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JACOPO ROBUSTI detto TINTORETTO
(Venezia, 1518 - 1594)
Erezione del vitello d'oro
Olio su tavola, cm 26X72
Erezione del vitello d'oro
Olio su tavola, cm 26X72
ESTIMATE € 50,000 - 80,000
Provenienza:
Torino, collezione privata
Collezione privata
Bibliografia:
I. Geisler, Ein Fruhwerk Tintorettos, in Arte in Europa, Scritti di storia dell'Arte in onore di E. Arslan, Milano 1966, pp. 545-546
A. Bertini, Un'ignorata opera giovanile del Tintoretto, L'erezione del vitello d'oro, in Arte Veneta, XXV, 1971, pp. 258-261
R. Pallucchini, La giovinezza del Tintoretto, dispense a cura di P. Rossi, Università di Padova 1974-1975, pp. 73-74
R. Pallucchini, P. Rossi, Tintoretto. Le opere Sacre e Profane, Milano 1982, I, pp. 146-147, n. 95; II, pp. 341-342, figg. 121-122
Jacopo Tintoretto fu uno dei più geniali e innovativi artisti del Cinquecento e le sue opere non segnarono solo gli artefici veneziani dell'epoca. A questo proposito basti pensare alle creazioni di Michelangelo Merisi alla Contarelli per comprendere il valore delle sue sorprendenti costruzioni sceniche. La propensione manieristica del pittore non fu esclusiva espressione della maturità, mostrando sin dalle prime opere la capacità di acquisire e al contempo trasformare i modelli a disposizione. Le suggestioni ricevute dai maestri rinascimentali, come Tiziano, Pordenone, Bonifacio de' Pitati e Paris Bordon furono da lui piegate scientemente per allestire inedite visioni narrative, esprimendo altresì un'audace conduzione pittorica di straordinaria efficacia per sprezzatura e immediatezza. Questo talento si coglie assai bene anche nella tavola in esame, la cui datazione secondo il Pallucchini cadrebbe non oltre la metà del quinto decennio, quando l'influenza grafica di Andrea Schiavone appare superata in virtù di un 'plasticismo più vigoroso'. Infatti, fin dalle prime ricerche la critica, mettendo a confronto l'opera con le tavole del Kunsthistorisches Museum di Vienna e in particolare con La Betsabea davanti a Davide, ha rilevato sì una affinità, ma notando in modo particolare una evoluzione stilistica che supera 'i limiti dell'eleganza schiavonesca', mettendo in pratica una maggiore sprezzatura formale e un timbro cromatico più carico e unitario. Per quanto riguarda invece l'originale funzione del dipinto è corretto presumere che facesse parte di un cassone o un arredo, secondo una tipologia decorativa inaugurata a Venezia da Giorgione (Ridolfi, 1648) e seguitata da Bonifacio Veronese, attestando come il Tintoretto, pur seguitando sentieri già battuti, fu capace di eluderli concedendo più gioco e libertà alla pittura.
Bibliografia di riferimento:
Il Giovane Tintoretto, catalogo della mostra a cura di R. Battaglia, P. Marini, V. Romani, Venezia 2018, ad vocem
Torino, collezione privata
Collezione privata
Bibliografia:
I. Geisler, Ein Fruhwerk Tintorettos, in Arte in Europa, Scritti di storia dell'Arte in onore di E. Arslan, Milano 1966, pp. 545-546
A. Bertini, Un'ignorata opera giovanile del Tintoretto, L'erezione del vitello d'oro, in Arte Veneta, XXV, 1971, pp. 258-261
R. Pallucchini, La giovinezza del Tintoretto, dispense a cura di P. Rossi, Università di Padova 1974-1975, pp. 73-74
R. Pallucchini, P. Rossi, Tintoretto. Le opere Sacre e Profane, Milano 1982, I, pp. 146-147, n. 95; II, pp. 341-342, figg. 121-122
Jacopo Tintoretto fu uno dei più geniali e innovativi artisti del Cinquecento e le sue opere non segnarono solo gli artefici veneziani dell'epoca. A questo proposito basti pensare alle creazioni di Michelangelo Merisi alla Contarelli per comprendere il valore delle sue sorprendenti costruzioni sceniche. La propensione manieristica del pittore non fu esclusiva espressione della maturità, mostrando sin dalle prime opere la capacità di acquisire e al contempo trasformare i modelli a disposizione. Le suggestioni ricevute dai maestri rinascimentali, come Tiziano, Pordenone, Bonifacio de' Pitati e Paris Bordon furono da lui piegate scientemente per allestire inedite visioni narrative, esprimendo altresì un'audace conduzione pittorica di straordinaria efficacia per sprezzatura e immediatezza. Questo talento si coglie assai bene anche nella tavola in esame, la cui datazione secondo il Pallucchini cadrebbe non oltre la metà del quinto decennio, quando l'influenza grafica di Andrea Schiavone appare superata in virtù di un 'plasticismo più vigoroso'. Infatti, fin dalle prime ricerche la critica, mettendo a confronto l'opera con le tavole del Kunsthistorisches Museum di Vienna e in particolare con La Betsabea davanti a Davide, ha rilevato sì una affinità, ma notando in modo particolare una evoluzione stilistica che supera 'i limiti dell'eleganza schiavonesca', mettendo in pratica una maggiore sprezzatura formale e un timbro cromatico più carico e unitario. Per quanto riguarda invece l'originale funzione del dipinto è corretto presumere che facesse parte di un cassone o un arredo, secondo una tipologia decorativa inaugurata a Venezia da Giorgione (Ridolfi, 1648) e seguitata da Bonifacio Veronese, attestando come il Tintoretto, pur seguitando sentieri già battuti, fu capace di eluderli concedendo più gioco e libertà alla pittura.
Bibliografia di riferimento:
Il Giovane Tintoretto, catalogo della mostra a cura di R. Battaglia, P. Marini, V. Romani, Venezia 2018, ad vocem
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