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LUCA CAMBIASO
(Moneglia, 1527 - San Lorenzo de El Escorial, 1585)
Salita al calvario
Olio su tela, cm 135X100
Salita al calvario
Olio su tela, cm 135X100
ESTIMATE € 5,000 - 8,000
Bibliografia:
Archivio fotografico Giuliano Briganti, n. di catalogo: 00564477; N. di inventario: B02444; collocazione scatola 26 (come Luca Cambiaso)
Riconosciuto alla mano di Luca Cambiaso da Giuliano Briganti e successivamente da Camillo Manzitti, il dipinto è rimasto finora inedito e si rivela pertanto una importante aggiunta al catalogo dell'artista. Come sappiamo, il Cambiaso fu un vero e proprio antesignano stilistico per gli artisti genovesi d'età seicentesca e se le sue opere giovanili, ricche di colore e impasti, influenzarono Bernardo Strozzi, le creazioni della maturità, tenebrose o a lume di notte, segnarono gli intenti caravaggeschi, tanto quanto le tele del bresciano Savoldo o dei Campi cremonesi. È perciò legittimo affermare che sono gli studi sulla luce e la sua interazione con il colore a caratterizzare l'arte ligustica secentesca, seguendo un filo conduttore che unisce e rivaluta costantemente la sua figura. E quanto mai significativa in tal senso è la tela in esame che si può considerare paradigmatica della maturità, quando l'artista assorbe sempre più la materia pittorica attraverso un raffinato equilibrio tra i pigmenti impiegati e velature. È discutibile quanto sia misurabile nelle opere di questo momento un afflato naturalistico, considerando che le licenze chiaroscurali siano una scelta consapevole di una artificiosa visione o, meglio, un atto finale della 'Maniera', qui filtrata da eleganze di sensibilità lombardo-venete e centro italiane. Inevitabile, infatti, riscontrare che il tema rappresentato si ispiri al celebre Cristo portacroce di Sebastiano del Piombo a noi noto grazie alle versioni appartenenti al Museo del Prado, di Castel Sant'Angelo (1534?) e di Budapest (1540), senza dimenticare l'interpretazione a fresco offertaci da Giovanni Battista Castello detto il Bergamasco intorno al 1650 conservata all'Accademia Carrara di Bergamo. Questi dati, pongono in prima istanza il quesito su un supposto soggiorno capitolino del pittore alla fine del Quinto decennio e se la composizione qui esaminata sia da collocare al primo momento spagnolo o agli anni di poco precedenti, quindi prima del 1583. La risposta, come si può immaginare, non è facile e lo stesso Giuliano Briganti, sia pur citando la Predica del Battista e il Martirio di San Lorenzo dell'Escorial, invoca maggiori analogie con la Pietà di Palazzo Rosso (1575-1580), suggerendo una cronologia che trova migliori corrispondenze, e che condividiamo ravvisandovi la contiguità con il Cristo davanti a Caifa della Ligustica realizzato intorno al 1575. A tal proposito, oltre a una similitudine delle stesure riscontriamo una chiara 'aria di famiglia' degli sgherri che presentano comuni affinità espressive, collocando il dipinto al momento di maggiore creatività e slancio qualitativo del maestro.
Il dipinto è corredato da una perizia di Giuliano Briganti.
L'attribuzione è stata confermata da Camillo Manzitti.
Bibliografia di riferimento:
G. Frabetti, A. M. Gabrielli, Luca Cambiaso e la sua fortuna, Genova 1956, ad vocem
Luca Cambiaso. La vita e le opere, a cura di B. Suida Manning e W. Suida, Milano 1958, ad vocem
L. Magnani, Luca Cambiaso da Genova all'Escorial, Genova, 1995, ad vocem
Archivio fotografico Giuliano Briganti, n. di catalogo: 00564477; N. di inventario: B02444; collocazione scatola 26 (come Luca Cambiaso)
Riconosciuto alla mano di Luca Cambiaso da Giuliano Briganti e successivamente da Camillo Manzitti, il dipinto è rimasto finora inedito e si rivela pertanto una importante aggiunta al catalogo dell'artista. Come sappiamo, il Cambiaso fu un vero e proprio antesignano stilistico per gli artisti genovesi d'età seicentesca e se le sue opere giovanili, ricche di colore e impasti, influenzarono Bernardo Strozzi, le creazioni della maturità, tenebrose o a lume di notte, segnarono gli intenti caravaggeschi, tanto quanto le tele del bresciano Savoldo o dei Campi cremonesi. È perciò legittimo affermare che sono gli studi sulla luce e la sua interazione con il colore a caratterizzare l'arte ligustica secentesca, seguendo un filo conduttore che unisce e rivaluta costantemente la sua figura. E quanto mai significativa in tal senso è la tela in esame che si può considerare paradigmatica della maturità, quando l'artista assorbe sempre più la materia pittorica attraverso un raffinato equilibrio tra i pigmenti impiegati e velature. È discutibile quanto sia misurabile nelle opere di questo momento un afflato naturalistico, considerando che le licenze chiaroscurali siano una scelta consapevole di una artificiosa visione o, meglio, un atto finale della 'Maniera', qui filtrata da eleganze di sensibilità lombardo-venete e centro italiane. Inevitabile, infatti, riscontrare che il tema rappresentato si ispiri al celebre Cristo portacroce di Sebastiano del Piombo a noi noto grazie alle versioni appartenenti al Museo del Prado, di Castel Sant'Angelo (1534?) e di Budapest (1540), senza dimenticare l'interpretazione a fresco offertaci da Giovanni Battista Castello detto il Bergamasco intorno al 1650 conservata all'Accademia Carrara di Bergamo. Questi dati, pongono in prima istanza il quesito su un supposto soggiorno capitolino del pittore alla fine del Quinto decennio e se la composizione qui esaminata sia da collocare al primo momento spagnolo o agli anni di poco precedenti, quindi prima del 1583. La risposta, come si può immaginare, non è facile e lo stesso Giuliano Briganti, sia pur citando la Predica del Battista e il Martirio di San Lorenzo dell'Escorial, invoca maggiori analogie con la Pietà di Palazzo Rosso (1575-1580), suggerendo una cronologia che trova migliori corrispondenze, e che condividiamo ravvisandovi la contiguità con il Cristo davanti a Caifa della Ligustica realizzato intorno al 1575. A tal proposito, oltre a una similitudine delle stesure riscontriamo una chiara 'aria di famiglia' degli sgherri che presentano comuni affinità espressive, collocando il dipinto al momento di maggiore creatività e slancio qualitativo del maestro.
Il dipinto è corredato da una perizia di Giuliano Briganti.
L'attribuzione è stata confermata da Camillo Manzitti.
Bibliografia di riferimento:
G. Frabetti, A. M. Gabrielli, Luca Cambiaso e la sua fortuna, Genova 1956, ad vocem
Luca Cambiaso. La vita e le opere, a cura di B. Suida Manning e W. Suida, Milano 1958, ad vocem
L. Magnani, Luca Cambiaso da Genova all'Escorial, Genova, 1995, ad vocem
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