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There’s a lot worse than brexit!

La Brexit è arrivata sul mondo dell’arte con la leggerezza di un ippopotamo. Londra è infatti, insieme a New York, una delle due capitali mondiali dell’arte e, senza alcuna discussione, il centro europeo più importante. Il fatto che si sia staccata dall’Unione Europea comporterà sicuramente una serie di problemi non da poco per tutta l’economia locale, arte compresa. Ma a quattro mesi dallo shock, forse qualche analisi più razionale può essere realizzata, rispetto alla fine di giugno quando molti operatori pensavano a scenari apocalittici.
Innanzitutto, dopo lo sgomento iniziale, quasi tutti gli investitori e i money manager sono convinti che non succederà quello sconquasso che era stato previsto inizialmente. L’Unione Europea, Germania in testa, ha tutto l’interesse a mantenere con Londra ottimi rapporti e tenere alto l’interscambio. Il Regno Unito è un partner commerciale che nessuna nazione del Vecchio Continente si può permettere di perdere e, dopo le prime minacce a caldo di isolare il paese che ha votato la Brexit, oggi sono tutti molto più cauti, a cominciare dalla stessa Gran Bretagna, che si sta muovendo con tempi lunghi per organizzare l’uscita. E c’è addirittuta chi ipotizza che, se cambiassero alcuni elementi, si potrebbe ripetere il referendum.
Anche i mercati, dopo un iniziale shock, sono stati estremamente cauti: le quotazioni borsistiche della City e delle altre capitali europee, crollate alla fine di giugno, si sono notevolmente riprese e i mesi di luglio e agosto sono stati particolarmente favorevoli. La stessa sterlina, che molti davano in caduta libera, ha notevolmente recuperato. Per i listini locali non dovrebbe di fatto succedere nulla di così grave o quanto meno non dovrebbero fare peggio di quanto fa il resto d’Europa.
E i veri problemi potrebbero venire proprio da oltre Manica: attualmente l’Unione Europea non sta vivendo certo il suo momento migliore e la ripresa economica, attesa da anni, stenta a decollare. Per di più settori come le banche mostrano crepe profonde, che potrebbero portare a veri e propri disastri. In questo caso Londra verrebbe coinvolta esattamente come tutte le altre piazze finanziarie ed economiche di tutto il mondo e la Brexit non avrebbe la minima responsabilità.
Qualche difficoltà potrebbe venire dal mercato immobiliare londinese, da sempre uno dei cardini dell’economia locale. Ma anche in questo caso il risultato del referendum sarebbe l’ultima delle cause.
Su questa base il mercato dell’arte non dovrebbe vedere grandi sconquassi, o comunque non superiori a quelli degli altri settori. E poi, se la sterlina restasse debole, il costo delle opere d’arte battute nella valuta locale si abbasserebbe e darebbe un notevole vantaggio ai compratori stranieri. In una fase di assestamento la Brexit potrebbe addirittura rappresentare un vantaggio.
A nostro parere le opere d’arte e il mercato dell’arte nel suo complesso non rappresentano un bene rifugio, ma sono molto più vicini al capitale di rischio. Gli indici che sono stati realizzati sui vari comparti del mondo dell’arte negli anni hanno avuto un andamento quasi totalmente sovrapposto a quello dei più importanti benchmark azionari, a cominciare dall’S&P500. Su questa base è probabile che le quotazioni delle maggiori opere battute a Londra continuino a seguire l’andamento del mercato azionario, come hanno sostanzialmente sempre fatto. Poi ovviamente alcuni artisti molto consolidati, alcuni classici nelle fasi di perturbazione reggono meglio rispetto alla più recente arte contemporanea, ma ciò avviene in qualsiasi momento di incertezza. E succede anche in borsa: una blue chip che abbia una forte connotazione internazionale regge meglio i momenti difficili, rispetto a una small cap appena arrivata sul listino.
Un elemento che potrebbe essere favorevole è la politica fiscale inglese: l’Inghilterra, con le isole del Canale e la stessa Londra, ha spesso rappresentato un vero e proprio paradiso fiscale. Finora l’appartenenza all’Unione Europea ha limitato questa tendenza, ma è probabile che l’uscita possa fare riprendere in maniera molto forte il trend. Ciò significherebbe l’arrivo a Londra di nuovi capitali, di società più o meno di comodo che avrebbero la possibilità di operare non più da remoti luoghi dei Caraibi, ma dal centro della City. Anche per l’arte ciò potrebbe rappresentare un vantaggio non indifferente.
In pratica, chi si aspettava che l’uscita dall’Ue di una delle grandi capitali del mondo dell’arte provocasse enormi danni è stato deluso: le vere minacce probabilmente arrivano più da una ripresa economica che stenta e dalle difficoltà che stanno attraversando altri comparti cruciali come quello finanziario.