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Truth lies between light and shade

Il naturalismo d’ombra e di luce del Caravaggio tracciò un solco profondo e duraturo sulla pittura del Seicento. Come un evento tellurico generò delle onde d’urto fortissime sui suoi contemporanei e sulla generazione appena successiva alla sua morte, avvenuta il 18 luglio 1610: un effetto destinato a durare per i primi due decenni del XVII secolo, ed anche successivamente anche se all’inizio del terzo decennio le connotazioni drammatiche si stemperano a favore di una piacevolezza plastica e cromatica che fa da naturale preambolo alla teatrale esuberanza barocca.
Nella prossima asta di Dipinti Antichi del 30 novembre abbiamo l’occasione di apprezzare tre opere che saranno esitate, in questo senso paradignatiche per rendere chiaro l’influsso che la realtà caravaggesca, troppo vera nella sua umana debolezza, troppo divina nell’infinita bellezza, ebbe nella storia della cultura visiva occidentale al suo apparire.
La prima è la Negazione di Pietro di un giovane Bernardo Strozzi: grazie a quest’opera è possibile delineare non solo lo stile iniziale dell’artista, ma cogliere altresì il precoce confronto con una cultura caravaggesca acquisita di prima mano. Osservando un’opera come questa si evince che ancor prima di Domenico Fiasella e Luciano Borzone, Strozzi offrì all’arte genovese un gusto naturalistico che sarà proprio dei suoi migliori artefici, quali Gioacchino Assereto e Orazio De Ferrari.
Il secondo è un’imponente figura di San Gerolamo dipinto al naturale che sostiene un grande e pesante volume, che dalla luminosità fredda porta a ipotizzare un’autografia verso il primo momento italiano e romano di Mattia Stomer.
La terza è una Natura morta di frutta e fiori di Abraham Brueghel dalle misure parietali e straordinario impatto decorativo, che per qualità e scenografia è un superbo esempio della sua arte. Le fonti sostengono che il pittore era particolarmente affascinato dal naturamortismo napoletano, ma è indubbio che egli fu determinante per l’evoluzione del genere, influenzando Giovan Battista Ruoppolo, Giuseppe Recco e quegli artefici allievi del Belvedere, proprio in virtù di una concezione squisitamente teatrale. Trionfo di fiori e frutta, la tela è capace di emanare profumi e fragranze grazie a una resa particolareggiata e sorprendente; ad accentuare la monumentalità e l’esuberanza cromatica contribuisce il fondale scuro e la luminosità d’ascendenza caravaggesca, che modella e risalta le forme, accentuando il realismo delle superfici seriche dei frutti.