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PITTORE LOMBARDO DEL XVII SECOLO
Natura morta con frutti, pane e formaggio
Siglato CC sulla lama del coltello
Olio su tela, cm 54X73
Siglato CC sulla lama del coltello
Olio su tela, cm 54X73
ESTIMATE € 4,000 - 7,000
Provenienza:
Milano, collezione Vittorio Emanuele e Mina Borromeo (come da etichetta sul verso)
Gromo (Bergamo), collezione Palmiro Gelmini
Milano, Finarte, 16 maggio 2007, lotto 13 (come Francesco Boneri detto Cecco del Caravaggio)
Collezione privata
Bibliografia:
L. Angelini, I Baschenis pittori bergamaschi, Bergamo 1943, p. 92, tav. XXXI (come Evaristo Baschenis)
La natura morta qui presentata è stata protagonista di una interessante vicenda attributiva. Pubblicata sotto il nome di Evaristo Baschenis (Bergamo, 1617 ; 1677) dall'Angelini e in tempi più recenti assegnata a Francesco Boneri detto Cecco del Caravaggio (Bergamo, 1580/1585 ; dopo il 1620), l'opera mostra una tipologia compositiva arcaica e caratteri lombardi. Se il piatto con l'uva può evocare modelli caravaggeschi, l'abbondante porzione di formaggio ci conduce a un'area padana tra Parma, Reggio e Mantova e a quest'ultima area riconduce anche la forma del pane, suggerendoci di conseguenza una più precisa genesi geografica del dipinto. Detto ciò, l'attribuzione al Baschenis si profila pertanto meno azzardata, tenendo a mente quanto sia nebuloso l'esordio dell'artista bergamasco e le supposizioni di Luigi Salerno quando accenna a un suo guardare alle nature morte del Boneri. Tuttavia, la genuinità della rappresentazione non è imputabile a una lettura caravaggesca, ma trova maggior adesione a quella essenzialità scarna e simbolica che caratterizza il genere lungo tutta la via Emilia, sino alle prove del Magini, passando attraverso le nature silenti di Antonio Barbieri. Alla luce odierna diviene comprensibile la tentazione di rintracciare la genesi di queste creazioni sino all'alveolo di Cecco, tentazione che rintracciamo sin dai primi anni Sessanta, quando il Bottari riferì al pittore due nature morte dipinte su pergamena che a loro volta furono esposte alla mostra di Napoli del 1964 e pubblicate come tali dal Veca nel 1983 (Cfr. A. Veca, Simposio, catalogo della mostra da P. Lorenzelli e A. Veca, Bergamo 1983, pp. 334-335, tav. XXIV con bibliografia precedente). Si deve allora ponderare una tipologia compositiva prettamente locale che inevitabilmente condizionò il lombardo Caravaggio e i suoi stretti seguaci, ma che nel corso della prima metà del secolo si affermò tra Bergamo e Mantova. Per questo motivo la natura morta in esame, e le sue acerbe e pauperistiche peculiarità, assume una valenza affatto secondaria per la comprensione di un genere la cui geografia e fisionomia è in gran parte ancora da tracciare.
Milano, collezione Vittorio Emanuele e Mina Borromeo (come da etichetta sul verso)
Gromo (Bergamo), collezione Palmiro Gelmini
Milano, Finarte, 16 maggio 2007, lotto 13 (come Francesco Boneri detto Cecco del Caravaggio)
Collezione privata
Bibliografia:
L. Angelini, I Baschenis pittori bergamaschi, Bergamo 1943, p. 92, tav. XXXI (come Evaristo Baschenis)
La natura morta qui presentata è stata protagonista di una interessante vicenda attributiva. Pubblicata sotto il nome di Evaristo Baschenis (Bergamo, 1617 ; 1677) dall'Angelini e in tempi più recenti assegnata a Francesco Boneri detto Cecco del Caravaggio (Bergamo, 1580/1585 ; dopo il 1620), l'opera mostra una tipologia compositiva arcaica e caratteri lombardi. Se il piatto con l'uva può evocare modelli caravaggeschi, l'abbondante porzione di formaggio ci conduce a un'area padana tra Parma, Reggio e Mantova e a quest'ultima area riconduce anche la forma del pane, suggerendoci di conseguenza una più precisa genesi geografica del dipinto. Detto ciò, l'attribuzione al Baschenis si profila pertanto meno azzardata, tenendo a mente quanto sia nebuloso l'esordio dell'artista bergamasco e le supposizioni di Luigi Salerno quando accenna a un suo guardare alle nature morte del Boneri. Tuttavia, la genuinità della rappresentazione non è imputabile a una lettura caravaggesca, ma trova maggior adesione a quella essenzialità scarna e simbolica che caratterizza il genere lungo tutta la via Emilia, sino alle prove del Magini, passando attraverso le nature silenti di Antonio Barbieri. Alla luce odierna diviene comprensibile la tentazione di rintracciare la genesi di queste creazioni sino all'alveolo di Cecco, tentazione che rintracciamo sin dai primi anni Sessanta, quando il Bottari riferì al pittore due nature morte dipinte su pergamena che a loro volta furono esposte alla mostra di Napoli del 1964 e pubblicate come tali dal Veca nel 1983 (Cfr. A. Veca, Simposio, catalogo della mostra da P. Lorenzelli e A. Veca, Bergamo 1983, pp. 334-335, tav. XXIV con bibliografia precedente). Si deve allora ponderare una tipologia compositiva prettamente locale che inevitabilmente condizionò il lombardo Caravaggio e i suoi stretti seguaci, ma che nel corso della prima metà del secolo si affermò tra Bergamo e Mantova. Per questo motivo la natura morta in esame, e le sue acerbe e pauperistiche peculiarità, assume una valenza affatto secondaria per la comprensione di un genere la cui geografia e fisionomia è in gran parte ancora da tracciare.
LOTS