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DORA MAAR E IL SOGNO DI UNA VISIONE

La Tate Modern di Londra presenta una grande retrospettiva dedicata a Dora Maar (dal 20 Novembre 2019 al 15 Marzo 2020), a cura di Karolina Ziebinska-Lewandowska del Centre Pompidou di Parigi, con oltre 200 opere che testimoniano una carriera di grande spessore artistico ed intellettuale. Nata Henriette Théodora Markovitch (Parigi 1907 – 1997), trascorre gran parte della sua infanzia tra Buenos Aires e Parigi, in conseguenza del lavoro del padre, un architetto di origine croata. Tornata in Francia, studia all’École et Ateliers d’Arts d’Décoratifs e pittura all’Académie Lhote prima di approdare alla fotografia, che per sei decenni sarà il suo strumento espressivo d’elezione. Intorno al 1931, apre un studio con lo scenografo Pierre Kéfer, specializzato in ritrattistica e fotografia di moda. Le opportunità offerte dalla pubblicità e dalla stampa illustrata sono terreno fertile sul quale Dora Maar si muove con grande libertà espressiva. Attraverso l’uso del fotomontaggio e del collage, l’artista costruisce immagini innovative e si addentra, insieme a poche altre fotografe della sua generazione, nel mondo del nudo e dell’eros, generi ancora tabù per le donne. L’attrazione per il magico, il mondo dei sogni e l’inconscio, l’avvicinano al gruppo dei surrealisti, coi quali condivide le idee e la militanza politica, diventando uno delle poche fotografe ad essere inclusa nelle mostre e nelle pubblicazioni del movimento. Aderisce ai gruppi rivoluzionari di sinistra guidati da artisti e intellettuali. La fotografia diventa allora lo strumento con cui raccontare le disuguaglianze sociali, che la crisi economica del 1929 ha portato in Europa. Sono immagini colte dalla strada a Parigi, Londra, Barcellona, che catturano la disperazione degli ultimi negli anni aspri e difficili della Grande Depressione. Nel 1936 conosce Picasso, a cui si lega sentimentalmente per otto anni. Originale, prolifica, curiosa, attraversa i decenni successivi a sperimentare nuovi linguaggi espressivi con sottile ironia e delicata sensibilità, che la pongono come una delle testimoni più interessanti dei grandi fermenti artistici del XX secolo.