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ANDREA VACCARO (attr. a)
(Napoli, 1604 ; 1670)
Sant'Agata
Olio su tela, cm 102X76
Sant'Agata
Olio su tela, cm 102X76
ESTIMATE € 1,000 - 2,000
Provenienza:
Firenze, collezione privata
Fu il De Dominici a documentare l'attività di copista e di interprete caravaggesco del giovane Andrea Vaccaro, con risultati a tal punto stimati da indurre il padre del biografo a venderne le opere quali originali del maestro lombardo. Il fatto, tuttavia, non è da considerarsi solo un aneddoto sulla disinvoltura del mercato artistico seicentesco ma evidenzia le virtù qualitative del pittore e il suo indubbio contributo alla pittura naturalistica napoletana. Inizialmente suddiviso tra gli esempi del Merisi e il magistero di Battistello Caracciolo, Vaccaro è figura di spicco, spesso ingiustamente sottostimato da una critica lusingata più dai nomi altisonanti e da intransigenze chiaroscurali che da concrete misure di valore. Infelicemente comprese furono ad esempio le sue personali interpretazioni dei modelli bolognesi e l'erudito equilibrio con cui innestò il sentimento reniano con le severità tenebrose, toccando esiti formali e narrativi non certo inferiori rispetto a quelli di Cavallino o Stanzione, con cui il pittore è stato spesso confuso, indubbiamente più affascinanti e maturi se confrontati con le tele dei fratelli Fracanzano. Il rigore della ricerca e la tensione creativa del Vaccaro non risparmia altresì di affrontare il problema delle inflessioni vandichiane e a questo proposito diviene emblematica la fortuna di alcune tematiche illustrative, in cui le Pietà, le Sacre Famiglie e, in modo particolare, le Maddalene compongono, parafrasando Raffaello Causa, un 'vero e proprio diario' delle suggestioni dispensate dal fiammingo sugli artisti napoletani. Così si giunge al modello Maddalenico principale, quello custodito nella chiesa di San Martino e databile al 1636 (Lattuada, fig. 98), che introduce l'analisi del pittoricismo partenopeo quale fenomeno che coinvolge tutti i pennelli dell'epoca, rafforzando quanto sia strumentale il pregiudizio nei confronti dei classici raggiungimenti di Andrea Vaccaro, passibili, se guardati distrattamente, di confondersi con le sensuali eroine del coetaneo e meno castigato Guido Cagnacci.
Bibliografia di riferimento:
R. Lattuada, I percorsi di Andrea Vaccaro (1604 1670), in M. Izzo, Nicola Vaccaro (1640 1709). Un artista a Napoli tra Barocco e Arcadia, Todi 2009, con bibliografia precedente
Firenze, collezione privata
Fu il De Dominici a documentare l'attività di copista e di interprete caravaggesco del giovane Andrea Vaccaro, con risultati a tal punto stimati da indurre il padre del biografo a venderne le opere quali originali del maestro lombardo. Il fatto, tuttavia, non è da considerarsi solo un aneddoto sulla disinvoltura del mercato artistico seicentesco ma evidenzia le virtù qualitative del pittore e il suo indubbio contributo alla pittura naturalistica napoletana. Inizialmente suddiviso tra gli esempi del Merisi e il magistero di Battistello Caracciolo, Vaccaro è figura di spicco, spesso ingiustamente sottostimato da una critica lusingata più dai nomi altisonanti e da intransigenze chiaroscurali che da concrete misure di valore. Infelicemente comprese furono ad esempio le sue personali interpretazioni dei modelli bolognesi e l'erudito equilibrio con cui innestò il sentimento reniano con le severità tenebrose, toccando esiti formali e narrativi non certo inferiori rispetto a quelli di Cavallino o Stanzione, con cui il pittore è stato spesso confuso, indubbiamente più affascinanti e maturi se confrontati con le tele dei fratelli Fracanzano. Il rigore della ricerca e la tensione creativa del Vaccaro non risparmia altresì di affrontare il problema delle inflessioni vandichiane e a questo proposito diviene emblematica la fortuna di alcune tematiche illustrative, in cui le Pietà, le Sacre Famiglie e, in modo particolare, le Maddalene compongono, parafrasando Raffaello Causa, un 'vero e proprio diario' delle suggestioni dispensate dal fiammingo sugli artisti napoletani. Così si giunge al modello Maddalenico principale, quello custodito nella chiesa di San Martino e databile al 1636 (Lattuada, fig. 98), che introduce l'analisi del pittoricismo partenopeo quale fenomeno che coinvolge tutti i pennelli dell'epoca, rafforzando quanto sia strumentale il pregiudizio nei confronti dei classici raggiungimenti di Andrea Vaccaro, passibili, se guardati distrattamente, di confondersi con le sensuali eroine del coetaneo e meno castigato Guido Cagnacci.
Bibliografia di riferimento:
R. Lattuada, I percorsi di Andrea Vaccaro (1604 1670), in M. Izzo, Nicola Vaccaro (1640 1709). Un artista a Napoli tra Barocco e Arcadia, Todi 2009, con bibliografia precedente
LOTS