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ANDREA VACCARO
(Napoli, 1604 - 1670)
Santa Rosalia
Monogrammato AV a lettere intrecciate
Olio su tela, cm 101X74
Santa Rosalia
Monogrammato AV a lettere intrecciate
Olio su tela, cm 101X74
ESTIMATE € 3,000 - 5,000
Inscritto sul verso: N. 63.
Provenienza:
Roma, collezione privata
Fu il De Dominici a documentare l'attività di copista e di interprete caravaggesco del giovane Andrea Vaccaro, con risultati a tal punto stimati da indurre il padre del biografo a venderne le opere quali originali del maestro lombardo. Il fatto, tuttavia, non è da considerarsi solo un aneddoto sulla disinvoltura del mercato artistico seicentesco, ma evidenzia le virtù qualitative del pittore e il suo indubbio contributo alla pittura naturalistica napoletana. Inizialmente suddiviso tra gli esempi del Merisi e il magistero di Battistello Caracciolo, Vaccaro è figura di spicco, spesso ingiustamente sottostimato da una critica lusingata più dai nomi altisonanti e da intransigenze chiaroscurali che da concrete misure di valore. Infelicemente comprese furono ad esempio le sue personali interpretazioni dei modelli bolognesi e l'erudito equilibrio con cui innestò il sentimento reniano con le severità tenebrose, toccando esiti formali e narrativi non certo inferiori rispetto a quelli di Cavallino o Stanzione (con cui il pittore è stato spesso confuso), e indubbiamente più affascinanti e maturi se confrontati con le tele dei fratelli Fracanzano. Il rigore della ricerca e la tensione creativa del Vaccaro non risparmiano altresì di affrontare il problema delle inflessioni vandichiane e, a questo proposito, diviene emblematica la fortuna di alcune tematiche illustrative, in cui le Pietà, le Sacre Famiglie e, in modo particolare, le Maddalene compongono, parafrasando Raffaello Causa, un 'vero e proprio diario' delle suggestioni dispensate dal fiammingo sugli artisti napoletani. Così si giunge al modello Magdalenico principale, quello custodito nella Chiesa di San Martino e databile al 1636 (Lattuada, fig. 98), che introduce l'analisi del pittoricismo partenopeo quale fenomeno che coinvolge tutti i pennelli dell'epoca, rafforzando quanto sia strumentale il pregiudizio nei confronti dei classici raggiungimenti di Andrea, passibili, se guardati distrattamente, di confondersi con le sensuali eroine del coetaneo, e meno castigato, Guido Cagnacci. In analogia a questa iconografia il pittore dipinse la Santa Rosalia qui presentata, la cui autografia è stata confermata da Nicola Spinosa.
Ringraziamo Nicola Spinosa per aver confermato l'autografia dell'opera ad Andrea Vaccaro dopo aver analizzato il dipinto dal vero.
Bibliografia di riferimento:
G. De Vito, Appunti per Andrea Vaccaro con una nota su alcune opere del Caravaggio, in: Ricerche sul '600 napoletano. Scritti in memoria di Raffaello Causa. Saggi e documenti per la storia dell'arte 1994-1995, Napoli 1996, pp. 63-144, tav. 2, 18
R. Lattuada, I percorsi di Andrea Vaccaro (1604 1670), in M. Izzo, Nicola Vaccaro (1640 1709). Un artista a Napoli tra Barocco e Arcadia, Todi 2009, con bibliografia precedente
Provenienza:
Roma, collezione privata
Fu il De Dominici a documentare l'attività di copista e di interprete caravaggesco del giovane Andrea Vaccaro, con risultati a tal punto stimati da indurre il padre del biografo a venderne le opere quali originali del maestro lombardo. Il fatto, tuttavia, non è da considerarsi solo un aneddoto sulla disinvoltura del mercato artistico seicentesco, ma evidenzia le virtù qualitative del pittore e il suo indubbio contributo alla pittura naturalistica napoletana. Inizialmente suddiviso tra gli esempi del Merisi e il magistero di Battistello Caracciolo, Vaccaro è figura di spicco, spesso ingiustamente sottostimato da una critica lusingata più dai nomi altisonanti e da intransigenze chiaroscurali che da concrete misure di valore. Infelicemente comprese furono ad esempio le sue personali interpretazioni dei modelli bolognesi e l'erudito equilibrio con cui innestò il sentimento reniano con le severità tenebrose, toccando esiti formali e narrativi non certo inferiori rispetto a quelli di Cavallino o Stanzione (con cui il pittore è stato spesso confuso), e indubbiamente più affascinanti e maturi se confrontati con le tele dei fratelli Fracanzano. Il rigore della ricerca e la tensione creativa del Vaccaro non risparmiano altresì di affrontare il problema delle inflessioni vandichiane e, a questo proposito, diviene emblematica la fortuna di alcune tematiche illustrative, in cui le Pietà, le Sacre Famiglie e, in modo particolare, le Maddalene compongono, parafrasando Raffaello Causa, un 'vero e proprio diario' delle suggestioni dispensate dal fiammingo sugli artisti napoletani. Così si giunge al modello Magdalenico principale, quello custodito nella Chiesa di San Martino e databile al 1636 (Lattuada, fig. 98), che introduce l'analisi del pittoricismo partenopeo quale fenomeno che coinvolge tutti i pennelli dell'epoca, rafforzando quanto sia strumentale il pregiudizio nei confronti dei classici raggiungimenti di Andrea, passibili, se guardati distrattamente, di confondersi con le sensuali eroine del coetaneo, e meno castigato, Guido Cagnacci. In analogia a questa iconografia il pittore dipinse la Santa Rosalia qui presentata, la cui autografia è stata confermata da Nicola Spinosa.
Ringraziamo Nicola Spinosa per aver confermato l'autografia dell'opera ad Andrea Vaccaro dopo aver analizzato il dipinto dal vero.
Bibliografia di riferimento:
G. De Vito, Appunti per Andrea Vaccaro con una nota su alcune opere del Caravaggio, in: Ricerche sul '600 napoletano. Scritti in memoria di Raffaello Causa. Saggi e documenti per la storia dell'arte 1994-1995, Napoli 1996, pp. 63-144, tav. 2, 18
R. Lattuada, I percorsi di Andrea Vaccaro (1604 1670), in M. Izzo, Nicola Vaccaro (1640 1709). Un artista a Napoli tra Barocco e Arcadia, Todi 2009, con bibliografia precedente
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