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Burri. Essere oltre la forma

“Alberto Burri: The Trauma of Painting”. Per la prima volta negli Stati Uniti il Solomon R. Guggenheim Museum di New York celebra con una grande retrospettiva – la più ampia e completa degli ultimi 35 anni (oltre 100 opere, molte delle quali mai uscite dai confini italiani) – l’opera di Alberto Burri nel centenario della sua nascita (Città di Castello 12 marzo 1915 – Nizza 13 febbraio 1995).

L’esposizione, che rimarrà aperta fino al 6 gennaio 2016, organizzata da Emily Braun, Guest Curator del Solomon R. Guggenheim Museum, è stata resa possibile grazie al sostegno di Lavazza.

Il percorso della mostra che si snoda lungo le rampe del celebre Museo progettato da Frank Lloyd Wright nel 1943, ripercorre cronologicamente il cammino dell’artista e il divenire del suo lavoro segnato dai diversi supporti e materiali utilizzati nel corso degli anni.

Burri non guarda alla ricerca artistica a lui contemporanea (in particolare l’Espressionismo astratto americano e l’Arte informale), anzi è anticipatore dei movimenti di là da venire: quello del New Dada (i Gobbi, spinti in avanti da strutture metalliche incastrate nel telaio, anticipano la ricerca sulla tridimensionalità dell’opera in rapporto allo spazio), e quello della Pop Art.

Temporalmente l’esposizione prende avvio dai Sacchi di juta lacerati, ricuciti, a volte rappezzati con altre tele sgualcite e macchiati di colori terrosi e cupi, nero-blu, o rosso come il sangue dei corpi mutilati visti da ufficiale medico dell’esercito italiano nella Seconda Guerra Mondiale.

Meno note al pubblico americano, e per questo più approfondite in mostra, le serie successive: una prima che esprime un tormento interiore che si evidenzia nella scelta dei materiali e nella durezza che mette nel plasmarli: oltre i Sacchi, i Legni, i Ferri e le plastiche sulle quali agisce violentemente con le Combustioni; una seconda più distesa, come rasserenata, ormai lontana dai segni profondi lasciati dalla guerra, dove la materia resta comunque al centro della ricerca ma non viene più aggredita, come i puri e materici monocromi, i Cretti dove le screpolature sono come disegnate, e i Cellotex, un materiale industriale che lo lascia libero di agire sfruttandone tutti i singolari effetti.

Questa mostra pone Burri, se mai ve ne fosse bisogno, come protagonista della scena artistica internazionale del secondo dopoguerra, e ne loda la bellezza delle sue opere e l’affascinante e unica ricerca creativa del suo tempo.