La deliziosa Madonna col Bambino leggente di Andrea Solario (documentato dal 1495-1524), che è stata restaurata da Paola Zanolini grazie alla generosità di Wannenes, è un felice recupero per diversi motivi. Da anni si era alla ricerca di un sostenitore per il suo restauro non solo perché il dipinto non era più leggibile in tutte le sue parti, ma anche per la sua notevole importanza nel panorama storico artistico e nella raccolta del museo Poldi Pezzoli.
Gian Giacomo Poldi Pezzoli fu un appassionato collezionista del Rinascimento lombardo, cui dedicò una particolare cura, proseguita poi con gli acquisti dei direttori successivi, tanto che oggi questa sezione è tra le più significative e ricche del museo. Nessun autore è più rappresentato nella raccolta di Andrea Solario: ben otto sono i dipinti di questo maestro.
Come mai il fondatore del Museo fu così appassionato di Solario? La motivazione principale è che l’artista giunse all’apice della fama proprio a metà dell’Ottocento, in parallelo alla riscoperta delle personalità della cerchia dei leonardeschi. In particolare, il tedesco Otto Mündler già nel 1857 comprese che il misterioso “Andreas Mediolanensis” che aveva firmato nel 1495 una tavola già in San Pietro Martire a Murano (oggi a Milano, Pinacoteca di Brera) era lo stesso “Andrea De Solario” che nel 1515 firma un Riposo della Fuga in Egitto, tavola che fu uno dei primi fortunati acquisti di Gian Giacomo Poldi Pezzoli.
Possedere un ‘name piece’, un pezzo cioè che grazie al cartiglio che riportava firma e data aveva permesso di ricostruire una personalità artistica di quel calibro, stimolò Poldi Pezzoli a proseguire nella ricerca di dipinti di quel maestro. La seconda occasione capitò nel 1862 quando lo storico dell’arte Giovanni Morelli gli vendette due frammenti di una Sacra conversazione orizzontale con una Santa Caterina d’Alessandria e un San Giovanni Battista, quest’ultimo datato 1499. A poco a poco entreranno in collezione altre opere, come il Cristo coronato di spine – un capolavoro assoluto – e, nel 1892, grazie a Giuseppe Bertini, altre due piccole tavolette e la nostra Madonnina. Un nucleo che consentiva di seguire l’evoluzione e la maestria di questo artista cosmopolita che, formatosi sotto la guida del fratello scultore Cristoforo, lo seguì tra il 1490 e il 1495 a Venezia, conoscendo e facendo propria l’arte di Giovanni Bellini, per poi tornare a Milano e assimilare il chiaroscuro da Leonardo in un’originale sintesi. La sua fama crebbe talmente che quando i francesi giunsero a Milano dopo la caduta degli Sforza, il governatore francese Charles II d’Amboise condusse Andrea in Francia, a Rouen, dove il pittore creò diversi capolavori prima di rientrare nel capoluogo lombardo.
Rimane ancora velato da mistero il problema della formazione di Andrea. La risposta pare possa celarsi anche in questa piccola tavola devozionale, ritenuta spesso una primizia di questo artista.
Un assestamento cronologico per la tavola giungerà dagli studi che si stanno svolgendo in preparazione della mostra su Andrea e Cristoforo Solario prevista al Museo Poldi Pezzoli per l’autunno del prossimo anno, in occasione del cinquecentenario della morte dei due fratelli – entrambi scomparsi nel 1524 – e organizzata con la collaborazione del Louvre. In questa occasione, la tavoletta potrà essere presentata nel migliore dei modi.
Nata per l’uso devozionale privato, essa ci restituisce l’iconografia in cui è il Bambino, anziché la Vergine, a tenere tra le mani un libro. Gesù, con la sua espressione interrogativa, sembra chiedere spiegazione alla madre di ciò che legge. Lo sguardo d’intesa fra i due è sottolineato dagli occhi della Vergine abbassati verso il Figlio. Dal punto di vista iconografico, un riferimento è il fanciullo leggente che Vincenzo Foppa aveva dipinto per il Banco Mediceo nel 1464 (oggi a Londra, Wallace Collection).
Nel dipinto, probabilmente realizzato entro l’aprirsi del Cinquecento, convivono le due principali esperienze formative di Andrea. Da una parte la composizione, caratterizzata da un fondo nero e dalla balaustra che costituisce una sorta di separazione con l’osservatore, si ispira ai modelli veneziani di Alvise Vivarini e Giovanni Bellini, che Solario ebbe modo di conoscere nel suo soggiorno in laguna. Il cromatismo fondato sui sottili accordi fra gli azzurri e i rosa, la resa chiaroscurale e le lumeggiature, deriverebbero invece da Vincenzo Foppa e dal Bergognone.
Realizzato a tempera, il dipinto aveva subito drastiche puliture che ne avevano abraso la superficie pittorica. Oggi è possibile nuovamente ammirare l’originaria finezza d’esecuzione in alcuni particolari, quali le rifiniture in oro delle aureole e dell’orlo del libro, o le lumeggiature della fascia che avvolge il Bambino eseguite con lacche trasparenti.
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