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Luca Giordano classicamente barocco

di Riccardo Lattuada

L’immagine racchiusa nella vasta tela si snoda su un paesaggio costiero attraversato da plastiche nubi. A destra la figura maestosa di Cristo, in un gesto autorevole e al tempo stesso sereno, concentrato, la mano destra tesa in avanti e però come rilassata, fa cenno a due pescatori all’attracco che appaiono quasi disorientati: quello con il piede destro già fuori bordo (Sant’Andrea?) sembra incredulo, ha la mano al petto come a dire: “proprio io?”; l’altro (San Pietro?) , in piedi, è già pronto all’abbraccio con Cristo.

L’intensità del rapporto empatico tra Cristo e i suoi due nuovi discepoli è acuita dal loro isolamento – non fisico, ma mentale  – rispetto al barcaiolo impegnato a frenare l’approdo della barca, e anche rispetto agli altri pescatori sullo sfondo, a sinistra.

In basso a destra, alle spalle della figura di Cristo, è un’iscrizione, ‘L. Jordanus / etat sue 55 / 1690’, che non è detto debba essere interpretata come una firma, ma che riporta esattamente sia l’autore del dipinto, Luca Giordano, sia quella che appare essere la sua datazione – 1690 – dichiarando l’età del pittore napoletano con uno scarto di un anno sulla sua effettiva data di nascita, il 14 ottobre 1634.

La Vocazione all’apostolato dei Santi Pietro e Andrea di Luca Giordano è una delle più vaste composizioni dell’artista mai apparse sul mercato (cm 240 x 379). Le sue condizioni conservative sono tali da mostrare un dipinto da secoli in mani private, in cui qualche vecchio ritocco e un naturale ingiallimento delle vernici, facilmente reversibile, non impediscono di leggere in tutta la loro chiarezza le intenzioni dell’artista. L’anno 1690 apposto nell’iscrizione è perfettamente coerente con un momento stilistico molto particolare nella maturità di Giordano: il grande maestro napoletano, a due anni dalla sua partenza per la Spagna in qualità di pittore del Re Carlo II, si accostava da par suo alla reinterpretazione delle maniere classiche promossa al tempo stesso dai teorici dell’Accademia francese e dal più autorevole pittore della seconda metà del Seicento a Roma, Carlo Maratti.

Il recupero dell’arte di Raffaello, sempre più visto come un canone insuperabile di armonia e di equilibrio, portò a una moderazione delle punte di maggior emotività proprie dell’estetica barocca in favore di un linguaggio più pacato, in cui la cura per il bilanciamento compositivo e cromatico dell’immagine si proponeva di conseguire livelli di eccezionale elezione formale. Come ha ricordato Giuseppe Scavizzi, proprio Carlo Maratti avrebbe detto a Giordano “che lui solo era il pittore di quei tempi, perciocché Iddio l’aveva dato un dono di creare, che non aveva dato a Raffaello”. Anche al netto del gusto per l’apprezzamento iperbolico che è proprio della lingua seicentesca, non c’è dubbio che già da vivo Giordano sia stato percepito come uno dei massimi maestri europei del suo tempo.

È alla luce di questa temperie, di cui come si è detto Giordano fu un protagonista, che va letta la dolcezza emotiva e formale della ‘Vocazione di Pietro e Andrea all’Apostolato’ qui in discussione. Un ductus pittorico controllatissimo, che contraddice frontalmente l’abusato nomignolo di “Luca fa presto” riferito a una proverbiale rapidità esecutiva, delinea i panneggi dell’abito di Cristo, e consegue brani di estremo virtuosismo pittorico, come la rete da pesca su cui quello che qui si propone di identificare come Sant’Andrea poggia la mano destra. Al tempo stesso, la vaporosa resa del volto di colui che qui indichiamo come San Pietro, stagliato con virtuosistica evidenza sul cielo rannuvolato, riporta alla eletta sintesi tra classicismo e barocco delle opere romane della maturità di Giovan Battista Gaulli, detto il Baciccio.

Allargando lo sguardo all’insieme della composizione vi ritroviamo il respiro dei cartoni di Raffaello per gli arazzi della Cappella Sistina, oggi al Victoria and Albert Museum di Londra, ma scorre in filigrana davanti ai nostri occhi anche il ricordo abilmente trasfigurato di grandi classici del Seicento a Roma, come gli affreschi di Domenichino nella tribuna di Sant’Andrea della Valle.

LUCA-GIORDANO-CHIAMATA-DI-SAN-PIETRO-E-ANDREA-FIRMA

Luca Giordano
Vocazione dei Santi Pietro e Andrea,
olio su tela, cm 240X379
Stima € 60.000 – 80.000

La composizione, peraltro, era già nota attraverso un dipinto a Pittsburgh, Frick Art Museum, che per le dimensioni più ridotte (cm 61 x 75) va considerato un modello o un ricordo autografo dell’opera di Luca Giordano qui in discussione.

Nel 1690, all’altezza cronologica di quella che è legittimo supporre la data di esecuzione della Vocazione di Pietro e Andrea, Luca Giordano aveva 56 anni, che per un uomo del Seicento rappresentavano un’età tanto matura da considerarsi giunta sin quasi alle soglie della senescenza. Nondimeno, al maestro napoletano il destino avrebbe riservato ancora quindici anni – dieci dei quali trascorsi al servizio del Re di Spagna – in cui gli fu possibile inanellare un’attività imponente per la quantità e la qualità dei cicli pittorici, delle pale d’altare, e di dipinti di ogni possibile tipo e destinazione.

Definito dal biografo settecentesco Bernardo de’ Dominici un “portento nella pittura” – e cioè il genio frutto di un miracolo, quasi di una bizzarria della natura – nel potente dipinto ora riemerso presso Wannenes Luca Giordano mostra una freschezza di ispirazione, un’energia creativa e anche una tenerezza affettiva tra i protagonisti del suo racconto visivo che non sono il solo il frutto della sua portentosa abilità tecnica, ma anche un esempio luminoso della profondità e della sensibilità della sua cultura figurativa.