 inizia a far conoscere il proprio originalissimo lavoro pittorico realizzato mediante l’impiego del telaio serigrafico, attraverso il quale compie stesure di colore direttamente sui supporti di carta e, in seguito, di tela. Di quelle sue prime opere s’incarica di fornire segnali incoraggianti Emilio Villa, che le definisce “Serotipie” e ne scrive in più occasioni, in primis proprio sul n. 1 della seconda serie di “Arti visive” (1954-1958) dove, accanto allo scritto, risaltano le serotipie Idea Culturale e Positivamente e non negativamente, entrambe del 1954.
Dopo Villa, nel 1955, Corrado Cagli che già aveva presente nel 1950 la prima mostra dei ‘segni’ astratti di Capogrossi alla Galleria del Secolo, decide di scrivere un ineguagliato profilo dell’opera di Nuvolo per la mostra personale presso la Galleria Numero di Fiamma Vigo a Firenze. Nella mostra fiorentina, accanto alle “Serotipie” sono già comparsi gli “Scacchi”, pitture a base di colori alla nitrocellulosa su carte serigrafate e composte secondo una griglia neoplastica irregolare, esito della elaborazione e dissoluzione tanto della spazialità analitica cubista, quanto di quella di De Stijl.
Nel 1957-58 Nuvolo elabora un nuovo ciclo di dipinti da lui definiti “Bianchi”, a base di bianco al titanio e battute serigrafiche con colori alla nitrocellulosa. La lezione di Mondrian e Burri ha trovato in lui un interprete degli stessi principi così dotato da saper ricavare tra il rigore cartesiano dell’olandese e la drammatica epicità dell’umbro una frequenza di sensibilità lirica personalissima. In tale frangente temporale Nuvolo apre, in successione, una mostra personale e partecipa qualche mese dopo a una mostra collettiva insieme con Dorazio, Perilli, Scarpitta, entrambe presso la Galleria La Tartaruga (1958), che gli consentono di proseguire il rapporto con l’ambiente artistico americano rappresentato dal critico Lawrence Alloway e dalla collezionista Peggy Guggenheim, che acquista un congruo numero di tele destinate in donazione ad alcuni musei negli Stati Uniti.
L’opera “cucita a macchina” del 1960, qui riprodotta e realizzata con scampoli di tessuto di canapa cuciti e dipinti – autentico masterpiece di Nuvolo – reca giustapposti e sovrapposti taluni moduli di quel tessuto cuciti al diritto e al rovescio, in gran parte dipinti e in minor parte privi di pittura e perfino riversi su se stessi, ricavando nella composizione quote diverse e perfino ombre cangianti, a seconda del punto di vista dell’osservatore dell’opera. Quest’opera è unica nel suo genere, nonostante che il ciclo di “cuciti a macchina” annoveri esempi altrettanto interessanti realizzati nell’arco temporale di un quinquennio. La compostezza, l’equilibrio formale e la spazialità di quest’opera suggeriscono perfino la percezione tattile suscitata ordinariamente dai rilievi. L’opera prelude al ciclo dei ”Daini” realizzato nel biennio successivo e munito di analoghe soluzioni morfologiche.

Nuvolo (Giorgio Ascani, Città di Castello 1926 – 2008) Cucito a macchina, 1960 Pezze di canapa cucite e dipinte, cm 90 x 70 Stima € 50.000 – 70.000 (in asta il 23 novembre 2017)