Dipinti Antichi. Quando l’attribuzione diviene conoscenza

Dipinti Antichi. Quando l’attribuzione diviene conoscenza

Il catalogo dei Dipinti Antichi del 21 settembre 2021 a Genova, offre la possibilità di acquistare opere di grande qualità,  in alcuni casi inedite al mercato, che possono soddisfare il piacere collezionistico del raffinato conoscitore come dell’appassionato collezionista.
È il caso della splendida Natura morta con bacile d’argento e fiori, ciliegie, susine e melograno, che Alberto Cottino ha attribuito a Abraham Brueghel (Anversa, 1631 – Napoli, 1697) con una datazione alla fine del XVII secolo (lotto 311, stima 3.500 – 5.500 euro). Caratteristica di quest’opera sono l’esuberanza decorativa barocca, la puntuale descrizione dei frutti d’ascendenza nordica e l’ambientazione all’aperto, tipica della natura morta capitolina del secondo Seicento.
Di grande fascino il Ritratto d’uomo di Luciano Borzone (Genova, 1590 – 1645) dove l’artista mette in atto un’anomalia di straordinaria modernità, raffigurando l’effigiato con lo sguardo rivolto altrove, come se qualcosa o qualcuno avesse rapito la sua attenzione (lotto 193, stima 4.000 – 7.000 euro), trasgredendo con talentuoso estro la regola iconografica di celebrazione dell’effigiato, ponenedosi in linea con la ritrattistica di Velasquez e la sua capacità di catturare l’uomo in quanto tale. È Vittorio Sgarbi ad azzardare il confronto tra il ritratto qui presentato con quello di Francesco Righetti realizzato da Guercino tra il 1626 – 1628.
Una sintesi tra un mediato naturalismo e una sensibilità classicista la cogliamo nella figura di Giove (lotto 125, stima 10.000 – 15.000 euro) realizzata nella prima metà del secolo – tra il quarto e quinto decennio, da un’artista verosimilmente di formazione francese che è a conoscenza della coeva scena artistica italiana.
Facendo un passo indietro, alla Ferrara di fine Quattrocento, Boccaccio Boccaccino (Ferrara, prima del 1466 – Cremona, 1525) era un’artista che godeva di una fama consolidata e di una prestigiosa attività in diverse città del nord Italia. Nel 1493 è a Genova, nel 1497 a Cremona scalzando Ercole de Roberti. Con il nuovo secolo la sua produzione evidenzia suggestioni emiliane da Lorenzo Costa e Francesco Francia e milanesi da Bernardo Zenale, Giovan Antonio Boltraffio e Bramantino, ma anche veneziane, che colgono le novità veneziane della “maniera grande” del Bellini e di Giorgione.  Strettamente legato al  suo soggiorno romano avvenuto del 1514 Il Ritratto di giovane uomo con libro che risente della sensibilità ritrattistica di Sebastiano del Piombo e a e di una rilettura del Raffaello maturo in chiave nordica (lotto 194, stima 8.000 – 12.000 euro).
Interessante una tela raffigurante l’Annunciazione, databile al nono decennio del XVI secolo, che prima è stata giudicata di mano di Annibale Carracci (Bologna, 1560 – Roma, 1609) poi riferita a Ludovico Carracci (Bologna, 1555 – 1619) e adesso in cerca di una autografia certa che sia supportata da notizie documentarie, da una storia delle provenienze o da disegni preparatori che la possano riferire alla mano di uno o l’altro dei Carracci. La difficoltà filologica è dettata dal fatto che in quegli anni Annibale, Ludovico e Agostino lavoravano in stretta collaborazione e spesso in modo intercambiabile. È quindi di estremo interesse la scoperta di quest’opera che suggerirebbe una genesi romana (lotto 310, stima 3.000 – 5.000 euro).
Il Ritratto di frate domenicano di Leandro Bassano (databile tra il 1590 e il 1595) conferma la fama straordinaria come ritrattista, che gli permise di esprimere una peculiare sensibilità e di beneficiare degli elogi di Carlo Ridolfi, il quale lo definì “particolarmente eccellente ne ritratti”, la cui bellezza “si predicava dall’universale”. A differenza di Tiziano, Leandro effigiò medici, mercanti, giuristi, frati domenicani, musici e artisti, consentendogli una non comune disinvoltura e sincerità descrittiva, in analogia con le opere del Moroni e guardando agli esempi oltremontani, consentendogli di cogliere il carattere fisico e morale del soggetto, ambientato nella sua concreta realtà (lotto 174, stima 7.000 – 12.000 euro).
A proposito di Tiziano, sono innumerevoli i dipinti che dipinse raffiguranti Maria Maddalena capace di sintetizzare uno straordinario impatto emotivo, coniugando ideali classici con l’idea di bellezza femminile ma, come disse San Carlo Borromeo, con “onesto” pudore. La versione che sarà esitata con una stima di 4.000 – 7.000 euro (lotto 165), realizzata nel tardo Cinquecento nell’atelier del maestro, dove si opta per una versione “castigata”  rispetto a quella dipinta vent’anni prima, probabilmente al fatto che era in pieno svolgimento il Concilio di Trento, quando artisti e cardinali non potevano più permettersi licenze, sia pur artistiche, così azzardate.
Di gusto barocco che sta evolvendo al rococò, il Ritratto di due cani di un pittore del XVII-XVIII secolo (lotto 98, stima 5.000 – 8.000 euro) rinverdisce un genere ritrattistico di gran moda nell’epoca barocca, con esempi illustri realizzati da Guercino, Michelangelo Pace e Benedetto Fioravanti, e che nel nostro caso trova delle interessanti similitudini con lo spannier tenuto in grembo da Maria Maddalena d’Austria granduchessa di Toscana dipinto da Giusto Sustermans nel 1621 circa.
Un pittore francese del XVII-XVIII secolo è l’autore di una preziosa tela raffigurante la storia di Filemone e Bauci (lotto 151, stima 3.000 – 5.000 euro), che oltre a mostrare una bella conservazione, esibisce una qualità eccellente ben percepibile osservando le figure, i brani di natura morta e l’ambientazione scenica, caratterizzata da una tenue luminosità. Il tema raffigurato descrive l’episodio saliente della “favola” di Filemone e Bauci tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, storia meravigliosa ad elogio dell’ospitalità e dell’amore coniugale. Escludendo un’antica attribuzione a Adam Elsheimer (Francoforte sul Meno, 1578 – Roma, 1610), l’opera evidenza influssi dal realismo dei fratelli Le Nain che conferma un’autografia ad un’artista d’Oltralpe.
La Maddalena di Pier Dandini (Firenze, 1646 – 1712), è stata attribuita alla mano dell’artista da Federico Zeri e si distingue come una delle migliori creazioni dell’artista fiorentino.  Interprete estroso e originale del tardo barocco toscano e quanto mai attento alle influenze romane di Pietro da Cortona, attivo tra il 1637 e il 1647 a Palazzo Pitti e di Luca Giordano, che durante i primi anni Ottanta è impegnato a Palazzo Medici Riccardi (lotto 139, stima 5.000 – 8.000 euro). Una tela di identico soggetto realizzata da un pittore veneto, forse operante nella bottega di Tiziano, ripropone il prototipo che il maestro di Pieve di Cadore dipinse tra il 1530 e il 1535 per il duca di Urbino Francesco Maria della Rovere (oggi custodita alla Galleria Palatina di Firenze) ma con una capigliatura più ordinata e una sola mano che porge al petto (lotto 165, stima 4.000 – 7.000 euro).

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