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CRISTOFORO MUNARI
(Reggio nell'Emilia, 1667 - Pisa, 1720)
Tazzine di porcellana cinese, limone, ciambelle, cocomero su un basamento
Olio su tela, cm 50X39
Tazzine di porcellana cinese, limone, ciambelle, cocomero su un basamento
Olio su tela, cm 50X39
ESTIMATE € 8,000 - 12,000
Il dipinto è stato dichiarato di straordinario interesse storico artistico e sottoposto a regime di notifica.
Provenienza:
Vignola, collezioni Bizzini
Milano, Porro, 27 aprile 2004, lotto 305 (come Cristoforo Munari)
Venezia, Semenzato, 25 settembre 2005, lotto 28 (come Cristoforo Munari)
Collezione privata
Bibliografia:
Archivio Federico Zeri, n. 87728 (come Cristoforo Munari e con segnalata perizia di Federico Zeri del 7 dicembre 1995)
F. Baldassari, Cristoforo Munari, Milano 1999, p. 193, n. 104
Cristoforo Munari fu uno dei più importanti pittori di natura morta attivi in Italia fra Sei e Settecento. Tuttavia, la sua riscoperta si deve agli studi di Giuliano Briganti e Giuseppe De Logu durante gli anni Cinquanta, mentre, per una complessiva analisi critica delle opere si è dovuto attendere il lavoro di Francesca Baldassari che, nel 1999, diede alle stampe un catalogo ragionato condotto da un'attenta analisi delle fonti. Resta comunque ancora in ombra la formazione dell'artista il cui apprendistato nella bottega di Andrea Benedetti è ancor oggi una supposizione, ma nondimeno valida osservando nelle sue tele una sensibilità fiamminga diversamente spiegabile. Detto ciò, l'evoluzione della sua arte si deve imputare al soggiorno romano avvenuto alla fine del Seicento, ma il suo talento doveva già essere ben noto potendo contare su una committenza di primo ordine che gli permise di consolidare la fama e la posizione di rilievo. I dieci anni trascorsi nella Città Eterna furono infatti essenziali per il successivo trasferimento alla corte medicea e fu a Firenze, tra il 1706 e il 1715, che Munari licenziò le sue migliori creazioni. Riferita a questi anni è appunto la natura morta qui presentata e Francesca Baldassari ne precisa l'esecuzione durante la prima metà del secondo decennio del Settecento, comparando la composizione con le tele di collezione privata modenese e della Galleria di Palazzo Bianco, sottolineando la delicata luminosità soffusa e la conduzione immediata (Baldassari 1998, schede nn. 109-110).
Bibliografia di riferimento:
G. Briganti, Cristofano Monari, in Paragone, V, 1954, 55, pp. 40-42
G. De Logu, Cristofano Monari o Monarico?: Monari o Munari?, in Emporium, CXXI, 1955, pp. 249-258
Cristoforo Munari 1667-1720, catalogo della mostra a cura di F. Baldassari e D. Benati, Milano 1999, ad vocem
Natura morta italiana tra Cinquecento e Settecento, catalogo della mostra a cura di M. Gregori e G. J. von Hohenzollern, Milano 2002, pp. 344-347, 472
Provenienza:
Vignola, collezioni Bizzini
Milano, Porro, 27 aprile 2004, lotto 305 (come Cristoforo Munari)
Venezia, Semenzato, 25 settembre 2005, lotto 28 (come Cristoforo Munari)
Collezione privata
Bibliografia:
Archivio Federico Zeri, n. 87728 (come Cristoforo Munari e con segnalata perizia di Federico Zeri del 7 dicembre 1995)
F. Baldassari, Cristoforo Munari, Milano 1999, p. 193, n. 104
Cristoforo Munari fu uno dei più importanti pittori di natura morta attivi in Italia fra Sei e Settecento. Tuttavia, la sua riscoperta si deve agli studi di Giuliano Briganti e Giuseppe De Logu durante gli anni Cinquanta, mentre, per una complessiva analisi critica delle opere si è dovuto attendere il lavoro di Francesca Baldassari che, nel 1999, diede alle stampe un catalogo ragionato condotto da un'attenta analisi delle fonti. Resta comunque ancora in ombra la formazione dell'artista il cui apprendistato nella bottega di Andrea Benedetti è ancor oggi una supposizione, ma nondimeno valida osservando nelle sue tele una sensibilità fiamminga diversamente spiegabile. Detto ciò, l'evoluzione della sua arte si deve imputare al soggiorno romano avvenuto alla fine del Seicento, ma il suo talento doveva già essere ben noto potendo contare su una committenza di primo ordine che gli permise di consolidare la fama e la posizione di rilievo. I dieci anni trascorsi nella Città Eterna furono infatti essenziali per il successivo trasferimento alla corte medicea e fu a Firenze, tra il 1706 e il 1715, che Munari licenziò le sue migliori creazioni. Riferita a questi anni è appunto la natura morta qui presentata e Francesca Baldassari ne precisa l'esecuzione durante la prima metà del secondo decennio del Settecento, comparando la composizione con le tele di collezione privata modenese e della Galleria di Palazzo Bianco, sottolineando la delicata luminosità soffusa e la conduzione immediata (Baldassari 1998, schede nn. 109-110).
Bibliografia di riferimento:
G. Briganti, Cristofano Monari, in Paragone, V, 1954, 55, pp. 40-42
G. De Logu, Cristofano Monari o Monarico?: Monari o Munari?, in Emporium, CXXI, 1955, pp. 249-258
Cristoforo Munari 1667-1720, catalogo della mostra a cura di F. Baldassari e D. Benati, Milano 1999, ad vocem
Natura morta italiana tra Cinquecento e Settecento, catalogo della mostra a cura di M. Gregori e G. J. von Hohenzollern, Milano 2002, pp. 344-347, 472
LOTS