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TWO LOMBARDY ARTISTS, 15TH CENTURY; WEAR, SOME DAMAGES AND LOSSES, RESTORATIONS, PAINTING LOSS
Madonna in trono col Bambino, Sante Caterina d'Alessandria e Barbara, Dio Padre e Annunciazione
Ancona lignea ad ante mobili; usure, alcune rotture e mancanze, cadute di materia pittorica, pochi restauri
Alt. cm 144, larg. cm 50 (aperta cm 100), prof. cm 53
Ancona lignea ad ante mobili; usure, alcune rotture e mancanze, cadute di materia pittorica, pochi restauri
Alt. cm 144, larg. cm 50 (aperta cm 100), prof. cm 53
ESTIMATE € 10.000 - 15.000
Si tratta di un manufatto di tardo Quattrocento, eccezionale per rarità tipologica e completezza delle sue parti, nonostante uno stato conservativo che necessita un intervento di restauro in grado di rimetterne in luce qualità e piena leggibilità. Amabile per il tono accostante e familiare con cui presenta alla contemplazione del fedele un trittico di presenze sacre tutto al femminile, costituisce inoltre un’importante e inedito esempio di manufatto altaristico di secondo Quattrocento che coniuga scultura e pittura e cadenze di sognante tardo gotico a decisi accenti rinascimentali con grazia e piena padronanza formale.
Le sue dimensioni e la mobilità delle sue ante che si chiudono perfettamente e rendono trasportabile l’oggetto, indicano una precisa ascendenza nordica, consona alla zona alpina (Valtellina?) da dove proviene con molta probabilità quest’opera, e anche il fatto che essa era (o poteva essere) usata come altare mobile, atto a decorare via via mense d’altare diverse, e dunque di proprietà di un qualche prelato con incarichi itineranti o di una agiata e nobile famiglia laica che usava questa ancona per le sue devozioni private.
Il tema mariano (d’obbligo per lo scrigno centrale di manufatti come questo) viene svolto e rafforzato dalla scena dell’Annunciazione dipinta sulle cuspidi delle portelle mobili, mentre la declinazione tutta al femminile delle due figure dipinte su queste ultime potrebbe indicare una particolare devozione del committente (da non escludersi fosse una donna) verso queste ultime.
A parte un interessante antecedente tipologico costituito dall’ancona domestica lombarda in vetro e lamina d’oro sgraffita, con cornice lignea, di fine Trecento appartenuta (negli anni Ottanta) ad Antonia Savini di Pigazzano, Rivergaro (Piacenza), con una Madonna circondata da angeli musicanti al centro, si conoscono, a mio sapere, soltanto altre due ancone di dimensioni consimili alla nostra e integre anch’esse, che appartengano al medesimo ambito culturale e storico artistico. Entrambe contengono tuttavia figure non dipinte ma plastiche (le sante Lucia e Margherita) anche sulle portelle mobili, ad eccezione delle cuspidi, che sono dipinte. La prima proviene dall’altar maggiore della chiesa della Madonna del Sassel a Bormio (Valtellina, fig.1) ed è oggi conservata presso il locale Museo Civico e datata dai critici al secondo quarto del XV secolo, la seconda eseguita espressamente come replica di questa, anche dal punto di vista tecnico, per volontà di uno Stefano Venosta per l’altar maggiore della chiesetta di Santa Maria a Mazzo (ivi).
L’ancona qui presentata si affianca a queste due, dunque, per perfetta integrità, per tipologia e uso, ma non per tecnica esecutiva né per stile, che risulta leggermente più avanzato: la sua parte pittorica indica infatti un artista certo di cultura provinciale e attardata, ma comunque raffinato e già in grado di recepire istanze più rinascimentali e combinarle con la propria formazione tardo gotica di fondo. A questi va probabilmente ascritta anche la fine stesura policroma originale (in parte ancora leggibile) del gruppo scultoreo. Inoltre la maggiore fermezza nelle volumetrie e nelle fattezze della Vergine e la nudità del Bambino (in piedi come nelle ancone valtellinesi appena citate) indicano una datazione negli ultimi decenni del secolo, nonostante le soluzioni del panneggio del suo manto, ricchissimo e frastagliato in mille rivoli e anfratti ricadenti con abbondanza fino a terra, siano tutte ancora profondamente ancorate al gotico fiorito che aveva caratterizzato la fervida e lunga stagione del cantiere del Duomo di Milano influenzato dalla poliedrica figura di Michelino da Besozzo nella prima metà del secolo e la cui gittata permane viva nell’arte degli Zavattari e in scultori come Martino Benzoni e che, specie in zone periferiche e alpine del lombardo-veneto, si mantiene ancora fino al primo Cinquecento. Un altro esempio collaterale (e non pertinente stilisticamente) di questa corrente tardo gotica - per ciò che riguarda il gruppo centrale scolpito - è la Madonna in trono col Bambino di Traffiume di Cannobio, Lago Maggiore (chiesa della Purificazione di Maria Vergine, fig.2), del 1450 - 70 circa, o ancora quella, stante e di medesima cronologia, oggi mutila dell’intera parte inferiore, di collezione privata novarese, un tempo attribuita a Baldino di Surso da Casciaro (2000, scheda 13, pag. 253).
Serenella Castri
Bibliografia di riferimento:
R. Casciaro, "La scultura lignea lombarda del Rinascimento”, Milano 2000.
S. Coppa, F. Monteforte, a cura di, “Il medioevo e il primo Cinquecento, (vol. I)”, in Civiltà artistica in Valtellina e Valchiavenna, (vol. IV)”, Credito Valtellinese, Sondrio, Bergamo 2000, pagg. 185-233.
F. Bormetti, F. Tasso, a cura di, "Legni sacri e preziosi. Scultura lignea in Valtellina e Valchiavenna tra Gotico e Rinascimento”, catalogo della mostra (Sondrio, Museo valtellinese di storia e arte, 28 gennaio - 2 aprile 2005), Milano 2005.
G. Romano, C. Salsi, a cura di, “Maestri della scultura in legno nel Ducato degli Sforza", catalogo della mostra (Milano, Castello Sforzesco, 21 ottobre 2005 – 29 gennaio 2006), Milano 2005.
Le sue dimensioni e la mobilità delle sue ante che si chiudono perfettamente e rendono trasportabile l’oggetto, indicano una precisa ascendenza nordica, consona alla zona alpina (Valtellina?) da dove proviene con molta probabilità quest’opera, e anche il fatto che essa era (o poteva essere) usata come altare mobile, atto a decorare via via mense d’altare diverse, e dunque di proprietà di un qualche prelato con incarichi itineranti o di una agiata e nobile famiglia laica che usava questa ancona per le sue devozioni private.
Il tema mariano (d’obbligo per lo scrigno centrale di manufatti come questo) viene svolto e rafforzato dalla scena dell’Annunciazione dipinta sulle cuspidi delle portelle mobili, mentre la declinazione tutta al femminile delle due figure dipinte su queste ultime potrebbe indicare una particolare devozione del committente (da non escludersi fosse una donna) verso queste ultime.
A parte un interessante antecedente tipologico costituito dall’ancona domestica lombarda in vetro e lamina d’oro sgraffita, con cornice lignea, di fine Trecento appartenuta (negli anni Ottanta) ad Antonia Savini di Pigazzano, Rivergaro (Piacenza), con una Madonna circondata da angeli musicanti al centro, si conoscono, a mio sapere, soltanto altre due ancone di dimensioni consimili alla nostra e integre anch’esse, che appartengano al medesimo ambito culturale e storico artistico. Entrambe contengono tuttavia figure non dipinte ma plastiche (le sante Lucia e Margherita) anche sulle portelle mobili, ad eccezione delle cuspidi, che sono dipinte. La prima proviene dall’altar maggiore della chiesa della Madonna del Sassel a Bormio (Valtellina, fig.1) ed è oggi conservata presso il locale Museo Civico e datata dai critici al secondo quarto del XV secolo, la seconda eseguita espressamente come replica di questa, anche dal punto di vista tecnico, per volontà di uno Stefano Venosta per l’altar maggiore della chiesetta di Santa Maria a Mazzo (ivi).
L’ancona qui presentata si affianca a queste due, dunque, per perfetta integrità, per tipologia e uso, ma non per tecnica esecutiva né per stile, che risulta leggermente più avanzato: la sua parte pittorica indica infatti un artista certo di cultura provinciale e attardata, ma comunque raffinato e già in grado di recepire istanze più rinascimentali e combinarle con la propria formazione tardo gotica di fondo. A questi va probabilmente ascritta anche la fine stesura policroma originale (in parte ancora leggibile) del gruppo scultoreo. Inoltre la maggiore fermezza nelle volumetrie e nelle fattezze della Vergine e la nudità del Bambino (in piedi come nelle ancone valtellinesi appena citate) indicano una datazione negli ultimi decenni del secolo, nonostante le soluzioni del panneggio del suo manto, ricchissimo e frastagliato in mille rivoli e anfratti ricadenti con abbondanza fino a terra, siano tutte ancora profondamente ancorate al gotico fiorito che aveva caratterizzato la fervida e lunga stagione del cantiere del Duomo di Milano influenzato dalla poliedrica figura di Michelino da Besozzo nella prima metà del secolo e la cui gittata permane viva nell’arte degli Zavattari e in scultori come Martino Benzoni e che, specie in zone periferiche e alpine del lombardo-veneto, si mantiene ancora fino al primo Cinquecento. Un altro esempio collaterale (e non pertinente stilisticamente) di questa corrente tardo gotica - per ciò che riguarda il gruppo centrale scolpito - è la Madonna in trono col Bambino di Traffiume di Cannobio, Lago Maggiore (chiesa della Purificazione di Maria Vergine, fig.2), del 1450 - 70 circa, o ancora quella, stante e di medesima cronologia, oggi mutila dell’intera parte inferiore, di collezione privata novarese, un tempo attribuita a Baldino di Surso da Casciaro (2000, scheda 13, pag. 253).
Serenella Castri
Bibliografia di riferimento:
R. Casciaro, "La scultura lignea lombarda del Rinascimento”, Milano 2000.
S. Coppa, F. Monteforte, a cura di, “Il medioevo e il primo Cinquecento, (vol. I)”, in Civiltà artistica in Valtellina e Valchiavenna, (vol. IV)”, Credito Valtellinese, Sondrio, Bergamo 2000, pagg. 185-233.
F. Bormetti, F. Tasso, a cura di, "Legni sacri e preziosi. Scultura lignea in Valtellina e Valchiavenna tra Gotico e Rinascimento”, catalogo della mostra (Sondrio, Museo valtellinese di storia e arte, 28 gennaio - 2 aprile 2005), Milano 2005.
G. Romano, C. Salsi, a cura di, “Maestri della scultura in legno nel Ducato degli Sforza", catalogo della mostra (Milano, Castello Sforzesco, 21 ottobre 2005 – 29 gennaio 2006), Milano 2005.
LOTS
401
A VENICE BLUE AND WHITE MAIOLICA ALBARELLO, 16TH CENTURY; WORN, DEFECTS, RESTORED
A VENICE BLUE AND WHITE MAIOLICA ALBARELLO, 16TH CENTURY; WORN, DEFECTS, RESTORED
ESTIMATE € 150 - 300
405
A MAIOLICA ALBARELLO, 18TH CENTURY, PROBABLY SPAIN; SLIGHTLY WORN, SOME DEFECTS
A MAIOLICA ALBARELLO, 18TH CENTURY, PROBABLY SPAIN; SLIGHTLY WORN, SOME DEFECTS
ESTIMATE € 150 - 250
409
A NOVE MAIOLICA TRAY, SECOND HALF XVIII CENTURY; SLIGHTLY WORN, SOME RESTORATIONS
A NOVE MAIOLICA TRAY, SECOND HALF XVIII CENTURY; SLIGHTLY WORN, SOME RESTORATIONS
ESTIMATE € 700 - 900